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Shutdown pesa per 0,3% PIL. Bond ok, azionario in possibile difficoltà

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Mancano virtualmente poche ore allo shutdown negli Stati Uniti, la non così rara circostanza che vede il governo federale degli Stati Uniti ridurre al minimo indispensabile le proprie attività, per questioni di finanziamento delle stesse. L’ultimo tentativo al Congresso non ha avuto gli effetti sperati, con la frangia Repubblicana più oltranzista che ha votato contro risoluzioni proposte dal proprio partito. Accordo per ora – a meno di sorprese nella notte – impossibile e shutdown che tra poche ore sarà operativo. Ci sono però delle differenze importanti, per i mercati, rispetto all’ultima volta che si paventò una possibilità del genere.

Questa volta – gli analisti sembrano concordi – a pagarne il prezzo potrebbe non essere la credibilità degli USA e del proprio debito pubblico, ma il sistema economico largamente privato. Uno shutdown, anche se di breve entità, potrebbe costare fino allo 0,3% di PIL, in una situazione già complicata per la crescita, anche a Washington. Lunedì 3 ottobre, alla riapertura dei mercati, si dovrà pertanto guardare a NYSE e NASDAQ per valutare l’impatto di questo evento ineluttabile.

Manca accordo USA per Shutdown
È all’azionario che bisogna guardare

Bond ok, preoccupazioni per l’azionario

Shutdown significa anche una contrazione importante della spesa complessiva negli Stati Uniti e di conseguenza una riduzione della domanda interna. Gli effetti questa volta – dato che in ballo non ci sono rifinanziamenti consistenti del debito – si avvertiranno principalmente sulle imprese private. E di riflesso sull’andamento di certe azioni che saranno maggiormente esposte a questo evento.

Questa sembra essere l’opinione maggioritaria tra gli analisti dei grandi giornali che si occupano di mercati e finanza. Opinione credibile, che però fa finta di non tenere conto dell’enorme questione politica che questa accompagna.

E che non tiene conto anche degli schieramenti presidenziali dei principali giornali statunitensi che si occupano di finanza e mercati. Proviamo a spiegarci: l’analisi democratica dell’evento vuole i repubblicani più oltranzisti responsabili di quanto sta accadendo. Le richieste avanzate sarebbero irragionevoli, così come sarebbe invece massima l’apertura di Joe Biden per un’eventuale accordo.

Lettura forse semplicistica – e che più che offrire letture finanziarie dell’evento ne offre di politiche, che pertanto poco dovrebbero interessare i mercati. Per capire come potrebbero muoversi le piazze azionarie lunedì, sarà il caso di fare ulteriori considerazioni che arrivano sempre dalle ultime notizie.

Colpe shutdown
La frangia repubblicana ritenuta responsabile

Lo shutdown potrebbe portare a una Federal Reserve più morbida

Parliamo ancora di tassi e di politiche monetarie. Federal Reserve è rimasta una delle poche banche centrali a mostrarsi almeno in pubblico hawkish: la possibilità di ulteriori rialzi è ancora sul tavolo, in particolare se non dovessero arrivare buoni segnali dall’inflazione.

L’altro fattore decisivo per Federal Reserve sarà lo stato dell’economia: se questa dovesse mostrarsi forte come negli ultimi mesi, ci sarà più spazio per ulteriori rialzi. Partendo da ciò, si può analizzare l’eventuale effetto shutdown e anche l’effetto degli scioperi a Detroit che presto potrebbero inasprirsi.

Se gli analisti, e non vi è motivo per dubitarne ora, hanno ragione sull’impatto sul PIL, Federal Reserve si troverebbe a fare i conti con un peggioramento del secondo criterio. E dunque potrebbe optare per politiche monetarie più morbide (mantenimento dello status quo sui tassi) che favorirebbero il mercato azionario.

Una situazione del genere andrebbe a fare da contraltare ai ribassi innescati da un calo della domanda interna.

Situazione di massima incertezza

La politica, per chi deciderà o meno di investire nelle prossime ore e nelle prossime sessioni di scambio, dovrebbe essere lasciata da parte. Si dovrebbe parimenti cercare di filtrare le analisi che circoleranno nelle prossime ore lasciando fuori simpatie o antipatie per l’attuale governo USA.

Farlo sarà difficile: per noi saranno decisive le prossime ore, senza che l’attribuzione di colpe possa avere effetti sui mercati che siano concreti.

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