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Cina, il secondo costruttore più grande negozia per evitare il default sui bond

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Vanke, la seconda azienda di costruzione immobiliare più grande in Cina, starebbe attivamente invitando i suoi creditori per evitare il default. La società, seconda soltanto a Country Garden per dimensioni, fino a questo momento non è stata coinvolta nella saga dei default degli sviluppatori immobiliari cinesi in corso ormai da quasi tre anni. L’obiettivo sarebbe convincere le banche che possiedono una grande quantità di obbligazioni del gruppo a cambiare questi strumenti con forme di credito collateralizzato. Vanke sarebbe pronta a offrire gli immobili del suo portfolio come collaterale per i prestiti che ha ottenuto nel corso degli anni, in modo tale da ripagare le banche direttamente con queste proprietà nel caso in cui non fosse in grado di farlo con denaro liquido.

Per avere un’idea più chiara delle dimensioni del gruppo, Vanke ha chiuso il suo bilancio 2021 con oltre $45 miliardi in fatturato; attualmente la sua capitalizzazione di mercato supera i 100 miliardi di yuan (15 miliardi di dollari circa) e il titolo è quotato sia sulla borsa di Shenzhen che su quella di Honk Kong. La società è guidata da Zhu Jiusheng, che già nel 2021 aveva intuito il problema della bolla speculativa immobiliare cinese e aveva cercato di portare l’azienda a occuparsi più di servizi di gestione immobiliare che di nuove costruzioni. Una decisione che ha aiutato a mantenere Vanke lontana dai guai per molto tempo, ma non per sempre. Ora che la crisi immobiliare cinese si è allargata anche a Hong Kong, con i prezzi ancora in caduta libera, anche Vanke si ritrova a dover negoziare con i creditori per evitare il default.

La crisi immobiliare cinese continua anche nel 2024

Miliardi di dollari in bond da rinegoziare

Vanke ha obbligazioni in scadenza a breve termine per 80 di miliardi di yuan, circa 11,2 miliardi di dollari americani. Per questo la società si trova in una situazione molto complicata, che include anche la provincia di Shenzhen: il governo pubblico locale detiene una quota importante delle azioni di Vanke, ed è subito intervenuto nel fare da mediatore nei dialoghi tra le banche e l’azienda. Fino a questo momento, per gli sviluppatori immobiliari cinesi è stato relativamente semplice rinegoziare i bond domestici denominati in yuan; le cose si complicherebbero decisamente se si trattasse di bond internazionali denominati in dollari. Attualmente i bond internazionali di Vanke vengono scambiati da 47 centesimi sul dollaro.

Con una crisi che però non accenna a fermarsi, anche le banche cinesi sono sempre meno disposte ad accettare immobili come collaterale per i loro debiti. Se tutto questo non bastasse, ieri Moody’s ha abbassato il rating delle obbligazioni Vanke che ora sono considerate junk bonds. Attualmente ci sono 12 grandi banche cinesi in attive contrattazioni sulle obbligazioni della società, tra cui le tre più grandi finanziarie controllate dal governo. Secondo le fonti interne che hanno comunicato con la stampa, l’esito delle contrattazioni è ancora incerto.

L’andamento dei prezzi degli immobili residenziali in Cina

Nel frattempo il mercato rimane debole

Secondo i dati pubblicati dall’agenzia immobiliare Zhuge Zhaofang, nelle 14 principali città cinesi il numero di immobili in vendita è aumentato del 57% tra lo scorso febbraio e oggi. L’offerta di immobili è aumentata per 18 mesi consecutivi, con le contrattazioni che vengono chiuse spesso molto al di sotto dei prezzi condivisi pubblicamente. Anche se formalmente si cercano di mantenere dei prezzi alti per scongiurare una crisi peggiore, l’agenzia You Liangzhou ha spiegato al South China Morning Post che in molti casi il prezzo a cui si concludono le trattative è del 20% più basso rispetto a quello divulgato pubblicamente. Il tutto malgrado le misure che Pechino ha introdotto la scorsa estate per incentivare gli acquisti di seconde case e per permettere agli acquirenti di accedere a condizioni più vantaggiose sui loro mutui.

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