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Dollaro e Yen re della crisi in Israele. Guerra spinge verso porti sicuri

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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La guerra tra Hamas e Israele ha già avuto ripercussioni importanti sui mercati. Oltre al crollo delle borse della regione, le ripercussioni si sono già avvertite sul Forex e sul mercato delle materie prime, con in prima fila il greggio. Per chi investe nel Forex ci sono diversi spunti di un certo interesse per capire non solo cosa potrebbe succedere nelle prossime ore, ma nelle prossime settimane e nei prossimi mesi nel caso in cui il conflitto dovesse protrarsi.

Il dollaro USA è ancora percepito come asset safe haven, come asset rifugio nei momenti di maggiore turbolenza tanto economica quanto geopolitica. È un segnale del fatto che nonostante le sirene che arrivano dai BRICS e dai sostenitori della fine dell’egemonia valutaria di Washington in realtà, quando i problemi si fanno importanti sia in termini macro, sia in termini geopolitici interessano poco. Così come stanno facendo anche altri due rifugi classici: oro e yen giapponese.

La guerra in Israele spinge verso i porti sicuri

I mercati ricordano a tutti la gerarchia monetaria mondiale

L’esperimento della narrativa pro BRICS, almeno in termini monetari, può dirsi concluso qui. Alle prime avvisaglie, per quanto serie, di problemi sul fronte geopolitico il dollaro USA ha ripreso in mano lo scettro di valuta ritenuta la più sicura al mondo. Questo è avvenuto all’interno di un trend già parecchi positivo per il dollaro USA nei confronti delle principali valute. Un trend positivo che fino a oggi ha poggiato sulla credibilità maggiore di Federal Reserve rispetto alle altre banche centrali.

I discorsi di geopolitica e sul futuro del mondo multipolare o forse no, lasciano spazio al segnale più importante: il segnale che arriva dai mercati e che matura direttamente da chi punta su questa o quella valuta. E cioè da chi rischia in prima persona i propri capitali e non da chi può prodursi in analisi che, per quanto raffinate, non hanno skin in the game. Il dato è impietoso. Dopo un calo nella giornata di venerdì, nel corso delle ultime 48 ore – occupate dalle notizie sull’attacco frontale di Hamas a Israele – DXY ha riguadagnato quota 106,5, quota che certamente non è la più alta delle ultime settimane, ma che vede una crescita comunque importante rispetto ai livelli di venerdì.

Porti sicuri cosa
Alla riapertura delle piazze asiatiche anche lo yen cresce

Ok anche per oro e yen giapponese

Che la preoccupazione sia massima sui mercati finanziari è chiaro da quanto sta avvenendo all’interno di altri mercati finanziari. L’oro guadagna rispetto a 24 ore fa circa l’1%, così come lo yen fa registrare un recupero importante nei confronti dell’euro e della sterlina britannica. Lo yen, è importante ricordarlo per chi è arrivato sui mercati da poco, è un’altra valuta che nei momenti di massima turbolenza assume il ruolo di safe haven per gli investitori.

Le prossime ore di scambi saranno certamente dominate dalla paura che il conflitto duri a lungo e che coinvolga direttamente o indirettamente altri paesi, con Israele che ha annunciato operazioni che saranno le maggiori da diversi anni a questa parte. Operazioni che contribuiranno al peggioramento sul fronte geopolitico e della paura dei mercati, che date anche le condizioni lato macro chiaramente non ne avrebbero bisogno.

Per Federal Reserve una strada sempre più stretta

La valutazione principale per chi investirà in dollari USD o vuole comunque avere una lettura chiara della situazione prevederà il bilanciamento di due forze: da un lato la corsa al dollaro come valuta che è considerata un porto sicuro in queste circostanze; dall’altro invece la possibilità che un ulteriore rialzo del greggio spinga Fed a atteggiamenti più hawkish per le prossime decisioni di politica monetaria.

Ci sarà poi da tenere in considerazione i dati sull’inflazione che arriveranno giovedì 12 ottobre e che potrebbero raccontare di un’inflazione ancora dura a morire. Di motivi di turbolenza ce ne sono diversi: la buona notizia, per chi è long sul dollaro, è che questi almeno in parte dovrebbero auto-bilanciarsi.

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