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Venezuela, anche senza sanzioni l’output di petrolio è basso

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Il mese scorso gli Stati Uniti hanno rimosso le loro sanzioni sul Venezuela, per lo meno per quanto riguarda la produzione e la commercializzazione di oro e petrolio. Questa avrebbe dovuto essere la svolta per un mercato segnato da un eccesso di domanda e bassa offerta. Il Venezuela non è un membro OPEC, e avendo un’economia al collasso dovrebbe avere tutto l’interesse a riprendere la produzione il più velocemente possibile. Ma le nuove stime della International Energy Agency (IEA) rivelano una situazione piuttosto diversa, segnata in realtà da un livello di output che rimarrà estremamente basso almeno fino alla fine del 2024. Addirittura, il Venezuela rimarrà a tutti gli effetti un importatore netto.

Pur avendo necessità di moneta estera e di una ripresa economica, il Venezuela non è attualmente in grado di produrre di più. Anni di sanzioni hanno decimato la produzione di petrolio. Attualmente il governo di Caracas ha un obiettivo di produzione di 1 milione di barili al giorno, ma è ancora oltre il 20% al di sotto di questo livello. Secondo le nuove stime della IEA, l’aumento nel corso dei prossimi 12 mesi potrebbe essere del 10-15% nella migliore delle ipotesi. Nel frattempo, non mancano i dubbi legati al fatto che gli USA potrebbero reimporre le sanzioni appena rimosse già nel corso delle prossime settimane.

presentazione della notizia su stime IEA su produzione di petrolio in Venezuela

Grandi problemi per la produzione venezuelana

Il Venezuela è teoricamente il paese con le più grandi riserve di petrolio al mondo, una risorsa che ha garantito ricchezza e influenza a questa nazione fino agli anni ’90. Corruzione e politiche sbagliate hanno poi portato a una forte contrazione della produzione, peggiorata dalle sanzioni statunitensi imposte al governo di Caracas per essere una dittatura fortemente osteggiata da gran parte della popolazione. Il paese è entrato in una spirale inflazionistica già anni fa, una situazione che non è migliorata -se non marginalmente- e ha portato a un aumento drastico della delinquenza e dell’emigrazione dei cittadini venezuelani.

Tutto questo fa sì che attualmente il Venezuela non abbia pozzi né imprese pronti a esportare petrolio. Inoltre le società internazionali hanno abbandonato il mercato locale in seguito all’introduzione delle sanzioni, che sono state instaurate dall’amministrazione Obama e rese più forti dall’amministrazione Trump. La IEA stima che il Venezuela riuscirà a produrre 200.000 barili in più alla fine del 2024 rispetto a oggi. Questo significa che, in termini di offerta di mercato, ci saranno poche differenze rispetto a oggi. Soltanto i tagli volontari alla produzione che l’Arabia Saudita sta applicando in questo momento valgono 300.000 barili al giorno, a cui si sommano altri 100.000 barili al giorno del taglio volontario della produzione in Russia.

foto di barili di petrolio con la bandiera venezuelana

Dubbi sulla tenuta della situazione politica

Gli Stati Uniti hanno concluso un accordo con il Venezuela che prevede accordi molto precisi. Caracas avrà la possibilità di estrarre petrolio e commercializzarlo a livello internazionale, oltre a poter tornare a raccogliere investimenti in dollari. Al tempo stesso, però, il governo dovrà garantire libere elezioni nel 2024 e lasciare che l’opposizione scelga il proprio candidato attraverso delle primarie trasparenti. Il processo politico per le primarie ha preso avvio la settimana scorsa, ma i risultati non sono stati quelli che gli Stati Uniti si aspettavano. Il governo ha infatti sospeso il risultato delle elezioni, scatenando l’ira di Washington che ha immediatamente dichiarato di star riconsiderando la sua posizione sulle sanzioni.

Sembra che la Casa Bianca abbia come assoluta priorità il rispetto dei patti, soprattutto considerando che il Venezuela potrà fare poco per calmierare il mercato del petrolio. Di conseguenza, Maduro si trova a un bivio: da una parte la possibilità di coltivare un accordo economico che sarebbe estremamente importante per il paese; dall’altra il rischio di perdere il potere dopo decenni di dittatura, molti dei quali passati incolpando gli Stati Uniti dei problemi dell’economia venezuelana. Una cosa è chiara: se le elezioni non saranno trasparenti, le sanzioni verranno reimposte una seconda volta senza bisogno di negoziati.

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