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Pranzo di Natale, a casa si spendono 108 euro, al ristorante 78 euro a persona

A casa o al ristorante? Dove lo consumano in realtà il pranzo di Natale le famiglie italiane. Due ricerche ci forniscono analisi contrastanti.

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Pranzo di Natale, a casa si spendono 108 euro, al ristorante 78 euro a persona

Pranzo di Natale a casa: la maggior parte delle famiglie – stiamo parlando di una percentuale che arriva all’88% – festeggerà tra le mura domestiche. Scende la percentuale, invece, di chi decide di passare la giornata tranquillamente al ristorante. Anzi no, aumenta il numero di famiglie che decide di passare la giornata al ristorante.

A scattare due fotografie diametralmente opposte sul pranzo di Natale ci hanno pensato Coldiretti/Ixè e Fipe-Confcommercio, con due analisi differenti, che ci aiutano a comprendere quanto siano disposte a spendere le famiglie per il pranzo di Natale. Ma non a capire cosa abbiano realmente intenzione di fare gli italiani.

Pranzo di Natale, si spende fino a 108 euro a casa

La maggior parte delle famiglie italiane passerà il pranzo di Natale in casa. L’88% trascorrerà la giornata tra le mura domestiche, ricevendo, mediamente, 8 invitati. Solo il 9% sceglierà un ristorante o un agriturismo. Quelli che rimangono decideranno all’ultimo momento. Ai fornelli la media è di 2,2, un dato sicuramente in calo. La scelta dei prodotti ricade principalmente sul Made in Italy. Risulta essere in leggero calo anche il budget per la spesa, che si attesterà intorno ai 108 euro, ossia il 6% in meno.

A far emergere questo quadro è una recente indagine effettuata dal Coldiretti/Ixè, con la quale è stato messo in evidenza che almeno il 30% delle famiglie ha previsto di spendere una cifra compresa tra i 50 ed i 100 euro. Il 23%, invece, andrà oltre i 150 euro, solo l’11% arriverà a spendere 200 euro, mentre il 4% arriverà a spendere fino a 300 euro. Un ulteriore 4% spenderà addirittura qualcosa in più rispetto a quest’ultima cifra. A mantenere i costi sotto i 30 euro sarà solo il 10%, il 13% cercherà di spendere una cifra compresa tra i 30 ed i 50 euro. Un 5% ha preferito non dare indicazioni sulle intenzioni di spesa.

Ad ogni modo sono molte le differenze territoriali, con le alcune punte estreme caratterizzate da un Sud Italia che vede le famiglie arrivare a spendere fino a 121 euro a famiglia, contro un Nord Ovest che cerca di contenere la spesa intorno ai 96 euro.

Per il pranzo di Natale continua a farla da padrona la tradizione, nel menu vengono inseriti la pasta fresca in brodo e gli arrosti. Per quanto riguarda i dolci si preferisce il fai da te: nel 47% dei casi si evitano di acquistare dei prodotti già confezionati. Tra i calici il protagonista è lo spumante, che non mancherà sull’83% delle tavole.

Si preferiscono dei prodotti di orgine nazionale per il pranzo di Natale nell’82% dei casi: il 30% di questi si rivolge principalmente a quelli locali, mentre il restante 18% prenderà una decisione sulla base del prezzo.

Chi passa il pranzo di Natale al ristorante

Fipe-Confcommercio ritiene, invece, che almeno 5,4 milioni di persone consumeranno il pranzo di Natale in uno dei 90mila locali che rimarranno aperti per l’occasione. Secondo questa ricerca stiamo parlando del 68,6% del totale, in crescita del 2,4% rispetto al 2023.

Per il pranzo di Natale la spesa complessiva dovrebbe oscillare intorno ai 420 milioni di euro, in crescita del 5,8% rispetto l’anno precedente.

Il Natale rappresenta un momento di riflessione e di ritrovata serenità per molte famiglie, un’occasione per stare insieme, condividere e sentirsi più vicini – afferma Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe Confcommercio -. In un periodo segnato da grandi incertezze, legate sia ai conflitti internazionali sia alle incognite economiche, il cibo e la ristorazione si confermano strumenti di convivialità e conforto. Tuttavia – continua – non dobbiamo dimenticare che dietro a questi momenti di gioia ci sono centinaia di migliaia di professionisti della ristorazione che lavoreranno anche durante i giorni di festa per rendere possibile tutto questo. A loro va il nostro ringraziamento, perché rappresentano il cuore pulsante della tradizione italiana e del Natale stesso.

A garantire la formula del tutto compreso per il pranzo di Natale sono i due terzi dei ristoranti (66,7%), con dei prezzi che si aggirano intorno ai 78 euro per persona, contro i 74 euro del 2023. Il 14,3%, invece, ha preferito garantire delle opzioni sotto i 50 euro. Per i più piccoli, il menu dedicato sarà disponibile in un ristorante su due, con un costo medio di 30 euro.

Pierpaolo Molinengo è laureato in materie letterarie ed è un giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ha iniziato ad occuparsi di Economia fin da subito, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Auto aziendali, dal 2025 arriva la stretta. Ecco cosa cambia

A partire dal 2025 le auto aziendali dovranno rientrare nel calcolo del reddito dei lavoratori dipendenti. Ecco in quale modo.

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Auto aziendali, dal 2025 dovranno rientrare nel calcolo del reddito

Cambio di passo per le auto aziendali: dal 1° gennaio 2025 vengono introdotte importanti novità sulla loro tassazione. A partire dal nuovo anno, sotto il profilo fiscale, questi veicoli dovranno rientrare nel calcolo del reddito per un valore pari al 50% dell’importo che corrisponde ad una percorrenza convenzionale pari a 15.000 chilometri (le valutazioni devono essere effettuate tenendo conto dei parametri e costi chilometrici contenuti all’interno delle tabelle Aci).

Le nuove percentuali previste per le auto aziendali verranno applicate ai modelli a benzina e diesel. Per le versioni elettriche e ibride plug-in, invece, sono previste delle riduzioni: in questo caso ci si ferma unicamente al 10% e al 20%.

In alcuni casi, invece, sarà possibile continuare ad applicare le vecchie regole: saranno valide per i contratti che sono stati stipulati tra i datori di lavoro e i dipendenti entro il 31 dicembre 2024, anche quando le eventuali auto aziendali non dovessero essere a disposizione prima del 2025.

Auto aziendali, le nuove regole dal 2025

Ad introdurre le nuove aliquote per le auto aziendali è la Legge di Bilancio 2025. Le nuove regole partiranno dal 1° gennaio, nonostante le richieste delle associazioni di categoria, che hanno chiesto di spostare in avanti le nuove regole.

Le nuove regole previste per le auto aziendali possono essere sintetizzate come segue:

  • benzina e diesel: 50%;
  • elettriche ibride plug-in: 20%;
  • completamente elettriche: 10%.

Per i contratti di lavoro che vengono sottoscritti prima del 31 dicembre 2024 si applicano le regole attualmente in vigore, che sono le seguenti:

  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo minori o uguali a 60 g/km: 25%;
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 60 g/km e minori di 160 g/km: 30%;
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 160 g/km e minori di 190 g/km: 50%.
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 190 g/km: 60%.

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Legge di Bilancio 2025, ecco quali sono le nuove agevolazioni destinate alle famiglie

La Legge di Bilancio 2025 ha rivoluzionato le agevolazioni e le detrazioni riservate alle famiglie. Vediamo cosa cambia.

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Legge di Bilancio 2025, le agevolazioni destinate alle famiglie

Al centro della Legge di Bilancio 2025 c’è la famiglia. Sono state, infatti, introdotte alcune misure di sostegno, tra le quali ricordiamo il bonus nuovi nati. Ma vengono anche potenziati alcuni strumenti pensati per i genitori che lavorano, come i congedi parentali o la decontribuzione destinata alle madri lavoratrici con almeno due figli.

Proviamo a dare uno sguardo alle misure pensate per le famiglie inserite all’interno della Legge di Bilancio 2025.

Legge di Bilancio 2025, le misure pensate per le famiglie

Non si può parlare della Legge di Bilancio 2025 senza accennare anche ai tagli previsti per le detrazioni per i figli a carico. Nel caso in cui abbiano un’età superiore ai 21 anni, continua a rimanere pari a 950 euro (per quelli che hanno un’età inferiore viene erogato l’assegno unico). Dal prossimo anno, però, viene introdotto il vincolo dell’età anagrafica. Anche se sono a carico dei genitori e rientrano a tutti gli effetti nei limiti di reddito previsti per i familiari a carico, per i figli con un’età superiore a 30 anni non è più prevista la detrazione fiscale.

A questa regola c’è un’unica eccezione, che è costituita dai figli con una disabilità accertata: in questo caso la detrazione fiscale viene confermata. Ricordiamo che un familiare risulta essere a carico nel caso in cui abbia un reddito inferiore a 2.840,51 euro, che sale a 4.000 euro per i figli con più di 24 anni.

Arriva una stretta anche per le detrazioni per i familiari a carico differenti dai figli e dai coniugi (l’importo, in questo caso, ammonta a 750 euro): è possibile accedervi solo per gli ascendenti conviventi.

Tra le nuove agevolazioni previste dalla Legge di Bilancio 2025 ricordiamo il bonus nuove nascite, che è pari a 1.000 euro. Il contributo è destinato alle famiglie con un Isee fino a 40.000 euro. Ma non solo: ai genitori che lavorano viene aggiunta una seconda mensilità di congedo parentale pagata all’80%. Il funzionamento della misura, sostanzialmente, è lo stesso che abbiamo visto nel corso degli ultimi anni, quando il legislatore ha permesso ai genitori di usufruire delle prime mensilità di congedo parentale che permettevano di ottenere un indennizzo superiore rispetto all’ordinario del 30%. Le mensilità utilizzabili sono dieci, che diventano undici nel caso in cui il padre ne utilizzi almeno tre.

È prevista, inoltre, una decontribuzione per le madri lavoratrici – sia quelle dipendenti che le autonome – che abbiano un reddito fino a 40.000 euro. Al momento non è stata ancora resa nota l’aliquota, ma dalle prime indicazioni emerge che lo sconto Inps viene applicato alla quota dei contributi che è a carico della lavoratrice. Nel caso in cui i figli siano almeno due, l’agevolazione spetta fino a quando il bimbo più piccolo compie dieci anni.

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Tari 2024, i costi sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto al Nord

I costi della Tari sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto a quelli del Nord. A pesare sono i più alti costi di gestione.

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Tari 2024, i costi sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto al Nord

Nei comuni del Sud Italia la Tari è più alta rispetto a quella che si paga nel Nord Italia. Le differenze che si registrano nelle diverse macroaree sono notevoli: sui costi della raccolta rifiuti pesano le carenze relative agli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. Ma anche la dimensione del Comune.

A scattare una fotografia precisa e ben dettagliata di quanto paghino le famiglie italiane di Tari ci ha pensato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha colto l’occasione per redigere un’analisi completa sulla compliance dei contribuenti e sulle capacità delle amministrazioni comunali di riscuotere le tasse e le imposte. Quella che ne esce è una fotografia completa e dettagliata, importante in un momento in cui c’è una forte pressione verso l’autonomia finanziaria degli enti locali.

Tari, i Comuni sono in difficoltà con la riscossione

Andando ad analizzare la riscossione della Tari in Italia emerge che la capacità di riscuotere dei Comuni diminuisce con l’aumentare della popolazione residente. Nei tre anni compresi tra il 2021 e il 2023 la riscossione si è attesta intorno all’85% degli importi accertati. I valori decrescono da Nord a Sud: attestandosi su un 94% nelle regioni settentrionali, al 86% in Centro Italia e al 77% nel Meridione.

Andando a dare un’occhiata alla riscossione in conto residui è stata registrata una performance peggiore rispetto a quella in conto competenza. Nel corso del 2023 almeno la metà degli Enti locali è riuscito a riscuotere in conto competenza meno del 71% della Tari che è stata accertata contro un 24% dei residui attivi.

L’analisi effettuata dall’Upb ha messo in evidenza che:

  • è presente una forte correlazione negativa tra la riscossione Tari e i livelli del tributo;
  • nel caso in cui la qualità percepita del servizio migliorasse l’adempimento spontaneo aumenterebbe. Sarebbe necessario, però, un miglioramento della gestione della Tari sotto il profilo amministrativo;
  • è stata registrata una minore riscossione in conto competenza nei Comuni più grandi, che potrebbe essere spiegata con dei costi più elevati del tributo e da una serie di variabili connesse ad una maggiore urbanizzazione;
  • risulta essere strettamente connessa alla capacità di recupero dei crediti delle entrate la riscossione in conto residui. Oltre che alla ricchezza dei contribuenti.

Tari, le città nelle quali costa di più

Ma quali sono le città nelle quali la Tari costa di più? A dare una risposta a questa domanda ci ha pensato l’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, che ha anche analizzato le città nelle quali la tassa sui rifiuti si paga di più.

Mediamente le famiglie italiane per il servizio raccolta rifiuti arrivano a spendere, nel 2024, mediamente 329 euro, ossia il 3,6% in più rispetto al 2023. Tra i costi registrati nei vari capoluoghi di provincia ci può essere una differenza abissale: in alcune città è arrivata a costare 600 euro, in altre è rimasta al di sotto dei 200.

Prendendo come riferimento una famiglia composta da tre persone conviventi ed una casa di proprietà con una superficie di 100 metri quadrati, l’osservatorio è riuscito a mettere in evidenza quali siano i capoluoghi nei quali sono state registrate le variazioni verso l’alto: 84 su 110 di quelli analizzati. In 20, invece, la Tari è costata di meno, mentre in quelli che rimangono non è stata registrata alcuna variazione.

Il capoluogo di provincia nel quale la Tari è più costosa è Catania: 594 euro l’anno. Nessuna sorpresa, in questo caso, perché la città era già la più costosa lo scorso anno e nel 2024 non è stato registrato alcun aumento. Al secondo posto troviamo Pisa con i suoi 512 euro: in questo caso le famiglie spendono 31 euro in più del 2023, quando pagavano 481 euro. Seguono:

  • Genova: 501 euro, nel 2023 erano 492 euro;
  • Napoli: 482 euro, ma i prezzi sono in discesa rispetto ai 491 euro del 2023;
  • Reggio Calabria: 478 euro contro i 443 del 2023.

Seguono:

  • Andria: 471 euro;
  • Brindisi: 466 euro;
  • Cagliari: 465 euro;
  • Trapani: 453 euro;
  • Pistoia: 448 euro.
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Isee 2025, le novità a cui prestare attenzione dal prossimo anno

Scopriamo quali sono le novità dell’Isee 2025 e a cosa devono prestare attenzione le famiglie a partire dal prossimo anno.

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Isee 2025, le novità a cui prestare attenzione dal prossimo anno

Ci avviciniamo alla fine dell’anno ed è tempo di preparare la documentazione per l’Isee 2025. L’Indicatore Situazione Economica Equivalente serve per poter accedere ad alcune prestazioni sociali – come l’assegno unico e quello di inclusione – e diversi bonus. 

Ma vediamo nel dettaglio quali sono le novità più importanti che riguardano l’Isee 2025.

Isee 2025, al via le richieste

A partire dal nuovo anno le famiglie avranno la possibilità di accedere all’Isee precompilato 2025 direttamente sul sito ufficiale dell’Inps. I diretti interessati, in questo modo, avranno la possibilità di aggiornare la certificazione, documento determinante per poter accedere ad una serie di agevolazioni previste dallo Stato.

L’Isee 2025, come quello degli scorsi anni, si calcola sulla base dei dati forniti attraverso la Dichiarazione Sostitutiva Unica del nucleo familiare. Per poter ottenere il nuovo indicatore aggiornato, infatti, è necessario fornire le informazioni sul patrimonio mobiliare e immobiliare, sui redditi e indicare se nella famiglia sono presenti delle situazioni particolari, come, per esempio, la disabilità di uno o più componenti.

Parte della Dsu è autocertificata: le informazioni, in altre parole, vengono fornite direttamente dai cittadini – stiamo pensando, per esempio, a quelle relative a delle persone non autosufficienti all’interno della famiglia -. Altre informazioni, invece, vengono verificate in maniera automatica attraverso le banche dati a cui l’Inps e l’Agenzia delle Entrate possono accedere (stiamo pensando, per esempio, ai dati relativi al patrimonio mobiliare e immobiliare).

La compilazione della Dsu per ottenere l’Isee 2025 può essere effettuata attraverso il canale online messo a disposizione dall’Inps. In alternativa è possibile appoggiarsi ai servizi offerti dal Caf. Da segnalare che l’istituto di previdenza mette a disposizione il modello Isee precompilato 2025 già a partire dai primi giorni del prossimo anno: la pratica è stata semplificata, rendendo l’operazione accessibile ad una più ampia platea di potenziali beneficiari.

Accedendo al portale, chi abbia intenzione di muoversi in completa autonomia, ha la possibilità di consultare tutti i dati che sono stati acquisiti in precedenza e registrati dall’Inps. Nel caso in cui non dovessero rispecchiare la reale situazione della famiglia possono, ad ogni modo, essere tranquillamente modificati. Ma non solo: nel caso in cui non dovessero essere presenti delle informazioni, è possibile aggiungerle.

Anche quando le informazioni dovessero essere già presenti è opportuno verificarle e accertarsi, per ogni membro della famiglia, che sia stato inserito tutto e che, soprattutto, non ci siano degli errori. Una volta terminata la procedura – l’Inps fornisce delle istruzioni man mano che si procede per aiutare chi compila – l’utente ha la possibilità di salvare e confermare il tutto. A questo punto sarà possibile scaricare l’Isee 2025 senza muoversi da casa.

Le novità dell’Isee minorenni

Il prossimo anno, tra l’altro, arriveranno importanti novità per quanto riguarda l’Isee Minorenni, un indicatore molto importante nel caso in cui in famiglia ci siano dei figli piccoli. Questo documento serve nel momento in cui si ha intenzione di chiedere alcune agevolazioni, come i bonus bebè, gli assegni familiari, gli aiuti per la scuola e altri contributi che siano destinati ai minori.

È bene ricordare, però, che l’Isee Minorenni 2025 è obbligatorio unicamente quando i genitori non sono sposati e non vivono insieme. Negli altri casi è sufficiente richiedere l’Isee 2025 ordinario.

A richiedere l’Isee Minorenni deve essere il genitore convivente con il figlio. Ad ogni modo il patrimonio ed il reddito del genitore non convivente potrebbero essere inclusi nel calcolo, sempre che non si rientri in particolari eccezioni.

Per richiedere l’Isee Minorenni è necessario avere sotto mano una serie di documenti, tra i quali ci sono:

  • codici fiscali e documenti di identità;
  • Modelli 730/2024 o Redditi Persone Fisiche 2024;
  • estratti conto bancari e postali;
  • documentazione su investimenti e immobili;
  • certificati di disabilità o non autosufficienza.

La richiesta va fatto compilando l’apposita DSU.

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Modello 730 senza sostituto d’imposta, ecco quando arrivano i rimborsi sul conto corrente

A breve dovrebbero arrivare i rimborsi del Modello 730 senza sostituto d’imposta. Vediamo quali sono le tempistiche.

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Modello 730 senza sostituto d'imposta, ecco quando arrivano i rimborsi sul conto corrente

Alcuni contribuenti sono ancora in attesa di vedersi accreditato il rimborso scaturito dal Modello 730 di quest’anno. Siamo già a dicembre e la preoccupazione inizia a salire. A trovarsi in questa situazione sono i contribuenti che hanno presentato il Modello 730 senza sostituto d’imposta: persone che non percepiscono una pensione e non hanno nemmeno una busta paga.

Inutile negarlo, quello legato al rimborso dei crediti scaturiti dal Modello 730 è, a tutti gli effetti, uno dei momenti più importanti della stagione della dichiarazione dei redditi. Chi percepisce uno stipendio o un assegno previdenziale riesce a ricevere il rimborso in tempi veloci. Diversa, invece, è la situazione di chi non ha un sostituto d’imposta, che si deve confrontare con ben altre tempistiche.

Modello 730, chi aspetta ancora il rimborso

Chi dovesse aver presentato il Modello 730 senza sostituto d’imposta potrebbe ricevere il conguaglio in breve. Si possono trovare in questa situazione i soggetti che, per esempio, sono stati dipendenti e adesso non lo sono più o hanno finito di fruire della Naspi. Ma ci sono anche dei contribuenti che, pur avendo un sostituto d’imposta, hanno optato per ricevere il rimborso direttamente dall’Agenzia delle Entrate.

La scelta del Modello 730 senza sostituto d’imposta doveva essere effettuata direttamente dal contribuente, che avrebbe dovuto scrivere la lettera A nella casella 730 senza sostituto d’imposta e poi doveva aver spuntato – nella sezione dei dati del sostituto d’imposta che effettua il conguaglio – la dicitura: Mod. 730 senza sostituto.

Nel caso in cui i contribuenti avessero optato per questa soluzione, l’Agenzia delle Entrate provvede in maniera autonoma ad effettuare l’eventuale rimborso che deriva dalle operazioni di conguaglio. Scegliere questa opzione, però, significa scontrarsi con delle tempistiche più lunghe, perché l’Agenzia delle Entrate inizia ad effettuare i rimborsi solo quando si sono conclusi i termini per presentare la dichiarazione dei redditi. Nel 2024 questa deadline è stata fissata al 31 ottobre: entro quella data era, infatti, possibile inviare un correttivo del modello 730 attraverso il Modello redditi Persone Fisiche.

Quando arriva il rimborso del Modello 730

A dicembre 2024 l’Agenzia delle Entrate provvede a liquidare il rimborso spettante dal Modello 730. Lo riceveranno quanti sono senza sostituto d’imposta e che hanno diritto a ricevere un credito Irpef inferiore a 4.000 euro. Nel caso in cui l’importo che spetta sia superiore a questa cifra ci sono dei controlli fiscali, che potrebbero determinare ulteriori ritardi.

In altre parole i rimborsi del Modello 730 senza sostituto d’imposta sono già cominciati. Ma non è detto che li abbiano già ricevuti tutti i contribuenti. Qualcuno potrebbe essersi già visto accreditare l’importo sul conto corrente, altri no.

Per accorciare i tempi del rimborso è necessario che il contribuente avesse fornito anche le proprie coordinate bancarie nel momento in cui ha presentato la dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui non fosse stato adottato questo piccolo accorgimento, il rimborso potrebbe tardare di qualche mese.

Chi non avesse provveduto a comunicare il proprio Iban in sede di dichiarazione dei redditi, può seguire due strade diverse per chiedere l’accredito diretto:

  • utilizzando l’applicazione messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, attraverso la quale è possibile compilare i dati online, accedendo al sito dell’Agenzia delle Entrate e seguendo il percorso: Servizi per – Richiedere – Accredito rimborso e altre somme su c/c;
  • utilizzando un modello che si può scaricare direttamente dal sito dell’AdE. Una volta compilato deve essere presentato via Pec o inviato tramite posta ad uno degli uffici fisici dell’Agenzia delle Entrate;
  • compilando il suddetto modello e presentando di persona agli uffici dell’AdE.

Generalmente l’Agenzia delle Entrate inizia a versare i rimborsi a fine anno per chi ha presentato il Modello 730. I tempi si allungano per chi ha presentato il Modello Redditi Pf, i cui rimborsi iniziano ad arrivare dopo 6 mesi dal termine ultimo di presentazione, quindi non prima di marzo/aprile.

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