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185 Paesi firmano fondo miliardario per proteggere la natura

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Written by Alessio Ippolito
Attivo nel settore del digitale dal 2008, ricopro il ruolo di CEO e fondatore di ALESSIO IPPOLITO S.R.L. Editore, un'entità che possiede una rete di oltre 70 siti internet, concentrata sul mondo degli investimenti finanziari. Registrato presso l'Ordine dei Giornalisti di Roma dal 22/02/2022. Attualmente, sono il direttore responsabile della rinomata pubblicazione sulle criptovalute, Criptovaluta.it. A marzo 2023, ho assunto inoltre la direzione di TradingOnline.com, espandendo ulteriormente il mio impegno nel giornalismo finanziario.
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Dopo essersi riuniti a Vancouver su invito delle Nazioni Unite, i leader della transizione ambientale di 185 paesi del mondo hanno deciso di firmare per la fondazione di un fondo multi-miliardario a favore della protezione delle coste. Il contributo dovrebbe essere sufficiente a proteggere il 30% delle coste mondiali dai rischi posti dal cambiamento climatico, primo fra tutti l’innalzamento del livello dell’acqua che rischia addirittura di far sparire intere nazioni insulari. Questo accordo arriva sulla base di una riunione tenutasi otto mesi fa a Montreal, dove erano state messe le basi per investimenti condivisi nella protezione della natura. Questi investimenti non mirano solo alla protezione delle coste, ma anche a iniziative diverse come la salvaguardia della fauna -in particolare delle specie a rischio di estinzione- e delle foreste.

Complessivamente l’accordo sottoscritto riguarda 23 punti, il principale dei quali è quello che prevede di canalizzare $200 miliardi di dollari all’anno -provenienti dal settore privato- fino al 2030. Le nazioni sviluppate dovrebbero partecipare con almeno $20 miliardi di dollari l’anno, come fortemente anche voluto nel summit di Parigi da Macron e dai leader delle nazioni in via di sviluppo. David Cooper, il Segretario delle Nazioni Unite per la biodiversità, ha accolto questo risultato con entusiasmo ma ha già anticipato di voler richiedere altre risorse. Ha inoltre sottolineato che il nuovo fondo d’investimento comincerà a finanziare operare concrete già il prossimo anno, cercando dunque di massimizzare i risultati tangibili che si otterranno con questi nuovi investimenti.

presentazione della notizia sull'accordo di Vancouver a tutela dell'ambiente
I nuovi investimenti confluiranno nel GEF, un fondo già attivo dal 1992 e gestito in modo autonomo all’interno dell’inquadramento delle Nazioni Unite

Il fondo potrebbe essere attivo da dicembre

Al momento mancano 200 milioni di dollari affinché il nuovo fondo d’investimento possa operare già a partire da dicembre, su richiesta esplicita della Banca Mondiale che dovrebbe operare come trustee per questa nuova iniziativa. Il Canada ha già proposto di aumentare di $147 milioni il suo investimento, e il Regno Unito ha promesso l’arrivo di altri 13 milioni di dollari. La sensazione è che sarà relativamente facile convincere almeno un’altra nazione a partecipare con 40 milioni di dollari per poter avviare le operazioni già nel corso di quest’anno, cosa che anticiperebbe anche l’inizio effettivo dei lavori necessari per la salvaguardia delle coste.

I fondi investiti dalle nazioni dovrebbero confluire nel Global Environment Facility (GEF). Il GEF è un progetto già esistente da decenni, gestito dalle Nazioni Unite, che fino a questo momento ha fornito finanziamenti per 23 miliardi di dollari a progetti legati alla tutela ambientale e alla sostenibilità.

Per quanto riguarda la destinazione dei fondi, è stato stabilito che almeno un terzo di questi debba essere investito in piccole nazioni insulari in via di sviluppo. Queste includono luoghi come Tuvalu, Maldive, Kiribati e così via. Si tratta di nazioni a serio rischio di scomparire con l’innalzamento del livello dei mari, e anche per questo sono state tra le principali promotrici di questa iniziativa. Senza le risorse provenienti dalle economie avanzate, per questi paesi sarebbe molto difficile pensare di poter realizzare gli investimenti necessari al contenimento dell’erosione costale e degli allagamenti dovuti all’avanzamento del cambiamento climatico.

foto dell'isola di Tuvalu
Le piccole nazioni insulari che si trovano a fronteggiare l’innalzamento dei livelli dei mari stanno lottando per la loro sopravvivenza

Il GEF celebra il traguardo raggiunto

Carlos Manuel Rodriguez, CEO e Presidente del GEF, ha definito il risultato ottenuto nel meeting di Vancouver come un risultato estremamente positivo che sarà ricordato a lungo anche in futuro. Ha sottolineato che il meeting si è svolto in un cielo tinto dal colore del fumo degli incendi boschivi che si stanno verificando a Vancouver in questi giorni, come a ricordare che gli effetti del cambiamento climatico sono ormai visibili in qualunque area del mondo. Fino a questo momento, la Global Environment Facility è riuscita a finanziare oltre 5.000 progetti nel corso degli ultimi trent’anni; un ottimo inizio, ma che sicuramente vedrà i numeri aumentare con il sensibile aumento degli investimenti in provenienza dalle nazioni nel corso dei prossimi anni.

Esiste anche un’iniziativa separata delle Nazioni Unite, chiamata Green Climate Fund (GCF), che ha raccolto circa $10 miliardi in investimenti promessi dalle varie nazioni del mondo. Il GCF è formalmente indipendente dal GEF, ma i due fondi hanno iniziato a rinsaldare la collaborazione nel corso degli ultimi anni. In questo modo ci si assicura che le risorse vengano gestite in un modo indipendente ma armonizzato, cercando di massimizzare l’impatto generato da entrambe le strutture.

Oltre ai leader ambientali delle nazioni aderenti al progetto, erano presenti a Vancouver anche i rappresentanti di 23 società private, soprattutto piccole startup provenienti da nazioni in via di sviluppo, che sono state premiate come vincitrici del GEF Assembly Challenge Program. Si tratta di realtà che hanno un impatto sull’inclusione sociale delle minoranze e sull’ambiente, ognuna delle quali è stata ricompensata con 100.000$ di finanziamento a fondo perduto.

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