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ONU: servono $2.4 triliardi per la transizione climatica

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Non ci sono dubbi sul fatto che la transizione climatica richieda degli investimenti, ma quanti? Questa è la domanda a cui oggi Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico, ha cercato di rispondere. Lo ha fatto in occasione di un incontro istituzionale con gli studenti di Baku, capitale dell’Azerbaijan, dove l’ONU ha stabilità che si terrà il prossimo COP 29. Il focus di quest’anno sarà proprio il finanziamento della transizione climatica, cercando di stabilire dei nuovi piani d’impegno a livello globale per aiutare soprattutto i paesi emergenti con le necessità del loro processo di decarbonizzazione.

La missione però non sarà semplice, considerate le cifre di cui si sta parlando. Secondo Stiell, per passare a un’economia totalmente sostenibile dal punto di vista climatico sarebbero necessari $2.4 triliardi. Una cifra spaventosa, persino per l’economia globale: si tratta di circa il 3% del PIL di tutto il mondo. Ed è una cifra da interpretare in maniera asimmetrica, dal momento che non tutti i paesi possono permettersi di contribuire in egual maniera. Pesano anche degli antecedenti poco incoraggianti, considerando che solo nel 2023 è stato raggiunto l’obiettivo di finanziare la transizione energetica con $100 miliardi all’anno: l’obiettivo era stato posto nel 2005 e avrebbe dovuto essere raggiunto nel 2020.

presentazione della notizia su ONU che chiede $2.4 triliardi per la transizione climatica
Dall’energia rinnovabile alla plastica, sono tante le aree che necessitano di finanziamenti

La cifra potrebbe essere più alta

Il segretario esecutivo delle Nazioni Unite ha precisato che la sua stima non tiene in considerazione la Cina. Non una notizia molto positiva, considerando che si tratta di una nazione con oltre 1 miliardo di abitanti e del più grande importatore di petrolio al mondo. Inoltre l’economia cinese è ancora fortemente dipendente dall’energia prodotta dal petrolio. I numeri diffusi da Stiell si basano su un report dell’ONU pubblicato a dicembre dall’High Level Expert Group dedicato alla finanza per l’ambiente. Stiell ha anche definito l’aspetto finanziario come l’elemento chiave della transizione climatica, il punto di pivot che può determinare il successo o il fallimento degli sforzi mondiali.

Per il segretario esecutivo, tutto l’anno dovrebbe essere speso cercando di creare i presupposti per un accordo storico al COP 29. Il suo grande obiettivo riguarda convincere le banche a triplicare i finanziamenti concessi per gli investimenti ambientali, e triplicare il capitale privato che gli stessi istituti di credito dedicano agli investimenti con un impatto climatico positivo. Per rimarcare l’importanza dell’argomento e l’urgenza degli interventi, Stiell ha dichiarato che le decisioni prese nei prossimi due anni determineranno quanto forti saranno gli effetti del cambiamento climatico nei prossimi vent’anni.

foto di un parco eolico
Le economie emergenti dovrebbero essere, in questo schema, le destinatarie di investimenti provenienti dalle economie avanzate

Da chi devono arrivare i finanziamenti?

Il problema di questo tipo di accordi rimane sempre lo stesso: distribuire l’impegno finanziario tra le diverse nazioni del mondo. Per le Nazioni Unite, a farsi carico degli investimenti dovrebbero essere le economie sviluppate. In nome delle difficoltà finanziarie già attraversate dai paesi emergenti, sarebbero soprattutto le nazioni del G8, l’Unione Europea e gli altri paesi ricchi a doversi impegnare per finanziare la transizione climatica in Africa, nel Sud-Est Asiatico, in Medio Oriente e in America Latina. Ma considerando che cifre molto più piccole stanno attualmente bloccando gli aiuti militari all’Ucraina e vicende di politica interna, sembra difficile che in questo specifico momento storico le economie avanzate possano giustificare politicamente degli investimenti di una portata così grande.

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