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Borse USA giù dopo dati inflazione | I mercati rivedono tagli

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dati inflazione USA

Forse è eccessivo parlare di ecatombe, ma il risultato è lì, sotto gli occhi di tutto. Le borse USA in profondo rosso, con tutte che perdono oltre l’1%, in termini di indici, dopo dati sull’inflazione al di sopra delle aspettative. Una situazione che rende pressoché impossibile immaginare tagli a marzo e che mette in dubbio quelli di maggio, sui quali stavano concentrandosi le aspettative del mercato. Male Dow Jones, male NASDAQ Composite, male NYSE composite e ancora più male Russell 2.000, per una giornata di borsa che peggio non si poteva.

Ci sarà ora da valutare sul breve periodo se si tratterà di una contrazione momentanea, come quella che si è verificata dopo il discorso di Jerome Powell a margine del FOMC oppure se la persistenza dell’inflazione sarà in grado di invertire un trend generalmente positivo dal 2023 a oggi, per quanto con qualche segno di rallentamento. I dati sull’inflazione rimandano la decisione, dunque, e probabilmente allungano l’arrivo dei tanto attesi tagli. Ma per quanto possono farlo davvero?

dati inflazione USA

È disastro sulle borse USA

I dati sono arrivati, sono peggiori delle aspettative per una media dello 0,2% e in questa fase, di mercati con i nervi tesi e di Federal Reserve che gioca ancora d’attesa, non sono un buon segnale. L’inflazione rallenta molto meno rapidamente di quanto ci si aspettasse e di quanto si sperasse e i mercati reagiscono con un sell off importante, che ha colpito principalmente gli asset meno capitalizzati e quelli percepiti come più di rischio. Basta d’altronde guardare poco fuori dal mercato azionario, ad esempio a quello Bitcoin, per rendersi conto di come sia stata presa la notizia. Costo del capitale che rimarrà dunque alto più a lungo, per un ritorno dei tempi più pazzi della liquidità senza controllo che è ancora lungi dal poter tornare.

La vera incognita per i mercati è però sull’entità di questa correzione. Si tratta di un incidente di percorso, come avvenuto il primo febbraio dopo il discorso di Jerome Powell che ha escluso tagli a marzo? Oppure si tratta di un dato in grado di invertire un trend generalmente positivo? Per darci questa risposta possiamo guardare a come i mercati stanno prezzando eventuali tagli per i prossimi appuntamenti del FOMC, per uno scenario che è comunque cambiato rispetto a soltanto 24 ore fa.

Borse ritirata
Borse in ritirata, ma durerà?

Cosa ci dice il Fed Watchtool offerto da CME

I dati del Fed Watchtool descrivono bene il cambiamento di sentiment sui tagli da parte dei mercati. Dal 16% ieri che era ancora speranzoso sulla possibilità di tagli già a marzo si è passati all’8,5%. Situazione altrettanto peggiorata sull’orizzonte di maggio, quando il primo giorno del mese Federal Reserve deciderà di nuovo se tagliare i tassi o lasciarli invariati. Ora solo il 35% crede che ci sarà un taglio, contro il 52% di prima della diffusione del dato sull’inflazione.

Per vedere un prevalere del sentiment dovish sui tassi dobbiamo guardare alla scadenza del 12 giugno, altra data di FOMC e altra data di decisioni sui tassi di interesse. Per il 12 gennaio solo il 21% ritiene che i tassi rimarranno invariati, scadenza che farebbe il paio con quanto la Banca Centrale Europea afferma dall’altro lato dell’oceano.

Per il momento comunque occhi aperti sulla sessione di oggi, una sessione che è partita molto male in seguito ai dati di cui sopra e che cercherà un recupero, chissà se possibile.

Per il resto, prima del prossimo appuntamento del FOMC ci saranno altri dati da valutare, con inflazione, lavoro e tenuta delle banche che potrebbero giocare un altro tiro mancino?

Imprenditore digitale dal 2008, è CEO e Founder della ALESSIO IPPOLITO S.R.L., editore specializzato nella pubblicazione di progetti nel campo finanziario. Giornalista iscritto all'albo dal 22/02/2022 [Link per verifica iscrizione]. Direttore responsabile in carica della nota testata giornalistica a tema Crypto, Criptovaluta.it®, da Marzo 2023 direttore responsabile anche di Tradingonline.com®.

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Walt Disney punta sull’intelligenza artificiale e costituisce un gruppo ad hoc

Per crescere è necessario puntare all’intelligenza artificiale. Per questo Walt Disney ha deciso di creare una divisione apposita per sfruttarla al massimo.

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Walt Disney punta sull'intelligenza artificiale e costituisce un gruppo ad hoc

Walt Disney scommette sull’intelligenza artificiale. L’azienda sta formando un nuovo gruppo per coordinare l’uso delle tecnologie emergenti – tra le quali rientrano l’AI e la realtà mista -, in modo da poter esplorare il loro uso all’interno delle divisioni di cinema, televisione e parchi a tema. 

A guidare il nuovo Office of Technology Enablement sarà Jamie Voris, che in passato, in qualità di chief technology officer di Walt Disney, ha lavorato allo sviluppo dell’app Disney per il dispositivo di realtà mista Apple Vision Pro.  A prendere il posto di Voris come CTO ci sarà Eddie Drake

Alan Bergman, copresidente della Disney Entertainment, ha spiegato che il ritmo e la portata dei progressi nell’IA e della realtà estesa (XR) sono profondi e continueranno ad avere un impatto sulle esperienze dei consumatori, sugli sforzi creativi e sulle attività per gli anni a venire, rendendo fondamentale che Disney esplori le entusiasmanti opportunità e affronti i potenziali rischi. Bergman sottolinea come la creazione di questo gruppo sottolinei la volontà di farlo.

Walt Disney, un gruppo per l’intelligenza artificiale

La nuova unità che verrà istituita all’interno di Walt Disney si concentrerà su alcune aree tecnologiche in rapida evoluzione, come l’intelligenza artificiale e la realtà mista, che fonde i mondi fisico e digitale. Il compito della nuova divisione non si focalizzerà unicamente su singoli lavori, ma cercherà di fare in modo che i progetti di tutta l’azienda si adattino alla sua strategia più ampia.

L’Office of Technology Enablement, che viene lanciato con un team di leadership principale, dovrebbe crescere fino a circa 100 dipendenti.

Varie divisioni all’interno della Disney stanno esplorando applicazioni per la realtà aumentata, che colloca elementi digitali nel mondo reale; la realtà virtuale, che immerge l’utente in un ambiente simulato; e la realtà mista, che combina entrambi. Disney ha costruito competenze in tutta l’organizzazione per capitalizzare la tecnologia emergente.

Ad esempio, Kyle Laughlin, un veterano dell’azienda con un background in realtà aumentata e virtuale e intelligenza artificiale, è tornato in azienda a marzo come vicepresidente senior di ricerca e sviluppo per Walt Disney Imagineering, la forza creativa dietro le attrazioni del parco a tema del gruppo.

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Warren Buffett cede 100 milioni di azioni Apple

Warren Buffett ha ceduto qualcosa come 100 milioni di azioni Apple. Al momento Berkshire Hathaway ha una liquidità record di 325,2 miliardi di dollari.

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Warren Buffett cede 100 milioni di azioni Apple

Warren Buffett continua con il piano delle dismissioni delle partecipazioni detenute da Berkshire Hathaway. La holding, infatti, ha ridotto la partecipazione in Apple e ha aumentato ulteriormente la propria liquidità, che adesso è arrivata al livello record di 325,2 miliardi di dollari.

Da segnalare, ad ogni modo, che Berkshire Hathaway ha registrato un calo del 6% dell’utile operativo, dovuto in gran parte all’aumento delle passività assicurative, tra cui quelle per l’uragano Helene, e alle perdite valutarie dovute al rafforzamento del dollaro statunitense. I numeri sono stati negativi nonostante la migliore redditività della compagnia assicurativa per auto Geico, dove le richieste di risarcimento sono diminuite e le spese determinate dagli incidenti sono risultate essere in calo. Buone notizie anche dal fronte della ferrovia BNSF, i cui profitti sono aumentati e da Berkshire Hathaway Energy, dove le spese operative sono diminuite.

La società guidata da Warren Buffett ha comunicato di aver ceduto 100 milioni di azioni Apple, pari al 25% dei titoli che aveva in portafoglio durante l’estate. In questo momento in portafoglio la holding ha 300 milioni di titoli. Complessivamente Buffett ha ceduto 600 milioni di azioni della società che produce gli iPhone: continua, ad ogni modo, ad essere la più grande partecipazione azionaria di Berkshire Hathaway.

Le altre cessioni effettuate da Warren Buffet

Tra le cessioni che Warren Buffett ha effettuato era compresa anche un’ampia partecipazione in Bank of America.

Nel corso del mese di maggio Buffett aveva spiegato che si aspettava che Apple potesse rimanere il più importante investimento di Berkshire Hathaway: la vendita ha una motivazione fiscale. L’aliquota fiscale del 21% sui guadagni, con ogni probabilità, è destinata ad aumentare.

L’utile operativo delle aziende che fanno capo alla holfing guidata da Buffett è sceso a 10,09 miliardi di dollari, o circa 7.019 dollari per azione di classe A, dai 10,76 miliardi di dollari dell’anno precedente.

L’utile della sottoscrizione assicurativa è diminuito del 69%, ammaccato dall’aumento dei reclami, dai 565 milioni di dollari di perdite da parte di Helene e da un accordo giudiziario fallimentare relativo all’ormai chiuso fornitore di talco Whittaker Clark & Daniels.

Questo ha più che compensato un quasi raddoppio del profitto di sottoscrizione a Geico.

Berkshire ha anche proiettato da 1,3 miliardi di dollari a 1,5 miliardi di dollari di perdite al lordo delle imposte nel quarto trimestre a causa dell’uragano Milton, che ha colpito la Florida in ottobre.

L’utile netto è stato di 26,25 miliardi di dollari, o 18.272 dollari per azione di classe A, rispetto a una perdita di 12,77 miliardi di dollari, o 8.824 dollari per azione, di un anno prima, quando il calo dei prezzi delle azioni ha ridotto il valore degli investimenti di Berkshire.

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PepsiCo, a New York rigettata la causa sull’inquinamento dell’ambiente

A New York è stata rigettata la causa contro PepsiCo, accusata di inquinare l’ambiente con le sue bottiglie di plastica.

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PepsiCo, a New York rigettata la causa sull'inquinamento dell'ambiente

PepsiCo vince a New York. È stata, infatti, rigettata la causa che vedeva imputata l’azienda di un’accusa particolarmente pesante: inquinare l’ambiente con degli imballaggi in plastica monouso. Il giudice ha aspramente criticato Letitia James, procuratore generale dello Stato, per aver portato avanti il caso.

Emilio Colaiacovo, giudice della Corte Suprema dello Stato di Buffalo, ha preso una posizione ben precisa, sostenendo che Letitia James non è riuscita a dimostrare che PepsiCo abbia creato un disturbo pubblico e che avrebbe dovuto avvertire i consumatori sui rischi per la salute e l’ambiente della plastica dei suoi brand.

Nel corso del mese di novembre 2023, James ha fatto causa alla PepsiCo e alla sua divisione Frito-Lay cercando di dimostrare che il colosso delle bibite avrebbe messo a repentaglio l’approvvigionamento idrico di Buffalo producendo il 17% dei rifiuti di plastica che erano stati trovati nel fiume Buffalo.

Secondo James, PepsiCo avrebbe ingannato il pubblico sui loro sforzi per combattere l’inquinamento da plastica.

PepsiCo, la causa è stata rigettata

Il giudice, però, non è stato dello stesso parere del procuratore generale, ritenendo che sarebbe stato contrario ad ogni norma di giurisprudenza consolidata punire PepsiCo. Sono, infatti, le persone che consumano la bevanda ad ignorare le leggi che proibiscono di gettare dei rifiuti.

Tra l’altro James ha ignorato il rifiuto di una corte d’appello del 2023 di ritenere Sturm Ruger responsabile quando i criminali usano le sue pistole. Il predecessore di James, Eliot Spitzer, aveva portato avanti quel caso.

La causa di James è una delle tante portate avanti dai governi statali e locali e dei gruppi ambientalisti contro le aziende che utilizzano la plastica. La contea di Los Angeles ha intentato una causa simile contro PepsiCo e Coca-Cola sul loro imballaggio in plastica monouso.

Ricordiamo che i marchi di PepsiCo includono Cheetos, Cracker Jack, Doritos, Fritos, Gatorade, Lay’s, Lipton, Mountain Dew, Ocean Spray, Pepsi, Quaker, Ruffles e Tostitos.

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Trimestrali Amazon: ricavi a 158,9 miliardi, sopra aspettative. Apple tiene.

Apple e Amazon presentano le trimestrali. Per il gruppo fondato da Jeff Bezos è un ottimo risultato. Cupertino tiepida.

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APPLE AMAZON TRIMESTRALI

Trimestrali di fuoco per Amazon, con il titolo $AMZN che in after hours recupera il 5% dopo una giornata terribile per quasi tutto il comparto azionario tech negli Stati Uniti. Il gruppo ha fatto registrare una revenue di 158,9 miliardi contro il 157,29 del consenso degli analisti. EPS a 1,43$ contro un ben più modesto 1,16$ delle aspettative. Sono tra le migliori trimestrali di questo ciclo, che trovano inoltre una prateria davanti per il rialzo del titolo, dopo che Amazon aveva chiuso a quasi -4% durante i normali orari di scambio.

A scatenare l’entusiasmo dei trader tardivi anche le proiezioni per il prossimo trimestre, con un range dichiarato dall’azienda che va dai 181,5 miliardi di dollari fino ai 188,5 miliardi di dollari, anche questo superiore a quanto avevano previsto gli analisti. Buone anche le previsioni sull’operating income, con l’azienda che punta ai 20 miliardi.

Sono arrivate poco dopo anche le trimestrali di Apple, con il gruppo che come previsto soffre in Cina ma che recupera ampiamente in altri comparti e che fa registrare delle ottime performance per iPhone, prodotto di punta dell’azienda e che complessivamente era la maggiore fonte di preoccupazione per le performance del gruppo, che dovranno comunque essere confermate nel corso dei due prossimi trimestri, storicamente più importanti per questa tipologia di prodotti.

Tech respirano: Amazon è ok

Dopo il profondo rosso del mercato oggi a fronte di trimestrali tutto sommato ok anche per Google e Meta, arriva Amazon a offrire un buono spunto per il rimbalzo, che dovrà però essere confermato dalle performance del titolo domani, quando i mercati avranno avuto tutto il tempo di metabolizzare i dati arrivati pochi minuti fa.

Per l’azienda fondata da Jeff Bezos un trimestre da ricordare, date anche le condizioni generali del mercato, le preoccupazioni per una domanda dei consumatori che potrebbe sbattere contro la recessione e di un settore tech che dopo la grande corsa del 2024 ha oggi sul tavolo più dubbi che certezze.

Amazon è stata la terza per performance tra le magnifiche sette nel corso di un 2024 che ha visto delle ottime performance sia per Meta sia invece per Nvidia, con la seconda che anche oggi è in sofferenza dopo i dubbi degli investitori sulla possibilità per i grandi gruppi di continuare a foraggiare investimenti nel settore AI a fronte di ricavi che sono per ora molto lontani.

Apple ok, nonostante lo spauracchio Cina

Preoccupazioni per Apple che per il momento appaiono come esagerate, per quanto il gruppo abbia fatto registrare una performance di molti inferiore in Cina. 15,03 miliardi di dollari incassati nell’area Greater China, contro aspettative già relativamente limitate a 15,8 miliardi.

Bene comunque iPhone, che fa registrare ricavi per 46,22 miliardi di dollari, contro i 45,04 miliardi di dollari delle previsioni. Il titolo non ha mostrato però per il momento la forza di tornare quantomeno sui livelli di apertura della sessione odierna.

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Le azioni di Donald Trump perdono fino al 20%. Giornata folle a Wall Street. Male NASDAQ e S&P 500

Brutta giornata per le azioni di Donald Trump. Volatilità in aumento fino a elezioni?

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DJT CROLLO

Le azioni di Trump Media & Technology Group – $DJT – perdono quasi il 10%, dopo aver toccato ribassi superiori al 20% e dopo essere state sospese dalle contrattazioni più volte per eccesso di volatilità. Viene cancellata così una parte importante dei gain di un titolo che almeno fino alle elezioni sarà una sorta di opzione sul risultato della tornata elettorale del 5 novembre, durante la quale Donald Trump proverà a riconquistare la Casa Bianca. Una scommessa binaria costellata di enorme volatilità che potrebbe continuare, in una direzione però più precisa, una volta che i risultati elettorali saranno nella piena disponibilità di tutti.

Si tratta comunque di uno dei giorni peggiori di sempre per una compagnia che nel corso del 2024, seguendo le vicissitudini del candidato repubblicano, ha vissuto swing importanti di prezzo e adatti soltanto agli speculatori più incalliti, che possono fare a meno anche di indicazioni di carattere economico per prender posizione.

Potrebbe andare a zero?

Di discussioni, anche accese, sul futuro del gruppo almeno in termini di quotazione azionaria, se ne fanno diverse e c’è chi si è spinto fino a considerare come possibile l’azzeramento della capitalizzazione di mercato nel caso in cui Trump dovesse uscire sconfitto dalle urne.

Le perdite di oggi, per quanto in via di recupero, si sono verificate all’interno di una sessione negativa dopo le principali trimestrali del settore tech – arrivate con dati sì positivi, ma costellate di preoccupazioni per gli investimenti futuri. NASDAQ perde oltre il 2% nel suo indice più rappresentativo, S&P fa poco meglio in una giornata di profondo rosso, spinta anche da dati PCE non convincenti in termini di conclusione della lotta tra Federal Reserve e inflazione. La settimana di avvicinamento alle elezioni potrebbe essere più che volatile non solo per $DJT, ma per tutto il comparto azionario statunitense.

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