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Cina: produttori di brandy francesi protestano per indagine

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Come era prevedibile, sono arrivate le prime proteste dei produttori coinvolti nell’indagine anti-dumping da parte delle autorità cinesi. Indagine che è stata annunciata la settimana scorsa e che ha causato un importante calo del valore delle azioni di società come Remy Cointreau e Pernod Ricard, due dei produttori maggiormente interessati dalla norma. Un’indagine che riguarda scontistica praticata su diverse tipologie e marche di brandy, in quella che almeno secondo alcuni analisti e in particolare secondo i marchi coinvolti sarebbe un’indagine che nulla avrebbe a che vedere con effettive pratiche commerciali scorrette.

C’è il profumo non del brandy ma della ritorsione, all’interno di quella che è una guerra commerciale più ampia che vede contrapposte da un lato Pechino e dall’altra Bruxelles, con le tensioni che crescono e che riguardano anche altri settori, in particolare quelli delle vetture elettriche e dei pannelli solari, comparti nei quali la Cina ha enormi vantaggi competitivi (e secondo l’UE anche aiuti di stato potenziali) rispetto alle società europee.

Risposta brand francesi
La risposta dei brand francesi

Protestano i produttori di brandy per le mosse delle autorità cinesi

Non poteva passare inosservata. Si tratta infatti di un’indagine che colpisce potenzialmente un settore che vale miliardi in export per diversi dei grandi gruppi francesi (in particolare) che producono brandy. Un’indagine che può effettivamente causare problemi alle casse e ai conti dei marchi coinvolti, che stanno pagando un prezzo piuttosto alto in borsa. Sia Pernod Ricard sia Remy Cointreau hanno comunicato, tramite l’associazione che li raccoglie, di non ritenere le indagini corrette e soprattutto dovute, data la proporzione degli sconti che sono stati praticati. Proporzioni ridotte che in passato non avevano causato alcun tipo di problema.

C’è però chiaramente di più: il sospetto che questa sia parte di una più ampia guerra commerciale tra Bruxelles e Pechino si fa sempre più concreto, cosa che chiaramente quasi nessuno può affermare pubblicamente ma che è quanto i mercati stanno prezzando.

BNC, che è l’associazione nazionale francese che raccoglie i produttori di brandy, ha comunicato di non temere nulla, in quanto i prezzi praticati e le scontistiche applicate sono in realtà in linea con quanto previsto dalla legge cinese. Affermazione che però per ora non è riuscita a invertire un trend di mercato avviato la settimana scorsa proprio in concomitanza con l’arrivo della notizia delle indagini di Pechino su certe pratiche commerciali di questi gruppi.

Questo non sarà certamente l’ultimo dei capitoli di questa vicenda, che potrebbe presto allargarsi anche ad altri settori e rinforzare una guerra commerciale senza quartiere che, per molti, è uno dei segnali del tentativo di de-globalizzazione per mano politica, con misure simili che sono state implementate, in altri settori, anche dalla Turchia e dagli USA, in particolare ai danni dei veicoli elettrici che sono prodotti in Cina.

Norme cinesi anti-dumping
Secondo i produttori la scontistica sarebbe in linea con norme cinesi

Lotta dura, senza paura?

Rimarranno da valutarsi gli strascichi di questo ennesimo capitolo della guerra commerciale di cui sopra: per i produttori di brandy, che in Cina hanno uno dei loro mercati più fiorenti, saranno guai se non dovessero spuntarla in tribunale durante le indagini.

Rimangono poi sulle spine i produttori locali e non che hanno scelto la Cina per realizzare vetture elettriche che, almeno secondo le indagini preliminari condotte dall’Unione Europa, godono di vantaggi ingiusti in termini di appoggio statale, aiuti di stato che in Europa per gli amici e soprattutto per i nemici sono qualcosa che attira sempre le attenzioni della Commissione.

La guerra del brandy potrebbe essere soltanto un capitolo intermedio di questa guerra, mentre almeno a certe latitudini comincia a montare la convinzione che ci sarà ad un certo punto da tornare a più miti consigli. In ballo ci sono miliardi, quelli veri.

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