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UBS-Credit Suisse: procura svizzera indaga l’acquisizione

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Written by Chiara Ricciato
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Il procuratore federale svizzero ha aperto un’indagine sull’acquisizione di Credit Suisse da parte del suo maggiore rivale UBS Group, sostenuta dallo Stato, secondo quanto riportato domenica 2 aprile dal Financial Times.

Il procuratore con sede a Berna sta indagando su potenziali violazioni del diritto penale svizzero da parte di funzionari governativi, di autorità di regolamentazione e di dirigenti delle due banche, che il mese scorso hanno concordato una fusione d’emergenza nel corso di un frenetico fine settimana per evitare una crisi finanziaria potenzialmente catastrofica.

immagine di presentazione della notizia sull'indagine della procura sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS
La procura svizzera sta indagando su potenziali violazioni del diritto penale svizzero nell’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS Group

I motivi degli ordini di indagine

La procura federale ha dichiarato al Financial Times di voler adempiere in modo proattivo alla sua missione e alla sua responsabilità di contribuire a una piazza finanziaria svizzera pulita e ha, pertanto, istituito un monitoraggio per intervenire immediatamente in qualsiasi situazione che rientri nel suo campo di attività. Secondo l’autorità vi erano numerosi aspetti degli eventi relativi a Credit Suisse che giustificavano un’indagine e che dovevano essere analizzati al fine di identificare eventuali reati che potrebbero rientrare nella competenza del procuratore, si legge nel report.

Il procuratore Stefan Blättler, quindi, ha emesso una serie di ordini di indagine agli organi governativi. Il suo ufficio è in contatto con i governi federale e cantonale e probabilmente cercherà di interrogare funzionari chiave in relazione all’acquisizione.

Il procuratore federale svizzero e Credit Suisse non hanno risposto immediatamente a una richiesta di commento dell’agenzia di stampa Reuters.

Il salvataggio di Credit Suisse da parte di UBS divide l’opinione pubblica

Il mese scorso, dopo che la banca tra le più importanti al mondo aveva annunciato di dover prendere in prestito fino a 54 miliardi di dollari dalla Banca Centrale Svizzera per sostenere la sua liquidità, Credit Suisse è stata acquisita dalla rivale UBS in un’operazione del valore di 3 miliardi di franchi svizzeri (pari a circa 3,3 miliardi di dollari), in quanto l’importo iniziale era stato ritenuto non sufficiente per risollevare la banca.

Il matrimonio forzato delle due banche svizzere da una parte è stato accolto a braccia aperte da varie banche, inclusa la Banca Centrale Europea, dall’altra ha però suscitato indignazione in Svizzera: i partiti politici hanno indetto per questo mese una seduta straordinaria del Parlamento in cui probabilmente verrà votata una commissione di inchiesta formale.

I sondaggi, di fatto, mostrano che più di tre quarti dei cittadini svizzeri sono contrari all’acquisizione, poiché creerà un colosso finanziario con un bilancio di oltre 5 miliardi di franchi svizzeri (pari a circa 5,5 miliardi di dollari).

Parlamentari di tutto lo spettro politico hanno anche messo in discussione l’uso dei poteri d’emergenza da parte del governo (ovvero il Consiglio federale composto da sette persone) per estendere le garanzie finanziarie sostenute dai contribuenti a UBS e per mettere a tacere l’eventuale opposizione degli azionisti.

Il Consiglio federale ha emesso un’ordinanza per cancellare oltre 16 miliardi di franchi svizzeri di strumenti di debito ibridi subordinati, cosiddetti AT1, emessi da Credit Suisse al fine di facilitare l’acquisizione, scegliendo di preservare un certo valore per gli azionisti.

La misura ha irritato alcuni grandi investitori internazionali a reddito fisso e ha suscitato la preoccupazione delle autorità di regolamentazione internazionali per il suo impatto sulla capacità di altre banche di raccogliere capitali.

Alcuni degli investitori interessati, infatti, si sono impegnati a portare in tribunale il governo svizzero e il regolatore finanziario per la decisione.

Il ministro delle Finanze Karin Keller-Sutter, invece, ha affermato che un’acquisizione statale di Credit Suisse o il suo scioglimento non erano alternative praticabili all’acquisizione, a causa dei rischi finanziari inaccettabili per i contribuenti che avrebbero comportato.

La prossima settimana gli azionisti di UBS e Credit Suisse, a cui è stata negata la possibilità di esprimersi a causa della decisione del governo, avranno l’opportunità di esprimere le proprie rimostranze in occasione delle assemblee annuali di entrambe le banche.

immagine edificio di Credit Suisse
Un’acquisizione statale di Credit Suisse o il suo scioglimento non erano alternative praticabili all’acquisizione di UBS

Un terzo dei posti di lavoro a rischio a seguito dell’acquisizione

Nella stessa giornata di domenica, la banca nata dall’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS ha riferito al quotidiano svizzero Tages-Anzeiger di essere pronta a ridurre il proprio organico del 20-30%.

L’accordo, architettato dal governo svizzero, dalla banca centrale e dall’autorità di regolamentazione del mercato per evitare un crollo del sistema finanziario del Paese e concepito anche per contribuire a garantire la stabilità finanziaria a livello globale, ha sollevato preoccupazioni sulle dimensioni di una nuova banca con 1.600 miliardi di dollari di attività e più di 120.000 dipendenti in tutto il mondo.

Secondo il rapporto, la banca potrebbe tagliare circa 11.000 posti di lavoro in Svizzera. Inoltre, saranno colpiti anche i posti di lavoro del suo ramo di investment banking negli Stati Uniti, con UBS che si appresta a concludere un accordo che avrebbe dato al dealmaker di Wall Street Michael Klein il controllo di gran parte della banca di investimento di Credit Suisse.

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