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Scholz chiede mercato unico per i capitali in Europa

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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In uno storico passo avanti rispetto a una Germania che si è sempre detta contraria a questo tipo di iniziative, il cancelliere Olaf Scholz ha parlato pubblicamente della necessità di creare un mercato dei capitali europeo. Questo significherebbe cercare di unire le Borse, il mercato dei bond e gli strumenti per finanziare le imprese europee, arrivando potenzialmente a competere con gli Stati Uniti. Il cancelliere riconosce nella frammentazione del mercato dell’Unione una debolezza, che la mette in una posizione di svantaggio rispetto a Wall Street e al Nasdaq. Con sempre più imprese europee che decidono di quotarsi negli Stati Uniti per ottenere valutazioni più alte per le proprie azioni, ora si sente una pressione concreta riguardo all’unione dei mercati dei capitali.

Questa dichiarazione arriva poco dopo un intervento di Macron che ha parlato di bond europei, nuovamente alludendo alla necessità di creare un mercato unico per le obbligazioni sovrane europee. I capi di Stato delle principali economie dell’Unione sembrano andare nella stessa direzione, ma c’è un fatto da notare. Per il momento queste dichiarazioni sono state rese non in contesti istituzionali europei, ma lontano da Bruxelles. C’è una crescente volontà di cooperazione, ma al tempo stesso non c’è ancora una bozza concreta rispetto a un progetto che potrebbe richiedere anni per trasformarsi da idea a fatto concreto.

presentazione della notizia su Scholz che chiede mercato unico dei capitali in Europa
Insieme al mercato unico, Scholz chiede anche un’aliquota minima europea per i profitti delle imprese

Un uso inefficiente del potere economico

Il discorso di Scholz ha fatto riferimento a un dato molto chiaro: i 400 milioni di abitanti dell’Unione Europea, in uno dei contesti più economicamente produttivi al mondo. Un potere economico che però non si riesce a far pesare sul mercato dei capitali, dal momento che ogni nazione segue una propria strada: una Borsa nazionale, un mercato dei bond, obbligazioni esclusivamente dei singoli paesi, e così via. Questo genera una debolezza strutturale rispetto a Cina e USA, che invece concentrano tutta la propria competitività in un unico mercato dei capitali. Scholz ha anche parlato di un mercato unico bancario, che servirebbe nuovamente a incentivare i flussi di investimento da una nazione europea all’altra.

Si è parlato di un mercato unico europeo per i capitali dal 2015 in poi, sempre senza mai arrivare a una vera svolta. Una svolta mancata anche per via della posizione della Germania, sempre distante rispetto all’ipotesi di associare il suo benestare economico e la sua solidità patrimoniale a nazioni nettamente più indebitate come la nostra. Il fatto che un invito ad agire in questa direzione arrivi proprio da Scholz è dunque particolarmente significativo, ed è un’inversione di posizioni interessante rispetto a quelle di Angela Merkel. Scholz ha addirittura parlato di un mercato dei capitali unico come di un passo necessario verso il progetto europeo, non come di una semplice ipotesi.

foto dei vari stati europei rappresentati come ingranaggi di un macchinario
Per cercare un accordo fra gli Stati Membri saranno probabilmente necessari mesi

Necessaria un’imposta minima europea

Scholz ha messo un paletto molto chiaro, evidenziando uno dei limiti che rischiano di impedire all’Unione Europea di realizzare il progetto di un mercato unico per i capitali. Si tratterebbe delle aliquote sui profitti realizzati dalle imprese, che al momento mostrano differenze molto evidenti tra un paese e l’altro. Il cancelliere tedesco chiede che tutti i paesi dell’Unione adottino un’aliquota minima del 15%, in modo da non sfavorire una nazione rispetto all’altra. Questo è un tema che potrebbe generare discordia, specialmente in alcuni paesi dell’Est -e nella tanto chiacchierata Irlanda- che hanno basato la loro attrattività economica negli ultimi anni proprio sul cosiddetto dumping fiscale. Per questo, malgrado l’iniziativa ci sia e abbia guadagnato slancio tra le maggiori economie europee, si prevede un percorso ancora lungo per le trattative.

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