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Su Foxconn è guerra politica: un nuovo caso Jack Ma?

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Dietro le recenti ispezioni del governo cinese negli impianti di Foxconn ci sarebbe, come si era sospettato già dalla prima ora, un movente politico. Un editoriale pubblicato su Financial Times, a firma di Kathrin Hille, svela dei retroscena e dei detti e non detti che erano sfuggiti alla stampa occidentale. Il rischio, indica la popolare pubblicazione, è di assistere a un nuovo caso Jack Ma, il tycoon le cui fortune sono legate a Alibaba.

Soltanto due mesi fa il CEO di Foxconn, Terry Gou, sfidava con parole al vetriolo il governo cinese, in concomitanza con l’annuncio di voler correre alla presidenza a Taiwan. E la cosa, a quanto pare, non sarebbe andata giù ai vertici del Partito Comunista Cinese, che ora vorrebbe lo scalpo, chiaramente metaforico, del CEO di Foxconn. L’attacco di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa potrebbe dunque essere soltanto l’inizio di una lunga schermaglia tra la Cina e uno dei gruppi più importanti del settore elettronico.

A rischio il fornitore di Apple (e di altre decine di grandi aziende USA)

Sul tavolo c’è Foxconn, che assembla dispositivi elettronici di alta fascia per un gran numero di brand americani europei. Per quanto la sua popolarità sia associata alla produzione di iPhone per Apple, in realtà dagli stabilimenti di Foxconn passa una quantità molto importante di elettronica di consumo su scala globale. Dietro le quinte, invece, c’è una guerra ormai aperta tra le autorità cinesi e Terry Gou, CEO del gruppo con velleità politiche a Taiwan, che soltanto un paio di mesi fa dichiarò in mondo visione di non temere il regime di Pechino e che non si sarebbe mai piegato a eventuali intromissioni.

Sulla cosa, almeno a giudicare le recenti azioni da parte del governo cinese, non sembra siano piaciute granché a Pechino. Diversi stabilimenti di Foxconn sono stati oggetto di ispezioni fiscali e inerenti l’impatto ambientale delle attività. Controlli su larga scala, che secondo però in diversi a Taiwan avrebbero un movente squisitamente politico.

Il parallelo tracciato da Financial Times è con un altro (forse più famoso) imprenditore che è arrivato allo scontro con le autorità di Pechino: Jack Ma. Il fondatore di Alibaba, dopo essersi espresso con toni non accomodanti riguardo certe politiche di carattere finanziario. Jack Ma, da allora e dopo uno scontro relativamente breve, non è più il personaggio pubblico che era un tempo e ha pagato a caro prezzo questa sua esposizione.

Un altro caso Jack Ma?

Ritorsioni, le stesse temute dalle società occidentali

Foxconn non è la prima e probabilmente non sarà l’ultima delle società che operano in Cina a diventare terreno di scontro politico. I timori sono ormai diffusi anche tra società occidentali che controllano impianti produttivi nella Repubblica Popolare, diverse delle quali si dicono preoccupate dalle possibili evoluzioni di una guerra commerciale e da un trattamento diseguale tra chi si allinea alle direttive del Partito e chi invece è straniero.

Non si tratta di una buona pubblicità per gli investimenti stranieri, in ritirata da tempo e con crescenti preoccupazioni per un peggioramento del quadro complessivo.

Nel frattempo il titolo di Foxconn – quotata in borsa come Hon Hai Precision Industry – perde in modo sostanziale, così come fanno registrare perdite le società dell’indotto. È il primo effetto di un braccio di ferro che farà apparire, almeno in queste prime battute, il CEO di Foxconn come qualcuno che forse non ha ben valutato le possibili reazioni delle autorità.

Vedremo, all’arrivo degli esiti delle ispezioni presso Foxconn, che tipo di direzione prenderanno le schermaglie: è stato un semplice avviso, oppure è l’inizio di qualcosa di più articolato, più pericoloso e più grave per il futuro di Foxconn?

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