Continuano i problemi di natura sindacale per Tesla. La più importante delle organizzazioni dei lavoratori danese, 3F, ha annunciato che in solidarietà con i lavoratori svedesi – impegnati in importanti boicottaggi proprio contro l’azienda di Elon Musk – smetterà di partecipare alla consegna dei veicoli del gruppo leader del settore EV verso la Svezia. Aumentano così i problemi per Elon Musk sul fronte dei sindacati, con la situazione che potrebbe a breve farsi piuttosto accesa anche negli USA, con UAW, il principale sindacato degli addetti del settore auto che ha promesso di tentare sortite anche negli stabilimenti di questo gruppo.
Avevamo preannunciato un autunno caldo per il settore auto, con rivendicazioni che difficilmente sarebbero rimaste confinate agli Stati Uniti, dove le organizzazioni dei lavoratori hanno ottenuto delle importanti concessioni da General Motors, Stellantis e Ford e che puntano ora a inserirsi anche in quelle unità produttive straniere e non che non sono ancora sindacalizzate. Non avremmo però mai potuto immaginare che la cosa si sarebbe allargata con questa rapidità alla Svezia prima e alla Danimarca ora, con la sindacalizzazione dei lavoratori che rimane al centro di ogni attrito.
Una battaglia importante
Così la definiscono i sindacalisti di 3F: si parla della lotta che i sindacati di IF Metall stanno combattendo nei confronti di Tesla, gruppo dell’auto elettrica da sempre piuttosto restio ad avere rapporti con i sindacati, con il CEO Elon Musk che proprio recentemente ha confermato la sua posizione. Non è un grande amante delle situazioni conflittuali che vengono in larga parte, a suo avviso, create all’interno delle unità produttive proprio dai sindacati. E dopo aver ribadito che Tesla è un’azienda fluida dove è possibile partire dalla catena di montaggio e finire in posizioni dirigenziali, ha confermato di non essere intimorito da queste azioni.
Il messaggio però non deve essere arrivato in Danimarca, dove il sindacato 3F, il più importante del paese, ha annunciato mosse in solidarietà con i colleghi svedesi. Al centro una diatriba che per ora però coinvolge, almeno in Svezia, 130 lavoratori delle officine Tesla, con diversi degli stessi che non hanno aderito agli scioperi indetti dal sindacato.
Si tratta dunque di una battaglia campale tra lavoratori di paesi con elevatissima penetrazione dei sindacati, almeno per certi comparti produttivi, e uno dei gruppi più conosciuti al mondo, incarnato da un CEO estremamente polarizzante nelle opinioni politiche e non.
Lo stesso Elon Musk ha definito lo sciopero roba da matti, e dopo aver citato in giudizio diverse società di trasporti nonché alcune organizzazioni pubbliche svedesi, ha confermato la sua scarsa volontà di negoziare.
Contro i ricchi
I toni del sindacato non potevano che essere quelli della lotta di classe, che forse ad orecchie americane suoneranno come, se non stantii, un pizzico demodé. Si contesta a Elon Musk di voler fare le proprie regole, cosa che in Danimarca non è consentita, ovviamente, neanche ai più ricchi del mondo. E si contesta la necessità di seguire le regole del paese se vi si vogliono fare affari.
Nel frattempo anche in Norvegia c’è tanto che sta covando sotto le ceneri: i sindacati stanno discutendo la possibilità di partecipare alla lotta, sebbene con modalità ancora da definire e si sta valutando la possibilità di tracciare un piano di attacco nel caso in cui le – per ora inesistenti – negoziazioni, dovessero protrarsi.
Difficile però ora immaginare Tesla che ceda agli inviti all’aderenza alle modalità di contrattazione collettiva che governano il mercato del lavoro in scandinavo. Elon Musk non sembrerebbe essere granché preoccupato da eventuali escalation, avendo al tempo stesso avviato procedure in tribunale a tutela dei propri interessi. L’unica cosa certa è che la questione non finirà qui.