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La catena americana che vende tutto a 99 centesimi va in bancarotta per chiudere per sempre

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Tutto a 99 centesimi“: questo è un claim pubblicitario a cui in Italia non siamo abituati, ma che ritorna spesso nei film hollywoodiani ed è un po’il simbolo delle catene retail squisitamente americane. La più famosa è 99 Cents Only, una catena che ha letteralmente scritto pagine del comportamento dei consumatori negli Stati Uniti. La società è stata fondata nel 1982 ed è diventata un colosso da 14.000 dipendenti e 317 negozi sparsi per il paese. Tristemente, però, la storia di questa società è arrivata alla fine. 99 Cents Only ha chiesto di entrare in bancarotta secondo il “Chapter 11”, il regolamento statunitense che permette a un’azienda di riorganizzarsi attraverso un programma di protezione dei suoi asset.

Malgrado questa decisione sia normalmente presa dalle aziende che vogliono attraversare una fase di ristrutturazione per poi riaprire, non è questo il caso. 99 Cents Only ha deciso di chiudere per non riaprire, vittima del tasso d’inflazione che secondo il management ha reso il modello di business completamente insostenibile. L’azienda aveva già iniziato a introdurre prodotti a più di 0,99$ nel 2007, deviando dal suo branding tradizionale, ma anche questo non è bastato a fermare un declino che oggi il management ritiene di non poter più invertire.

presentazione della notizia su bancarotta di 99 Cents Only
Il gruppo opera anche i negozi a marchio “The 99 Store”

Addio a 99 Cents Only

Mike Simoncic, il CEO provvisorio di 99 Cents Only, ha parlato di una “decisione estremamente difficile”. La chiusura lascerà disoccupate oltre 10.000 persone, oltre a mettere fine a un pezzo di storia americana. Al momento la società opera una rete di negozi che vendono soprattutto articoli stagionali e per le feste, piccoli oggetti per la casa e generi alimentari. Il problema è che non ci sono i margini, per lo meno se si vuole continuare a mantenere un’ampia gamma di prodotti a 0,99$ per essere fedeli all’identità aziendale. La situazione era già complicata nel pre-pandemia, ma l’aumento del costo della vita negli ultimi due anni ha cancellato ogni possibilità di recupero.

Il piano per la bancarotta prevede di chiudere 125 negozi entro il 30 di aprile, andando poi gradualmente ad annunciare i successivi round di chiusure nel corso dei mesi prossimi. L’azienda liquiderà il patrimonio, sia in termini di scorte -è già in programma una svendita con sconti al 30% su tutto lo stock- che in termini di immobili. Proprio il patrimonio immobiliare dovrebbe aiutare 99 Cents Only ad avere tutta la liquidità sufficiente per ripagare i suoi debiti e sistemare una volta per tutte la sua situazione finanziaria, prima di rimanere soltanto nel ricordo dei dipendenti e dei clienti.

foto di un negozio 99 Cents Only
L’azienda è arrivata a fatturare oltre $2 miliardi all’anno

Il “numero fortunato” finisce la magia

Negli anni ’60, a Los Angeles, si poteva trovare una piccola bottega gestita dal proprietario Dave Gold che vendeva liquori. Gold ebbe l’idea di vendere tutto il suo inventario a un prezzo fisso di 0,99$ per bottiglia e ottenne immediatamente un grande successo. Allargò l’idea ad altri generi alimentari, ripetendo il test: raccontava che quando il prezzo di un prodotto era di 0,98$ o 1,02$, era molto difficile trovare dei compratori. Ma quando spostava il prezzo al “numero fortunato” di 0,99$, i clienti facevano la fila per poter acquistare nella sua bottega.

Da qui l’idea di aprire una catena interamente dedicata ai prodotti a 99 centesimi, che poi nel 1996 ha fatto il suo debuto in Borsa. Di anno in anno, però, è stato sempre più difficile riuscire a mantenere lo stesso livello di prezzi e alla fine l’azienda ha dovuto arrendersi a un’evidenza: il tasso d’inflazione, presto o tardi, finisce per colpire ogni società che possa offrire un prezzo fisso. Questa è anche la storia dei problemi di Subway e del suo “5$ footlong“, un altro prodotto che nel corso del tempo è diventato insostenibile e ha costretto la società a una vendita forzata.

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