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Inflazione e lavoro ok in UE | Dati da Germania, Francia, Italia

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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L’inflazione tedesca, per quanto in misura minima, si è rivelata essere al di sotto delle aspettative. Mentre i mercati e gli analisti puntavano ad un +3,2%, i dati diffusi dalla Repubblica Federale Tedesca indicano anno su anno un aumento del 2,9% per la classica, e al 3,1% per la HICP, ovvero quella armonizzata. Differenza certamente minima, ma che è di buon auspicio per un ritorno in quota 2%. E che è di buon auspicio anche per gli operatori di mercato che attendono con ansia un primo taglio dei tassi di interesse, possibilmente in anticipo rispetto a quanto è stato indicato da Christine Lagarde.

I dati che lasciano spazio ad un moderato entusiasmo sono in realtà diversi: anche l’inflazione francese si è rivelata essere in discesa rispetto alla lettura del mese precedente, così come sono arrivati dei buoni segnali dal mercato del lavoro, con una disoccupazione in leggero calo proprio in Germania. Dati positivi (ma non troppo) che però non offrono alcuna indicazione di tipo definitivo. Per le prossime decisioni di BCE si dovrà ancora guadare ai dati più recenti e a quelli che arriveranno in futuro.

L’inflazione torna a scendere, anche al di sotto delle aspettative

Europa meno peggio di quanto ci si aspettasse: i dati positivi della giornata

Sono dati certamente positivi. Dall’inflazione tedesca che fa registrare un valore inferiore a quello delle aspettative, al calo del livello dei prezzi in Francia, consistente rispetto al mese precedente. I dati interessati e positivi riguardano anche l’Italia, con il tasso di disoccupazione mensile che scende al 7,2%, contro il 7,6% di previsioni e il 7,4% fatto registrare durante la precedente lettura. Dati certamente positivi e che segnalano un mercato del lavoro forte e un aumento dei prezzi in riduzione – cosa che lascia ben sperare da un lato per i tagli e dall’altro li rende meno necessari sul breve periodo, dato che appunto l’obiettivo di massima occupazione, uno dei due mandati principali di BCE, non sembrerebbe essere per ora a repentaglio.

Dati pertanto confusi, per quanto più positivi che negativi, tant’é che DAX rimane stabile, CAC 40 si muove poco o nulla e guidano invece la giornata di scambi i titoli del FTSE MIB, cavalcando appunto gli ottimi dati sulla disoccupazione italiana.

Da qui però a pensare che i dati saranno decisivi per le prossime decisioni di BCE. La Banca Centrale Europea non può che temere un rimbalzo ulteriore dell’inflazione, con l’ultimo step, quello di ritorno in quota 2%, che sarà molto più difficile del cammino che è stato svolto fino ad oggi.

Peseranno anche i dati, quelli sì preoccupanti, sulla crescita economica. Crescita che ormai langue in tutte le principali economie dell’area euro e che necessiterà di risposte forse più monetarie che politiche.

Incertezza inflazione
Continua a dominare però l’incertezza

Parla Nagel, che invita alla calma

Ieri è tornato a parlare di tassi anche Joachim Nagel, presidente di Bundesbank, indicando di nuovo come la pressione sui prezzi rimanga comunque notevole e che i costi energetici volatili potrebbero giocare un brutto scherzo all’economia tedesca. Nagel si è dichiarato essere vicino a quella che è la posizione ufficiale di BCE, ovvero una certa prudenza nel discutere tassi, con la discussione stessa che non potrà che arrivare più avanti, ma non nell’immediato.

Una posizione che per ora sembra essere impossibile da scalfire, anche da parte delle colombe storiche che compongono il Consiglio della Banca Centrale Europea. I mercati intanto continuano a prezzare tagli già da aprile, nonostante Lagarde abbia indicato come momento più probabile e propizio metà 2024, ovvero due mesi dopo la soglia indicata dalle aspettative degli operatori di mercato.

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