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Cina: il mattone ancora lontano dalla crisi | Mancano capitali e fiducia

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Pechino, abbiamo un problema. Gli analisti tornano a tuonare contro il settore immobiliare cinese, un tempo considerato investimento senza possibilità di perdite e da due anni a questa parte invece fonte di preoccupazione non solo per i politici della Repubblica Popolare, ma anche per gli investitori. La previsione non è delle più incoraggianti: secondo quanto è contenuto nell’analisi del popolare quotidiano dedicato (anche) a economia e finanza, potremmo essere ancora lontani dal proverbiale bottom, dal fondo del barile che segnerebbe la possibilità, da quel punto in avanti, di poter soltanto migliorare.

Ieri è arrivata la doccia fredda dai giudici di Hong Kong, che hanno imposto la liquidazione a Evergrande, il gigante divenuto emblema della crisi del mattone cinese. Oggi arriva appunto questa analisi che invita a rimettere le bottiglie buone in cantina, perché potremmo essere ancora lontani dalla fine del tunnel. E a gravare sulle aspettative, in negativo, c’è anche il chiaro segnale di impotenza del Partito, che pur avendo messo in piedi diversi piani per ravviare il mercato immobiliare, non sembra avere tra le mani soluzioni definitive.

Crolla il mito del mattone in Cina. E con questo anche la fiducia degli investitori

Per noi italiani non deve essere certo qualcosa di insolito. Nell’ultimo decennio il mattone è stato per i cinesi quello che è stato per i nostri nonni. Un investimento sicuro – per quanto difficilmente l’aritmetica venga poi applicata a certi ragionamenti – che può offrire solo apprezzamenti e nel quale investire fino all’ultimo centesimo. Tutto ok, fino a due anni fa, quando gli scricchiolii hanno anticipato le crepe e quando le crepe poi hanno tirato giù palazzi metaforici che sembravano impossibili da abbattere.

I dati del 2023 sono impietosi: vendite giù del 6,5% e -17% anno su anno soltanto a dicembre. Questo secondo i dati che sono stati riportati da Dongxing Securities. Dati che nessuno ha motivo di contestare e che sono la fotografia ad alta risoluzione di una crisi importante, che va ben oltre il crollo da racconto epico di Evergrande.

Secondo Alicia Garcia-Herrero di Natixis, che segue per il gruppo proprio i mercati del Lontano Oriente, non solo non siamo ancora al bottom, ma ci sarà ancora una strada lunga da percorrere per vedere il settore immobiliare tornare a crescere, in Cina. Proiezioni che forse in parte risentono del sentiment estremamente negativo che si è formato negli ultimi mesi, ma che andrebbero nondimeno prese in considerazione almeno da parte di chi sta organizzando sortite sui mercati cinesi.

Cina immobiliare
Servono miliardi che non ci sono

Un enorme cimitero di cemento

Secondo le stime di Nomura, ci sono circa 20 milioni di unità abitative che devono essere completate e che avrebbero bisogno, dollaro più dollaro meno, di 450 miliardi di dollari per essere portate a termine. Cifre che sembrano credibili – siamo intorno ai 22.500$ per unità. Capitali che però in giro non ci sono e che quando ci sono non hanno alcuna intenzione di finire in un mercato nel quale credono in pochi, almeno allo stato attuale delle cose.

A poco sono valsi gli impegni della Repubblica Popolare, vuoi con la riduzione degli interessi su certe tipologie di mutui, vuoi con la spinta gentile affinché le banche continuino a finanziare progetti che non sono più così solidi finanziariamente.

Il problema – del quale torneremo certamente a parlare su queste pagine – è che non mancano solo capitali, ma anche il bene immateriale più difficile da trovare sul mercato: la fiducia. Una fiducia che sembrava incrollabile e che invece, dopo due anni da incubo per il comparto, nessuno è più disposto ad accordare al mattone cinese.

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