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Litio, salta la maxi-fusione tra Albemarle e Liontown

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Liontown Resources, società australiana impegnata nella produzione di litio, ha rifiutato l’offerta di Albemarle che avrebbe acquistato la società per 3.66 miliardi di dollari. L’offerta, arrivata la settimana scorsa, aveva mandato il prezzo delle azioni Liontown in un rally del +59% nell’arco di poche ore. Il consiglio di amministrazione, però, ritiene che non sia abbastanza: l’offerta è rifiutata con la motivazione che la valutazione della società da parte di Albemarle non sarebbe equa rispetto al valore potenziale dell’azienda.

Albemarle continua a cercare di consolidare la sua posizione da leader mondiale nel mercato del litio, in cui detiene già la quota di mercato più alta in assoluto. Proprio pochi giorni fa, l’azienda ha annunciato un nuovo impianto da 1.3 miliardi di dollari che verrà costruito negli Stati Uniti per processare il minerale di litio in prodotto finito e pronto per le applicazioni industriali. Con la rivoluzione dei veicoli elettrici in piena corsa, questo elemento diventa sempre più prezioso e sono sempre di più gli interessi in gioco da parte dei grandi colossi dell’estrazione mineraria.

presentazione della notizia secondo cui il consiglio di amministrazione di Liontown Resources ha rifiutato l'acquisizione di Albemarle
Liontown ha già ottenuto accordi di acquisto da parte di Ford e Tesla per il litio che proverrà dalle sue miniere

Terzo rifiuto per Albemarle

Non è la prima volta in cui Albemarle cerca di acquisire Liontown. La prima proposta era arrivata a ottobre del 2022, quando le azioni sarebbero state valutate 2.20 AUD ciascuna. All’inizio di marzo è stata fatta una seconda proposta a 2.35 AUD, dopodiché la terza -rifiutata nella giornata di martedì 27 marzo- per 2.50 AUD ad azione. Le tre offerte hanno però incontrato la stessa sorte, con il board di Liontown che continua a rifiutare l’acquisizione. Visto il trend, però, è possibile che Albemarle sia ancora disponibile ad aumentare la valutazione dell’acquisizione.

Il motivo dietro a questo interesse sono due depositi di litio in Australia su cui Liontown ha già riservato i diritti di estrazione. Uno in particolare, quello di Kathleen Valley, si presenta come un’opera colossale di ingegneria destinata a iniziare la produzione nel secondo trimestre 2024. Stando alle informazioni che Liontown ha divulgato ai suoi investitori, questo progetto avrebbe il potenziale per essere una delle più grandi miniere di litio al mondo. Non solo, ma grazie alla purezza in cui si presenta il minerale potrà anche essere trasformato in litio di altissima qualità. Così come per altre commodities, anche nel mondo del litio la purezza ha un’importanza economica rilevante.

Il progetto di Kathleen Valley ha già visto una larga base di appoggio tra i potenziali clienti di Liontown. Tra questi spiccano i nomi di Ford e Tesla, che hanno già firmato accordi per acquistare parte della produzione una volta che la miniera sarà diventata operativa.

progetto di raffineria di litio di Liontown Resources
Così si presenta il progetto della raffineria di litio che Liontown Resources vorrebbe affiancare alle miniere di Kathleen Valley

Su Liontown Resources

Liontown è una società relativamente giovane, con sede in Australia, che si occupa di sviluppare progetti nel campo dell’estrazione mineraria. Nei suoi primi anni di vita si è concentrata molto sull’oro, ma rapidamente l’interesse del management è virato verso il litio. Attualmente ha due progetti in fase di sviluppo sul fronte delle miniere, con un terzo potenziale progetto molto grande: quello della costruzione di una raffineria di litio, proprio a Kathleen Valley.

L’inizio della produzione potrebbe essere una minaccia per la leadership di Albemarle, che al momento può già contare su una vasta capacità produttiva. L’azienda ha anche piani precisi per raddoppiare questa capacità entro il 2027, a prescindere dall’acquisizione di Liontown Resources. La giovane società australiana, però, può sicuramente essere un tassello importante per un colosso che non accetta di buon grado la concorrenza.

Laureato in Economia Aziendale all'Università degli Studi di Torino, digital nomad e investitore esclusivamente in azioni. Gestore e chief-analyst del portafoglio azionario di TradingOnline.com. "Anche se difficile da ricordare a volte, un'azione in realtà non è un biglietto della lotteria...è la proprietà parziale di un'azienda" - Peter Lynch

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Petrolio, il prezzo si è stabilizzato. Riflettori puntati sul Medio Oriente

Il prezzo del petrolio si è stabilizzato. I riflettori sono puntati al Medio Oriente e agli Stati Uniti, dove il greggio è più leggero.

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Petrolio, il prezzo si è stabilizzato. Riflettori puntati sul Medio Oriente

In mattinata il prezzo del petrolio si è stabilizzato intorno ai 74 dollari al barile. A condizionare le quotazioni, oggi, sono gli sforzi del principale diplomatico statunitense che sta nuovamente cercando di ottenere un cessate il fuoco in Medio Oriente. Nel frattempo la crescita della domanda in Cina rallenta: l’economia debole del principale importatore al mondo di petrolio continua a pesare sulle sue quotazioni.

Intorno alle 9, i futures sul greggio Brent sono scesi dello 0,27% attestandosi a 74,09 dollari al barile, mentre i futures sul greggio US West Texas si sono attestati su 70,36 dollari al barile. I futures WTI più attivamente scambiati con consegna a dicembre, che presto diventerà il mese di punta, sono scesi di 22 centesimi, ovvero dello 0,3%, a 69,82 dollari al barile.

Hanno registrato un rialzo pari a quasi un 2% la giornata di lunedì sia il Brent che il WTI, riuscendo a recuperare almeno in parte il calo del 7% registrato la scorsa settimana. Nel frattempo i combattimenti in Medio Oriente non si fermano e il mercato sembra registrare un po’ di nervosismo per la prevista rappresaglia di Israele nei confronti dell’Iran, che potrebbe portare ad un’interruzione della fornitura di petrolio.

Petrolio, cosa condiziona le quotazioni

Antony Blinken, Segretario di Stato statunitense, è arrivato oggi 22 ottobre in Israele, per quella che dovrebbe essere la prima tappa del suo tour in Medio Oriente. Qui cercherà di riprendere i colloqui per mettere la parola fine alla guerra di Gaza e disinnescare il conflitto che si è aperto in Libano.

Satoru Yoshida, analista delle materie prime presso Rakuten Securities, spiega che le quotazioni del petrolio hanno oscillato in risposta alle notizie contrastanti provenienti dal Medio Oriente, mentre la situazione alternava momenti di escalation e momenti di de-escalation. Yoshida aggiunge che al momento il mercato starebbe valutando l’impatto delle misure di stimolo di Pechino e il miglioramento dell’attività economica degli Stati Uniti, ma i guadagni rimarranno probabilmente limitati dalla persistente incertezza sulle prospettive economiche globali complessive.

I dati di venerdì hanno mostrato che l’economia cinese è cresciuta al ritmo più lento dall’inizio del 2023 nel terzo trimestre, alimentando crescenti preoccupazioni sulla domanda di petrolio.

Gli esperti prevedono che la crescita della domanda di petrolio in Cina possa rimanere debole nel 2025 nonostante le recenti misure di stimolo di Pechino: la seconda economia mondiale sta elettrificando il suo parco auto e cresce.

Ad ogni modo Saudi Aramco si è detta abbastanza ottimista sulla domanda di petrolio della Cina, soprattutto alla luce del pacchetto di misure di stimolo del governo che mira a stimolare la crescita.

Priyanka Sachdeva, analista senior della società di brokeraggio Phillip Nova, spiega che un ulteriore contributo alla pressione al ribasso sul mercato del petrolio è stato dato dalla forza del dollaro statunitense, trainata dal graduale allentamento dell’inflazione globale. Un dollaro più forte incide solitamente sui prezzi del petrolio, poiché rende la materia prima valutata in dollari più costosa da acquistare per i non detentori di questa valuta.

Il petrolio estratto negli Usa sta diventando più leggero

Le aziende che trivellano per estrarre il petrolio negli Usa si trovano ad affrontare un dilemma inaspettato: il greggio West Texas Midland sta diventando più leggero, il che potrebbe renderlo meno attraente per alcune raffinerie.

I greggi superleggeri dovrebbero essere miscelati con gradi più pesanti per la trasformazione in benzina, gasolio e carburante per aerei. Una minore offerta di greggio pesante e i prezzi elevati potrebbero ridurre la domanda di WTI Midland. Ciò potrebbe comportare prezzi più bassi per il benchmark Brent datato utilizzato a livello globale, di cui il WTI è diventato parte integrante.

Il volume e la qualità del greggio statunitense di punta lo hanno reso popolare tra le raffinerie in Asia e in Europa, grazie alla sua somiglianza con altri tipi di riferimento e al basso contenuto di zolfo che lo rende relativamente facile da rimuovere durante la lavorazione.

È diventato un elemento centrale del Brent, un gruppo di qualità del Mare del Nord utilizzato per stabilire il prezzo di oltre il 75% del greggio mondiale.

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L’oro raggiunge un nuovo massimo a 2.739,40 dollari l’oncia. Ecco perché continua il rally

Continua il rally dell’oro, che in mattina raggiunge un nuovo massimo. Cerchiamo di capire cosa succede a questa materia prima.

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L'oro raggiunge un nuovo massimo a 2.739,40 dollari l'oncia. Ecco perché continua il rally

L’oro raggiunge un massimo storico, riuscendo ad estendere un importante rally e muovendosi senza grossi problemi tra le varie incertezze che arrivano dalle elezioni statunitensi, dalle tensioni in Medio Oriente e in mezzo ai tagli dei tassi d’interesse che hanno effettuato la maggior parte delle principali banche centrali. L’argento, invece, è riuscito a sfiorare il massimo da dodici anni a questa parte.

L’oro spot è cresciuto dello 0,3% toccando quota 2.729,40 dollari l’oncia alle 7 di questa mattina. In precedenza aveva sfiorato il massimo storico di 2.732,73 dollari. Sono cresciuti anche i future sull’oro statunitense, che hanno registrato un +0,6% a 2.744,80 dollari. Grazie al rialzo dei lingotti, l’argento spot è riuscito a crescere dell’1,1% a 34,03 dollari l’oncia, pari al livello più alto dalla fine del 2012.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sia accaduto all’oro.

Continua il rally dell’oro

L’oro in questi giorni continua a brillare. Soni Kumari, stratega delle materie prime presso ANZ, ha spiegato che il rally di questo mese è guidato principalmente dalla domanda di beni rifugio a causa della tensione geopolitica in Medio Oriente e dell’incertezza sulle elezioni statunitensi, il cui esito sembra molto incerto: chiunque può vincere.

L’ex presidente Usa Donald Trump e la vicepresidente Kamala Harris, al momento, sono testa a testa nella corsa alle presidenziali degli Stati Uniti d’America nei sette stati chiavi che decideranno le elezioni del 5 novembre 2024.

Nel frattempo centinaia di residenti di Beirut, in Medio Oriente, sono dovuti fuggire dalle loro case nel corso della serata di domenica. Sono state udite, infatti, moltissime esplosioni: Israele si preparava ad attaccare molti siti.

L’oro è considerato un investimento sicuro in periodi di turbolenza economica e politica. I tassi più bassi ne accrescono anche il fascino, poiché i lingotti non fruttano interessi.

Gli investitori hanno anche digerito la notizia che la Cina ha tagliato i suoi tassi di interesse di riferimento sui prestiti, in seguito alle riduzioni di altri tassi di interesse ufficiali il mese scorso, come parte di un pacchetto di misure di stimolo per rilanciare l’economia.

La domanda di oro nella Cina, il principale paese consumatore, ha subito un duro colpo a causa dei prezzi elevati e del rallentamento economico.

Altrove, i trader stanno prezzando una probabilità del 99% di un taglio dei tassi di interesse della Federal Reserve statunitense a novembre. La Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi di un quarto di punto la scorsa settimana.

Tim Waterer, analista capo di mercato presso KCM Tradeer l’oro a 2.800 dollari sembra essere un obiettivo praticabile per fine anno. Secondo Waterer ci sarà la tentazione di bloccare alcuni profitti, il che potrebbe rallentare l’immediato rialzo.

Il platino è salito dello 0,3% a 1.016,21 dollari l’oncia, il suo massimo da metà luglio. Il palladio ha guadagnato lo 0,3% a 1.076 dollari.

Oro quali sono motivazioni dell’aumento dei prezzi

Quali sono le motivazioni che sono dietro all’aumento del prezzo dell’oro? Senza dubbio a condizionare le quotazioni sono i massicci acquisti effettuati dalle banche centrali a livello globale. Tramite questi istituti, gli Stati conservano molte riserve auree in modo da assicurarsi un prodotto finanziario solvibile in qualsiasi momento, soprattutto quando c’è una crisi economica o geopolitica.

Un esempio di quanto queste scorte siano importate è costituito dalla Russia, che, proprio nel momento in cui sta attraversando una crisi monetaria determinata dalla chiusura della sua principale fonte di valuta estera (la vendita di materie prime a causa delle sanzioni), ha iniziato ad acquistare oro.

Per contrastare questa situazione, la Banca Centrale Russa ha iniziato ad aumentare le proprie scorte di lingotti, che sono arrivate a superare in valore quelle dei dollari.

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La carenza di zucchero blocca la produzione di Coca Cola e PepsiCo in Cisgiordania

Coca Cola e PepsiCo lamentano carenza di zucchero e lattine in Cisgiordania a causa di un blocco nella catena di approvvigionamenti.

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La carenza di zucchero blocca la produzione di Coca Cola e PepsiCo in Cisgiordania

In Cisgiordania c’è carenza di zucchero e di lattine, che sono rimasti bloccati presso un valico di frontiera in Giordania. A lamentarsi della carenze sono gli imbottigliatori di PepsiCo e Coca Cola, che hanno due stabilimenti di bibite nei territori palestinesi occupati.

La catena di approvvigionamento in Medio Oriente si è fatta sempre più complicata a seguito dell’esplosione del conflitto. Soprattutto a seguito della chiusura di un importante valico commerciale sul ponte di Allenby, che è in gran parte chiuso da inizio settembre. A determinare lo stop è stato un uomo armato giordano che ha sparato ed ucciso tre civili israeliani. E adesso inizia a sentirsi la carenza di zucchero.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa stia accadendo.

Manca lo zucchero per PepsiCo e Coca Cola

Hatim Omari – direttore di uno stabilimento che imbottiglia Pepsi, 7UP e Mirinda per la vendita nei territori palestinesi e nei paesi limitrofi – spiega che le bottiglie e lo zucchero venivano sempre trasportati dalla Giordania fino alla Cisgiordania attraverso il ponte che è stato chiuso. Da questo valico i rifornimenti erano sempre puntuali. La PerpsiCo ha uno stabilimento a Jericho, che in questo momento ha esaurito i materiali per le sue bevande analcoliche in lattina. Al momento non è in grado di ricevere delle nuove spedizioni di zucchero o lattine. Lo zucchero proveniva dall’Arabia Saudita.

Nella stessa situazione spiega di trovarsi Imad Hindi – direttore generale della National Beverage Company, un imbottigliatore di Coca Cola con sede a Ramallah – che oltre a lamentare la mancanza di zucchero e lattine, afferma di essere a corto di alcuni gusti di bibite analcoliche.

In un messaggio su WhatsApp, Hindi ha spiegato che se la situazione dovesse continuare in questo modo, la maggior parte degli operatori del settore privato arriveranno ben presto ad un punto morto, nel quale non saranno più in grado di lavorare.

Sia la Coca Cola che PepsiCo non hanno rilasciato dei commenti. Ad ogni modo è importante sottolineare che i due imbottigliatori fanno capo ad aziende separate, ma spesso e volentieri le società statunitensi si appoggiano su imprese locali delle quali detengono delle quote azionarie.

I problemi di approvvigionamento in Medio Oriente

La mancanza di zucchero e di bottiglie è solo uno degli ultimi problemi che hanno determinato le interruzioni della catena di fornitura a causa del conflitto in Medio Oriente. Gli attacchi degli Houthi alle navi cargo nel Mar Rosso hanno spinto alcune aziende di consumo globali a dirottare le loro merci dall’Asia per navigare intorno all’Africa.

Paul Musgrave, professore associato di governo alla Georgetown University in Qatar, ha spiegato che da Beirut all’Iran a Gaza, è davvero difficile gestire un’attività normale e nessuno ne è immune. Per lavorare le aziende hanno bisogno di zucchero, di lattine, di persone e di elettricità: tutto questo sta subendo un interruzione.

Secondo Hindi, direttore dell’imbottigliatore di Coca Cola in Cisgiordania, i costi per fare affari nei territori palestinesi sono circa cinque volte superiori rispetto ai paesi limitrofi.

Presso il franchising di imbottigliamento PepsiCo, che in precedenza produceva 60 milioni di litri di bevande all’anno, la produzione è scesa di circa il 35%. Senza lattine, continua a usare bottiglie di plastica, ma ha detto che i margini sulle bevande in bottiglia di plastica sono più bassi.

L’elevata disoccupazione nella densamente popolata Cisgiordania, dove la PepsiCo è la cola dominante compromette la possibilità delle famiglie locali di acquistare le bevande. Ora lo stabilimento lavora un turno al giorno per i suoi 200 dipendenti, anziché tre in precedenza, ha aggiunto Omari.

Oltre alla carenza di forniture, i boicottaggi dei marchi statunitensi come la Coca Cola e Pepsi hanno danneggiato le vendite delle aziende nei paesi a maggioranza musulmana, dove alcuni consumatori evitano le bevande analcoliche.

Ramon Laguarta, CEO di PepsiCo, nei giorni scorsi ha spiegato, in una call con gli investitori, che le tensioni geopolitiche hanno influenzato l’attività dell’azienda in Medio Oriente. Secondo Laguarta non cambierà nei prossimi mesi.

Il 23 ottobre la Coca Cola pubblicherà i suoi risultati finanziari per il terzo trimestre del 2024.

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Petrolio, il sentiment degli investitori europei è rialzista. WTI scambiato a 73,5 dollari al barile

Il sentiment sul petrolio degli investitori europei è rialzista. La posizione è emersa da una serie di dati ben precisi diffusi da alcuni esperti.

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Petrolio, il sentiment degli investitori europei è rialzista. WTI scambiato a 73,5 dollari al barile

Riflettori puntati sul petrolio: stando ai dati mensili Serix di Spectrum Markets, il sentiment sarebbe rialzista verso i due principali indici del petrolio greggio, per i quali a settembre è stato registrato 111 per il WTI e 108 per il Brent.

Le preoccupazioni relative all’approvvigionamento e le tensioni in Medio Oriente hanno determinato, almeno dal mese di giugno 2024 in poi, un costante aumento del sentiment sul petrolio greggio.

Nel mese di settembre 2024 il 36,9% delle negoziazioni, almeno secondo i dati di Spectrum, sono avvenute al di fuori dei tradizionali orari di mercato europei.

Petrolio, in sentiment degli investitori europei

Spectrum Markets ha pubblicato i suoi dati sul sentiment Serix per gli investitori al dettaglio europei per settembre, rivelando un cambiamento positivo verso entrambi i principali indici del petrolio greggio: WTI e Brent, rispettivamente a 111 e 108.

Ciò che spicca a settembre è il costante trend al rialzo del sentiment Serix sul petrolio greggio iniziato a giugno 2024, in concomitanza con l’escalation delle tensioni in Medio Oriente. Questo trend sembra essere guidato dall’instabilità geopolitica, alimentando l’ansia del mercato per le carenze di offerta e i relativi aumenti dei prezzi.

Michael Hall, Head of Distribution presso Spectrum Markets, spiega che il sentiment degli investitori al dettaglio sta mostrando una chiara tendenza al rialzo in linea con l’aumento dei prezzi del petrolio. L’instabilità geopolitica in Medio Oriente ha indubbiamente giocato un ruolo significativo, alimentando preoccupazioni su potenziali interruzioni dell’approvvigionamento, che si sono riflesse nelle prospettive rialziste per il petrolio greggio.

Secondo Hall il costante aumento dei valori Serix sia per WTI che per Brent evidenzia un cambiamento di sentiment, poiché gli investitori guardano al petrolio come a un asset chiave in mezzo a più ampie incertezze di mercato. Con il mercato energetico che continua a sperimentare volatilità, ci aspettiamo che questo interesse per il petrolio greggio persista.

Petrolio, i dati Serix di settembre

Il valore Serix indica il sentiment degli investitori al dettaglio: un numero superiore a 100 indica un sentiment rialzista, mentre un numero inferiore a 100 indica un sentiment ribassista.

A settembre 2024, il fatturato del portafoglio ordini su Spectrum è stato di 242,4 milioni di euro, con il 36,9% delle negoziazioni avvenute al di fuori dei mercati tradizionali ore (ad esempio, tra le 17:30 e le 9:00 CET).

Il turnover del portafoglio ordini è stato distribuito tra vari asset sottostanti come segue: 78,1% su indici, 3,5% su coppie di valute, 11,9% su materie prime, 3,4% su azioni e 3,1% su criptovalute. I primi tre mercati sottostanti negoziati sono stati Nasdaq 100 (27,8%), Dax 40 (24,8%) e Dow 30 (13,4%).

Esaminando i dati Serix per i tre principali mercati sottostanti, il Nasdaq 100 è passato da neutrale a rialzista a 101, mentre sia il Dow 30 che il Dax 40 sono rimasti ribassisti a 98.

Per quanto riguarda il petrolio, Saverio Berlinzani, Senior Analyst di ActivTrades, spiega che i future sul greggio WTI sono scesi a 73,5 dollari al barile questa notte, accelerando il calo rispetto alla sessione precedente, appesantiti dalle preoccupazioni sulle prospettive economiche della Cina, uno dei principali importatori di greggio. I dati del fine settimana hanno mostrato che le pressioni deflazionistiche della Cina si sono intensificate, e permangono rischi e preoccupazioni sui rischi di decrescita.

Secondo Berlinzani, un’ulteriore pressione sui prezzi deriva dal calo della domanda globale e dalla forte crescita dell’offerta. Tutto questo, nonostante le persistenti preoccupazioni sul fronte geopolitico, che potrebbero risollevare i prezzi dell’oro nero.

I prezzi dell’oro, invece, sono saliti nelle prime ore di lunedì – spiega Ricardo Evangelista, Senior Analyst di ActivTrades – toccando un massimo di dieci giorni. Nonostante le mutevoli aspettative sui tagli ai tassi della Federal Reserve, la domanda di metallo prezioso continua a essere sostenuta da acquisti rifugio, alimentati dall’instabilità geopolitica in Medio Oriente e dalle persistenti preoccupazioni sulla performance economica della Cina.

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Litio, la sovraproduzione cinese ne ha fatto crollare i prezzi. Una politica che si rivolta contro la stessa Pechino

La sovraproduzione cinese ha avuto un impatto immediato sui prezzi del litio, che sono scesi drasticamente. Ma la politica ha delle conseguenze per la stessa Pechino.

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Litio, la sovraproduzione cinese ne ha fatto crollare i prezzi. Una politica che si rivolta contro alla stessa Pechino

Obiettivo abbassamento delle quotazioni del litio. Possiamo sintetizzare in questo modo la politica commerciale attuata dai produttori cinesi, che stanno provocando un vero e proprio calo dei prezzi, con l’intento di eliminare i progetti dei concorrenti. A renderlo noto è un alto funzionario statunitense citato da Reuters, che in questi giorni è in viaggio in Portogallo, un paese in cui ci sono ampie riserve di litio.

Nel corso di una briefing che si è tenuto ieri, lunedì 7 ottobre 2024, Jose Fernandez, sottosegretario per la crescita economica, l’energia e l’ambiente del Dipartimento di Stato statunitense, ha affermato che la Cina starebbe producendo molto più litio di quanto sia necessario in questo momento.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo.

Litio, la Cina produce più di quanto sia necessario

Ma cosa sta accadendo in questo momento. E perché l’attenzione della maggior parte degli osservatori è rivolta proprio al litio? Jose Fernandez ha spiegato che quella messa in atto da Pechino è, a tutti gli effetti, una risposta intenzionale a quanto gli Stati Uniti stanno cercando di fare attraverso l’Inflation Reduction Act, uno dei più importanti pacchetti di investimento per il clima e l’energia della storia degli Usa, che è valutato oltre 400 miliardi di dollari.

Secondo Fernandez la Cina si sta impegnando in prezzi predatori, abbassando i prezzi in modo da annullare e far scomparire del tutto la concorrenza.

In questo momento la Cina rappresenta circa due terzi della produzione chimica di litio al mondo. Ricordiamo che questa commodity viene utilizzata principalmente nelle batterie, comprese quelle delle auto elettriche. Nel corso dell’ultimo anno, i prezzi del litio sono scesi dell’80%: a determinare questo crollo delle quotazioni è principalmente la sovrapproduzione cinese e il calo della domanda di veicoli elettrici. Il crollo dei prezzi, ad ogni modo, ha colpito anche la stessa Cina, perché molte aziende – tra le quali il gigante delle batterie CATL – sono state costrette a sospendere la produzione in alcune miniere.

L’impatto della riduzione del prezzo del litio

L’Unione europea ha intenzione di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di litio e di altri minerali necessari per la transizione verde. Soprattutto quando provengono dalla Cina e da altri paesi.

Il prezzo basso del litio, secondo Fernandez, limita la capacità di diversificare le catene di fornitura su vasta scala globale. Ma soprattutto danneggia alcuni paesi – come il Portogallo – che hanno bisogno di una serie di investimenti per sviluppare queste industrie. Il calo dei prezzi ha costretto molti produttori mondiali di litio a ridurre la produzione e a tagliare posti di lavoro.

Il Portogallo, con circa 60.000 tonnellate di riserve note, è già il più grande produttore europeo di litio, tradizionalmente estratto per la ceramica.

Insieme alla vicina Spagna, il Paese vuole sfruttare i giacimenti locali di litio, puntando a coprire l’intera filiera, dall’estrazione e raffinazione alla produzione di celle e batterie, fino al riciclaggio delle batterie. Diverse società minerarie in Portogallo sono alla ricerca di finanziamenti, clienti e fornitori per avviare i loro progetti.

Fernandez ha spiegato che l’intenzione è quella di aiutarli e ritiene di poterlo fare. Le aziende minerarie del litio, ovunque esse siano, devono sopravvivere a questa fase difficile, creata dai prezzi predatori.

A giugno, il premier cinese Li Qiang ha utilizzato il suo discorso al World Economic Forum di Dalian per rispondere alle accuse degli Stati Uniti e dell’Unione Europea secondo cui le aziende cinesi traggono vantaggio da sussidi ingiusti e sono pronte a inondare i loro mercati con tecnologie verdi a basso costo.

Le tensioni commerciali si sono intensificate venerdì scorso quando l’Unione Europea ha dichiarato che avrebbe continuato a imporre pesanti dazi sui veicoli elettrici fabbricati in Cina per contrastare quelli che considera sussidi cinesi ingiusti, dopo un’indagine anti-sovvenzioni durata un anno. Martedì la Cina ha imposto misure anti-dumping temporanee sulle importazioni di brandy dall’UE.

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