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Germania: problema solo rimandato per gli investimenti pubblici

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Grossi guai a Berlino, almeno secondo i sostenitori di un forte intervento pubblico in termini di investimenti anche per invertire un trend di perdita di competitività, di PIL e più in generale di benessere da parte della Germania. La situazione che si è sviluppata nelle ultime settimane e che è partita da una pronuncia della più alta delle corti federali, che ha ricordato che il governo non può gestire il suo budget con la fantasia che desidererebbe, non è affatto finita con l’accordo raggiunto all’interno della coalizione di governo.

Sempre secondo i suddetti sostenitori di un forte intervento pubblico, la lattina è stata semplicemente calciata più avanti e tutti i problemi della Germania, che dipenderebbero per la quasi totalità da investimenti pubblici carenti, sono ancora lì, con un forte bisogno di essere risolti quanto prima per vedere la locomotiva d’Europa tornare a trainare un continente con una crescita ormai risibile da tempo. Ma cosa sta succedendo in Germania? E quali sono i veri… problemi?

Gli investimenti pubblici al centro del dibattito

La Germania non cresce, e c’è chi piange per gli investimenti che mancheranno

La situazione è semplice da riassumere: quello che al governo sembrava essere un metodo brillante per aggirare certe limitazioni nella spesa pubblica è stato dichiarato dalle corti poco più che un sofisticato gioco delle tre carte che non potrà avere luogo in Germania. E nonostante nelle scorse ore sia stato raggiunto un importante patto sul piano fiscale e della spesa, la questione non sarebbe completamente risolta.

Manca denaro: non solo per la transizione verde che ormai è il primo degli obiettivi del grosso delle economie europee, ma anche per l’ammodernamento di infrastrutture ai limiti del fatiscente e che impedirebbero, sempre secondo le suddette vedove della spesa pubblica, le prospettive di crescita futura.

Superare i limiti imposti all’indebitamento richiederà un’espressione chiara da parte dei cittadini, e nel paese che ha fatto dei conti a posto parte integrante del suo brand, è difficile che la cosa passi senza scatenare una guerra elettorale senza quartiere. Nel frattempo gli investimenti pubblici languono (e sono sul livello di quelli quasi inesistenti spagnoli e migliori solo di quelli negativi italiani), sono, ricorda Bloomberg, cronicamente inferiori alle necessità e in una situazione del genere, dicono sempre gli stessi analisti, sarà difficile pensare ad una ripresa anche futura dell’economia tedesca.

Dato che come ci ricordavano già alle scuole elementari quando Atene piange Sparta certamente non ride, la questione riguarda anche l’economia europea nella sua interezza. Ed è questo il motivo di tanta attenzione su quanto si sta (non) decidendo a Berlino.

Qualcuno si interroga sulla possibilità che i privati diano una mano

Qualcuno fa notare che esisterebbe anche un settore privato

La preponderanza del settore pubblico è ormai parte del volksgeist europeo, ma qualcuno, seppur timidamente, ricorda che ci sarebbero anche i privati a potersi fare carico degli investimenti. Per quanto bizzarra suoni a certe latitudini, potrebbe essere almeno parte, fanno notare, della soluzione.

E qui insorgono altri problemi: la burocrazia tedesca è ormai descritta come in un romanzo di Kafka e si potrebbe e dovrebbe agire anche lì per permettere un sano sviluppo dell’investimento privato.

Altri lamentano una tassazione che in Germania (ma è in realtà problema assai comune in Europa) rende poco attrattivi gli investimenti, che negli anni hanno preferito altri, più profittevoli, lidi.

Quando il problema esiste – e la non-crescita tedesca ne è conferma lampante – tutti sembrano avere una soluzione. La decisione sarà però come sempre politica: iniziare a rivedere un modello fortemente incentrato intorno alla spesa pubblica oppure contestarlo ricordando al mondo che anche in Europa gli investimenti privati, anche in infrastrutture, possono fare la loro parte?

Difficile che passi, per ora, la seconda, dato che contesterebbe l’intero impianto del modello tedesco che fino a qualche mese fa i principali giornali vantavano non solo come faro d’Europa, ma come faro del mondo civilizzato.

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