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Green Sukuk, emissioni in aumento del 66% su base annua

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Il 2023 è stato indubbiamente uno dei migliori anni dal 2008 a oggi per quanto riguarda i rendimenti delle obbligazioni. Tutta la categoria ha beneficiato dei rendimenti più elevati, con investimenti record sia nei bond governativi che in quelli corporate. Tra tutti i segmenti che fanno parte del mondo delle obbligazioni, però, ce n’è uno che ha conosciuto un boom superiore a tutti gli altri: i green sukuk. Si tratta di bond compatibili con la finanza islamica e con una forte componente ESG. Già a inizio anno, si è confermato un record di investimenti in green bond. Dopodiché, con la preparazione del COP 28 a Dubai, i grandi fondi sovrani del Medio Oriente hanno iniziato a investire enormi capitali in bond sostenibili di tipo sukuk.

Un “sukuk” è un bond che rispetta le regole della sharia. Questa prevede che un credente non possa lucrare da attività speculative o dagli interessi. Dal momento che un bond tradizionale rappresenta esclusivamente la proprietà di un debito, non è uno strumento che rispetta i dettami della sharia. I sukuk, invece, rappresentano una quota di proprietà in un asset reale. Nel caso dei “green sukuk”, si tratta di strumenti che offrono quote di proprietà di un asset direttamente correlato alla trasformazione climatica: impianti di produzione di idrogeno verde, centrali alimentate da energia rinnovabile e così via.

presentazione della notizia sulla crescita delle emissioni di sukuk sostenibili

Crescita trainata da Emirati Arabi e Arabia Saudita

Il boom dei green sukuk è evidente quando si guarda ai numeri: le emissioni sono aumentate del 66% rispetto allo scorso anno. Le due nazioni più “affamate” di questi strumenti sono gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, i due poli centrali della finanza islamica. Gli Emirati sono stati particolarmente attivi in questo mercato, soprattutto dal momento che Dubai sarà la sede del prossimo COP 28. Con l’obiettivo di rafforzare la credibilità degli Emirati come luogo per discutere di sostenibilità, nel corso di tutto l’anno si sono ripetute emissioni di green bonds e green sukuk da parte di emittenti pubblici e privati. Alcune di queste emissioni, come nel caso della società energetica di Abu Dhabi, sono state di centinaia di milioni di dollari.

Nelle nazioni del Golfo, il 51% dei capitali raccolti tramite strumenti sostenibili sono sukuk. Il restante 49% sono obbligazioni di tipo tradizionale, che vengono rivolte soprattutto agli investitori internazionali. Attualmente il 13% di tutti i sukuk, secondo i dati di cui Fitch dispone, sono direttamente connessi alla transizione climatica. Un impegno che riflette la serietà con cui Dubai ha guidato la crescita della finanza sostenibile in Medio Oriente, confermandosi come uno dei poli verso cui guardare per la transizione energetica -anche malgrado il suo attuale grande ruolo nella produzione di petrolio-.

foto di un campo eolico nel deserto

Uno strumento importante per un futuro green

Molte volte è facile trascurare quanto la finanza islamica sia importante per riuscire negli obiettivi mondiali legati alla sostenibilità. I green bonds sono strumenti sicuramente importanti per le nazioni Occidentali, ma una grande parte del mondo è di fede islamica ed è importante tenere conto di questo quando si parla di investimenti. I sukuk sostenibili sono ancora strumenti in gran parte venduti fuori dalle Borse, riducendo la liquidità di questi strumenti. Per una grande economia come quella saudita o emiratina, questo può non essere un problema; quando invece si guarda verso nazioni che hanno mercati finanziari più piccoli, i sukuk possono finire per mettere il futuro della transizione climatica di queste nazioni in mano a poche banche commerciali disposte ad acquistare i bond.

Le cose si fanno anche più complicate quando si considera che molti emittenti che potrebbero essere interessati ai sukuk sostenibili, come il Pakistan, hanno uno scarso credit rating e dunque prevedono un elevato premio per il rischio. Molte nazioni musulmane chiedono che le Borse comincino a dare più spazio a questi strumenti, rendendo il mercato più liquido e facilitando le emissioni anche da parte di nazioni emergenti.

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