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Fondo pensione norvegese via da investimenti nel Golfo

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Il più importante fondo pensione norvegese, KLP, che nel complesso ha in gestione oltre 70 miliardi di dollari, ha escluso 11 compagnie con sede nel Golfo e nello specifico in Arabia Saudita, Kuwait, Qatar e Emirati dai propri investimenti. Il motivo sarebbero violazioni dei diritti umani alle quali tali compagnie contribuirebbero direttamente indirettamente, contributo che appunto è inaccettabile secondo quanto è stato dichiarato dal potente – e ricco – fondo pensione. In aggiunta alle 11 aziende dei 4 paesi sopracitati, è stata esclusa anche la possibilità di proseguire negli investimenti in Saudi Aramco.

Questo in virtù di piani troppo fiacchi per combattere il cambiamento climatico da parte del gigante del petrolio che è il gioiello della famiglia regnante in Arabia Saudita. Si tratta di uno scossone importante che potrebbe cambiare, se altri fondi pensione e altre società dovessero seguire l’esempio di KLP, lo scenario di come investono fondi che hanno sì l’obbligo di massimizzare i rendimenti per gli associati, ma anche quelli di scegliere investimenti che siano moralmente e politicamente accettabili.

Niente più investimenti nel Golfo per KLP

Al centro del rifiuto i diritti umani

In realtà nel report che ha accompagnato la decisione di KLP sono citate diverse istanze di violazione dei diritti umani, che includono anche il particolare sistema di ingresso e di permanenza in quei paesi dei lavoratori migranti. Quello che non è chiaro è se tali criteri verranno in futuro applicati anche a altre compagnie o a altre realtà geografiche. Il più altisonante dei nomi è certamente quello di Saudi Aramco, che era stata già oggetto di report delle Nazioni Unite poco edificanti per quanto riguarda i diritti e le condizioni dei lavoratori.

Per il momento comunque si tratta di quantità di denaro che non sono in grado di scalfire né la tenuta, né tanto meno l’outlook di certe aziende. Parliamo infatti nel complesso, secondo quanto è stato riportato dal fondo stesso, di circa 15 milioni di dollari.

La posizione di KLP si inserisce in un più ampio attrito tra occidente e paesi del Golfo che si muove anche sul fronte degli investimenti e dunque su quello più strettamente economico. Solo qualche settimana fa i sauditi hanno dovuto abbandonare investimenti in una società legata a OpenAI, con la Casa Bianca che ha citato come motivazione la presenza di tecnologie strategiche. A molti però era sembrata la più classica delle ritorsioni verso semi-alleati con i quali le tensioni sono ai massimi storici.

Scelta KLP - cosa ha fatto il fondo
Una scelta che sarà seguita anche da altri?

Un quadro complicato per i paesi del Golfo

Per quanto non sarà certamente questa notizia a turbare i pacifici sonni delle società più importanti del Golfo, la mossa di KLP è un altro segnale di attriti crescenti tra quello che chiamiamo il mondo occidentale, Emirati e Arabia Saudita. I più cinici ricorderanno come in realtà si fa affari e si fanno investimenti in certe società da decenni, senza che si sia scoperto nulla di nuovo negli ultimi mesi tale da giudicare le scelte di KLP. I più realisti ci vedranno invece un aumento delle tensioni – che è collaterale anche alla particolare posizione sulla Russia dei paesi del Golfo – che stanno facendo aumentare anche le ritorsioni di tipo economico tra i due blocchi.

Difficile che KLP torni a investire in certe aree: le preoccupazioni, così come condivise da Karin Aziz, che è a capo della divisione Investimenti Sostenibili di KLP, sono anche per i regimi autoritari che guidano quei paesi. Regimi autoritari che, dice sempre Aziz, sono caratterizzati dalla repressione del dissenso politico e dei diritti legati alla libertà di espressione.

Ora il grande enigma riguarda la possibilità che fondi simili in Europa come negli USA prendano decisioni simili. Problema forse oggi più politico che economico.

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