Azioni News
Emerson Electric, in trattative per National Instruments
Il conglomerato Emerson Electric Co. è in trattative per acquisire National Instruments Corp, società che fornisce hardware e software a ingegneri e scienziati, secondo quanto dichiarato da Bloomberg. L’annuncio definitivo potrebbe arrivare già questa settimana, ma piani delle società potrebbero ancora cambiare: Emerson vorrebbe al momento pagare circa 60 dollari per azione, il che rappresenterebbe il decimo accordo più grande di quest’anno su oltre 7.400 a livello globale.
Emerson ha in realtà fatto più di un’offerta per acquistare la società dal maggio 2022, National Instruments aveva invece dichiarato di voler parlare con altri potenziali acquirenti prima di prendere una decisione.
Emerson prevale sulle altre
A marzo Reuters aveva riferito per la prima volta che Emerson, Fortive e Keysight avevano superato l’ultimo round di offerte per National Instruments, dopo aver dato la notizia dell’interesse di Emerson a gennaio. Quest’ultima sembra essere riuscita a prevalere sulle altre società che hanno partecipato al processo di vendita, che hanno dovuto accettare la sconfitta del processo competitivo a causa dell’offerta di 60 dollari per azione d parte di Emerson.
National Instruments aveva lanciato il processo formale di vendita a gennaio dopo che Emerson aveva minacciato di sfidare il suo consiglio di amministrazione se non si fosse impegnata in trattative per l’accordo: una volta iniziata l’asta, il gruppo ha abbandonato la sua offerta ostile.
Tuttavia, è opportuno precisare che le fonti, che hanno chiesto l’anonimato poiché trattasi di discussioni riservate, avvertono che i colloqui potrebbero fallire all’ultimo momento. L’accordo potrebbe valere circa 8 miliardi di dollari: una versione precedente dell’offerta valutava National Instruments a 7,6 miliardi di dollari, debito compreso, con un premio del 32% rispetto al prezzo delle azioni il giorno prima che la società annunciasse una revisione strategica il 13 gennaio.
Tale proposta aveva ottenuto il sostegno di James Truchard, colui che ha avviato National Instruments nel suo garage nel 1976. Truchard ora detiene una significativa partecipazione non divulgata nella società ed è convinto che Emerson sia un’ottima scelta, mentre altri potenziali acquirenti potrebbero dover affrontare problemi di antitrust.
Su National Instruments ed Emerson
National Instruments, con sede ad Austin, in Texas, è specializzata nella produzione di test automatizzati e strumenti di misurazione per i settori dei semiconduttori, dei trasporti, dell’aerospaziale e della difesa.
Allo stesso modo Emerson, con sede a St. Louis, ha trasformato il proprio portafoglio per concentrarsi sull’automazione per aumentare la propria redditività: è stata coinvolta in una serie di accordi negli ultimi anni per trasformarsi in un fornitore di prodotti e servizi di automazione industriale. L’anno scorso, ha venduto una quota di maggioranza a Blackstone Inc in un accordo che ha valutato l’attività a 14 miliardi di dollari.
L’amministratore delegato di Emerson, Lal Karsanbhai, ha dichiarato all’inizio di quest’anno che l’acquisizione di National Instruments rappresenterebbe un altro passo avanti per Emerson nello sviluppo di un portafoglio coeso, con una crescita più elevata e un margine più elevato.
National Instruments è salita dello 0,2% chiudendo a 52,58 dollari negli scambi di martedì a New York, dando alla società un valore di mercato di circa 6,9 miliardi di dollari. Emerson ha un valore di mercato di oltre 48 miliardi di dollari, mentre Fortive è stato valutato a circa 23 miliardi di dollari.
Investimenti
Swisscom: nuove proposte per il deal Vodafone / Fastweb. Spazio fino al 10 dicembre per AGCM
Swisscom offre un pacchetto di remedies per ottenere ok AGCM. Basterà?
Arrivano gli emendamenti di Swisscom per la proposta di fusione di Fastweb con Vodafone nel nostro Paese, proposta che aveva ricevuto il niet – o meglio un primo giro di commenti preoccupati da parte di AGCM – l’autorità garante della concorrenza e del mercato in Italia. Autorità che aveva sottolineato come un’eventuale fusione dei due gruppi avrebbe creato un player dominante sia per il settore corporate e istituzionale, sia per il mercato retail.
Una situazione, quella delle possibili fusioni e acquisizioni dei maggiori gruppi della telefonia che operano in Italia che è da tempo fonte di preoccupazione e che ha visto diversi cambiamenti di fronte nel corso del 2024, anno che ha suggellato anche l’arrivo di KKR in TIM. Non è chiaro se le offerte di Swisscom saranno accettate da parte di AGCM, che a quel punto potrebbe anche decidere di sbloccare il tentativo di fusione.
I remedies offerti da Swisscom
I remedies, gli emendamenti offerti a AGCM sono in realtà diversi e permettono di avere una sorta di ottimismo per quanto riguarda la possibilità che l’affare vada in porto. Swisscom ha infatti offerto l’apertura ai competitor della sua infrastruttura fibra detenuta e controllata tramite Fastweb, per i clienti corporate e amministrativi. Al tempo stesso Fastweb manterrà tutti i contratti all’ingrosso con gli altri operatori per offrire connettività ai clienti di carattere residenziale.
Swisscom sarebbe anche d’accordo con la creazione di un trustee che monitori l’andamento del mercato e gli eventuali effetti della fusione di cui sopra. In ultimo, si preoccuperà di fornire tutte le informazioni rilevanti per il mantenimento di un mercato equilibrato anche dopo l’eventuale fusione. Non ci sono stati commenti per il momento da parte dei soggetti direttamente coinvolti.
La risposta dovrà arrivare dopo il 10 dicembre, data ultima per AGCM per valutare la proposta. Nel caso di ok, se ne riparlerebbe comunque nel primo trimestre del 2025. Il nuovo set di proposte non ha avuto effetti sul titolo di Swisscom, che viene scambiato a 513 franchi svizzeri, in calo dell’1,6% rispetto alla quotazione con la quale aveva chiuso la giornata di scambi di ieri.
Investimenti
Stellantis: altri 1.100 licenziamenti negli USA. Riorganizzazione per il gruppo, che però puzza di crisi
Altri licenziamenti per Stellantis negli USA. Ora via 1.100 operai dall’impianto Jeep del Michigan.
Altri 1.100 addetti di Stellantis negli USA dovranno cercarsi una nuova occupazione. Il gruppo ha comunicato il licenziamento di addetti della fabbrica Jeep in Ohio, che arriva a poco meno di un mese da un licenziamento di identiche proporzioni in Michigan. Secondo quanto è stato riportato da CNBC, nella fabbrica si produce il pickup Jeep Gladiaor. Il licenziamento sarebbe frutto di una situazione economica difficile – anche negli States – con livelli di inventario piuttosto alti e soprattutto di ricavi in picchiata nel corso del 2024.
La notizia è stata confermata da Stellantis stessa – che in un comunicato ha annunciato anche la riduzione di un turno del ciclo produttivo, allineando così la produzione con le richieste del mercato per Jeep Gladiator, che è l’unico modello che è prodotto presso lo stabilimento di Toledo South.
Un anno di transizione
Per quanto sia difficile farlo, il comunicato fornito a CNBC cerca di indicare qualche motivo di ottimismo, indicando l’anno in corso come anno di transizione e di riorganizzazione delle operazioni negli Stati Uniti. Riorganizzazione che non ha toccato soltanto però la produzione, ma anche la dirigenza, con uno shuffle che ha completamente ridisegnato l’azienda anche ai massimi vertici, almeno negli USA.
I licenziamenti saranno avviati il 5 gennaio e il preavviso è dovuto agli obblighi di legge presenti negli Stati Uniti. Per il momento tutto tace dal sindacato, al termine di una stagione di scontri aspri anche con Stellantis, scontri che si sono conclusi con una vittoria che però, stando allo stato attuale del mercato dell’auto e ai conseguenti licenziamenti, comincia a lasciare il tipico amaro in bocca di un’occasione persa.
Continua il trend negativo non solo per Stellantis, ma per un settore auto che in occidente continua a fare enorme fatica e che probabilmente continuerà a faticare anche per il 2025.
Investimenti
Reuters SHOCK: maxi multa per Apple da Commissione Europea. Prima violazione del DSA
Commissione Europea: arriva multa per Apple? Indiscrezioni di Reuters
Secondo notizie diffuse da Reuters, che cita fonti anonime ma informate dei fatti, Apple sarà la prima grande azienda ad essere multata in seguito alle norme incluse nel Digital Services Act, framework interno all’UE che impone restrizioni, lacci e lacciuoli e controlli ai giganti e ai meno giganti del web. Non è chiaro per il momento quali siano le motivazioni che porteranno alla sanzione, né al quantitativo di multa che verrà inflitta al gigante di Cupertino.
Si tratterebbe di una pietra miliare – così come la definiscono in genere i giornali americani – nell’applicazione di una norma che è stata già contestata dai grandi colossi del web, tutti di matrice statunitense o quasi. Per il momento non sono stati registrati commenti da parte di Cupertino e la notizia deve essere confermata anche da parte della Commissione Europea. Per il momento il titolo Apple non ha accusato il colpo successivamente alla diffusione della notizia, che rimane comunque ancora da confermare.
DSA: prima applicazione verso Apple?
Farebbe certamente doppia notizia. Mentre il mondo guarda con attenzione le evoluzioni elettorali negli USA, dall’Europa arriva un metaforico siluro ad una delle società più capitalizzate della borsa USA. Secondo indiscrezioni che per il momento rimangono tali e che sono state diffuse da Reuters, che però conferma di aver ricevuto la soffiata da fonti informate dai fatti e interni alla Commissione.
Con ogni probabilità la notizia verrà ufficializzata nei prossimi giorni, con i dialoghi tra l’azienda e la Commissione che dovrebbero essere già iniziati, almeno a rigor di logica. Interlocuzioni che però non avrebbero portato a risultati concreti o comunque positivi per Apple. Si attenderanno dunque sia entità della multa sia le motivazioni che avrebbero portato la Commissione ad agire, per quello che sarà un caso che certamente passerà alla storia, a patto che appunto si tratti di una questione concreta.
Azioni News
Netflix sospettata di frode fiscale. Vengono perquisite le sedi in Francia e in Olanda
Per un sospetto di frode fiscale le autorità hanno perquisito le sedi di Parigi e di Amsterdam di Netflix.
Aperta un’indagine fiscale nei confronti di Netflix, i cui uffici sono stati perquisiti in Francia e nei Paesi Bassi a seguito di un’indagine preliminare per frode fiscale. A comunicare la notizia è stata una fonte giudiziaria francese.
A condurre l’indagine francese è il PNF, un’unità speciale che ha il compito di perseguire la criminalità finanziaria, specializzata nelle indagini nei confronti dei cosiddetti colletti bianchi ad alto rischio, che nella maggior parte dei casi coinvolgono le più importanti società a livello internazionale. L’indagine ha preso il via nel corso del mese di novembre 2022.
Netflix sono indagine in Francia e nei Paesi Bassi
Benché siano stati interpellati, almeno per il momento, i rappresentanti di Netflix in Francia e nei Paesi Bassi non hanno rilasciato delle dichiarazioni o dei commenti sulla vicenda.
Nel corso della mattinata gli investigatori specializzati hanno fatto irruzione all’interno degli uffici dell’azienda collocati al centro di Parigi. Nello stesso momento le autorità olandesi stavano perquisendo la sede europea dell’azienda, che è collocata ad Amsterdam.
Stando a quanto ha riferito una fonte francese citata da Reuters, la cooperazione tra le autorità francesi e olandesi è in corso da molti mesi e ha portato a queste perquisizioni.
È importante sottolineare, ad ogni modo, che un’indagine preliminare in Francia non implica necessariamente delle accuse penali, ma soprattutto non porta necessariamente a un processo. Al momento non sono stati nemmeno chiariti i presupposti che avrebbero portato all’apertura dell’indagine. In altre parole, per il momento non ci sono ancora delle accuse precise nei confronti di Netflix, ma solo delle indagini.
Le grandi aziende tecnologiche, come Netflix, che offrono i loro servizi online e abbonamenti oltre confine spesso incontrano difficoltà con le autorità fiscali europee.
Il sito web di notizie La Lettre ha riferito, l’anno scorso, che la filiale francese di Netflix è diventata oggetto di controllo da parte delle autorità fiscali per il suo basso fatturato, che secondo i media era in contrasto con il numero di utenti paganti nel paese.
Secondo La Lettre, tra il 2019 e il 2020, Netflix Services France ha pagato meno di un milione di euro in imposte sulle società, coinvolgendo un’unità separata registrata nei Paesi Bassi. la società ha interrotto la pratica nel 2021.
Reuters è riuscita ad esaminare i registri aziendali, dai quali sembrerebbe che le entrate della divisione francese di Netflix sono salite a circa 1,2 miliardi di euro nel 2021, dai 47 milioni dell’anno precedente.
Nel 2022, Netflix aveva accettato di risolvere una controversia fiscale con l’Italia pagando 55,8 milioni di euro.
Netflix riferito di aver aperto il suo ufficio di Parigi, situato proprio dietro l’angolo dall’Opera Garnier, nel 2020 quando impiega circa 40 dipendenti.
Netflix, molti manager se ne vanno
Nei giorni scorsi Netflix ha comunicato che il vicepresidente di Global Public Policy Dean Garfield e il Chief Communications Officer Rachel Whetstone stanno lasciando l’azienda.
Il co-ceo della piattaforma di streaming Ted Sarandos è alla ricerca di candidati per un ruolo di nuova creazione, chief global affairs officer, per supervisionare le politiche pubbliche e le comunicazioni.
Secondo una fonte interna all’azienda per il momento nessuno sarebbe stato ancora identificato per il nuovo ruolo. La fonte ha aggiunto che Garfield non ha esperienza nelle comunicazioni e che Whetstone non era interessato al ruolo, portando alle loro partenze previste.
Garfield, che è entrato a far parte di Netflix nel 2019, era stato precedentemente CEO dell’Information Technology Industry Council e aveva ricoperto posizioni presso la Motion Picture Association.
Whetstone, che ha quasi due decenni di esperienza di lavoro su questioni di comunicazione e politiche per aziende tecnologiche statunitensi come Google di Alphabet, Uber e Meta Platforms.
Investimenti
Borse USA: in positivo i listini più importanti. NASDAQ a +0,80%, SPX500 a +0,41% in attesa delle elezioni
Wall Street: SPX500 e NASDAQ chiudono in positivo l’ultima settimana prima delle elezioni.
È tutto sommato un buon venerdì, l’ultimo prima delle elezioni presidenziali, per le borse USA. Buone le performance di Amazon e Intel, in scia di buoni dati trimestrali, per una performance NASDAQ che nonostante una leggera correzione nella seconda parte della seduta, chiude a +0,8%. Bene anche Standard & Poor’s 500, che invece chiude a +0,41%. Performance che valgono doppio in concomitanza di dati sul mercato del lavoro tutto fuorché entusiasmanti. Rimangono però diverse preoccupazioni per i principali listini: gli investitori non sono convinti della bontà dei piani – assai esosi – di investimenti per l’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale che, come scritto più volte su TradingOnline.com, è ancora lontana dal poter offrire anche soltanto i primi ricavi. Oggi comunque è buona la prima, anzi, buona l’ultima prima di un appuntamento elettorale di grande incertezza tanto per il prossimo inquilino della Casa Bianca, quanto invece a livello economico e finanziario.
Poche certezze per i mercati, che però rimbalzano
Sarà che Intel è meno debole di quel che sembra – nonostante fosse considerata poco più di uno zombie – sarà che in realtà i dati del mercato del lavoro sono stati negativi principalmente per motivi esogeni (scioperi nel settore della logistica, uragano in Florida). Sarà ancora che difficilmente ci saranno dei cambiamenti importanti a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni. Sta di fatto che i mercati reagiscono bene, almeno negli USA, all’interno di una giornata relativamente complicata e che si porta dietro gli strascichi di un periodo di relativa tensione, per quanto sempre in prossimità dei massimi.
Ora ci sarà da tenere il fiato sospeso almeno fino a mercoledì, giorno durante il quale i principali spogli dovrebbero essere finiti. Per ora però, vale la pena di ricordare che si tratta di una posizione in cui trovarsi che in molti non avrebbero potuto neanche sognare soltanto qualche settimana. Che Jerome Powell abbia tirato in modo corretto le somme?
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