Azioni News
GM si adatta ai caricatori Tesla e Wall Street approva
General Motors ha deciso di adottare per il mercato nord-americano gli stessi caricatori utilizzati da Tesla. I modelli del gruppo saranno in grado di utilizzare la rete di Tesla Supercharger e le altre infrastrutture del gruppo Tesla, una mossa che Wall Street ha approvato: in seguito alla notizia, per la quale è già stato trovato un accordo ufficiale, sia le azioni di GM che quelle di Tesla sono schizzate in Borsa. La scelta arriva dopo che Ford aveva da poco annunciato la stessa decisione, portando così tutti e tre i principali produttori di auto statunitensi a utilizzare la stessa rete di ricarica. La società di Elon Musk approfitta del suo vantaggio del pioniere, mentre i concorrenti assicurano ai loro clienti di poter trovare stazioni di ricarica sparse per tutto il territorio nazionale.
Questa decisione non fa bene soltanto alle singole azioni, ma anche al comparto degli EV nel suo insieme. Ora i consumatori saranno più incentivati a comprare un’auto elettrica, sapendo che il problema della ricarica diventerà molto più facile da gestire. L’accordo è di tale portata che a darne la notizia sono stati direttamente Elon Musk, CEO di Tesla, e il CEO di General Motors Mary Barra. Considerando che nel frattempo gli Stati Uniti hanno festeggiato un nuovo record di installazioni di pannelli solari nel primo trimestre, il 2023 si sta confermando come un anno di grande stimolo per la transizione ecologica americana.
Celebrazione condivisa per la novità
Le dichiarazioni dell’amministratore delegato di General Motors sono state entusiaste. Barra ha sottolineato che questa collaborazione è stata fortemente voluta da entrambi i gruppi industriali, dal momento che produrrà vantaggi per GM quanto per Tesla. Ha voluto evidenziare anche che i 12mila supercharger che Tesla ha collocato tra Stati Uniti e Canada saranno un grande valore aggiunto per i propri clienti, che fino a questo momento sono stati poco serviti dai sistemi di ricarica rapida. Per Tesla, invece, significa diventare il leader de facto del mondo delle stazioni di ricarica in America del Nord.
Affinché tutto questo prenda forma sarà comunque necessario far passare del tempo. Soltanto nel 2024 ai clienti di General Motors verrà fornito un adattatore per poter approfittare dei supercharger. Dal 2025 in avanti, salvo che il progetto non subisca ritardi, i nuovi modelli saranno invece già equipaggiati con sistemi di ricarica analoghi a quelli impiegati da Tesla. L’amministratore delegato di Ford, Jim Farley, aveva fatto una dichiarazione analoga il mese scorso. Bisognerà ora vedere quali saranno gli effetti sulle vendite, ma per il momento sia le azioni GM che quelle Tesla hanno avuto una performance positiva subito dopo l’annuncio.
I vantaggi dello standard condiviso
Uno dei problemi principali del settore delle auto elettriche è la necessità di avere a che fare con diverse infrastrutture di ricarica. In questi primi anni di grande fermento del settore, ogni produttore ha deciso di andare per la propria strada. Questo significa spesso accettare di usare costosi convertitori, velocità di ricarica più lente o semplicemente limitarsi ad aspettare di ritornare a casa -sempre che sia un’opzione praticabile con l’autonomia- per ricaricare la propria auto. Lo stesso è avvenuto, con minor effetto, con i cavi USB per la ricarica dei dispositivi mobili nei primi anni dell’elettronica di consumo.
Standardizzare gli attacchi della corrente tra più automobili produce vantaggi per tutti. I consumatori non devono più complicarsi la vita, i produttori non devono competere per mettere stazioni di ricarica nello stesso posto, chi si specializza nelle sole centraline di ricarica può concentrarsi su un solo prodotto -abbassandone i costi- e il mercato nel suo complesso ne beneficia. Anche sul fronte politico, considerando che l’amministrazione Biden ha fatto della transizione energetica una grande priorità, non ci sono dubbi sul fatto che questa notizia sarà accolta con un certo entusiasmo.
Investimenti
Intel: al via i colloqui per prossimo CEO. I mercati affossano il titolo: -6%
Intel: partono i colloqui per il nuovo CEO. Si parte dall’esterno. In lizza anche CEO di Marvell.
Il caos interno a Intel dopo l’allontanamento del CEO fa perdere al titolo quasi il 6% in una singola seduta, all’interno della stessa sessione di scambi che ha visto invece il rivale più inarrivabile, Nvidia, che ha guadagnato l’+1,15%. A pesare è una situazione difficile per quanto riguarda la scelta della futura guida dell’azienda. Azienda che ha bisogno di recuperare un gap importante verso TSMC, e verso altri rivali per il momento però in un’orbita assolutamente inarrivabile.
Intanto cominciano a circolare i primi nomi: il board di Intel avrebbe già avviato i contatti con Matt Murphy di Marvell Technology e Lip-Bu Tan, un tempo in forza a Cadence Design Systems. Si starebbe dunque cercando all’esterno dell’azienda, per una notizia che però i mercati hanno interpretato in senso negativo. Ad aiutare le ricerche ci sarebbe la società Spencer Stuart, che sarebbe pronta a proporre anche altri candidati. Conseguenze di un’espulsione di fatto di Pat Gelsinger che pur ufficialmente ritiratosi per conto proprio, è stato costretto alle dimissioni dopo tre anni dai risultati alterni e con l’azienda che da inizio anno ha perso più del 50% della capitalizzazione in borsa.
Un cammino difficile
Mentre il ruolo di CEO è rivestito ad interim dal CFO e dalla vice-presidente esecutiva del gruppo, si apre ufficialmente la fase più difficile degli oltre 50 anni di storia del produttore che è stato per una lunga fase della sua vita il più rilevante del settore microprocessori. Un gruppo in difficoltà da anni a causa della concorrenza dei gruppi del Lontano Oriente come TSMC e anche per inadeguatezza della propria piattaforma per quelle che sono state le principali evoluzioni del mercato tecnologico degli ultimi anni, principalmente i dispositivi mobili come smartphone e tablet.
Nei prossimi giorni con ogni probabilità verranno aggiunti altri nomi alla lista di papabili alla guida dell’azienda più scottante di tutti i listini USA, forse l’unica delle top che non si è goduta una stagione di grande spessore di tutto il settore tech.
Investimenti
Intel: via il CEO dopo uno psicodramma con il board. Dopo 3 anni si cambia
Il CEO di Intel messo alle strette prima del ritiro. Si consuma una guerra ai massimi livelli del board.
Una storia di quelle buone per i thriller finanziari. Secondo fonti anonime ma informate dei fatti, si sarebbe consumato uno psicodramma in una recente riunione, la scorsa settimana, ai massimi vertici di Intel. La decisione che ne sarebbe venuta fuori – in un contesto aziendale di grande difficoltà – è stata quella dell’allontanamento del CEO Pat Gelsinger, al quale sarebbe stata offerta l’opzione pensionamento o allontanamento. A decidere un board che ha perso fiducia nelle capacità del manager di colmare un gap con NVIDIA che si è fatto enorme è che frutto di scelte – con il senno di poi – sbagliate da parte di quello che un tempo era il gigante dei chip su scala mondiale.
La scelta di Pat Genslinger è stata quella di annunciare il suo addio all’azienda, con David Zinsner e Michelle Johnston Holthaus, rispettivamente CFO e vice presidente esecutivo del gruppo che serviranno come CEO per il periodo di transizione. Questo secondo quanto è stato riportato anche da un annuncio ufficiale del gruppo. La reggenza Gelsinger si chiude dopo tre anni dagli umori alterni: accolto come un salvatore della patria, con un buon progetto per riportare Intel al centro del mondo chip, viene allontanato nel peggiore dei modi. Pesano anche le enormi distanze con TSMC, ormai azienda che genera volumi di vendita più importanti e che è anche maggiormente destinataria di attenzioni governative che si traducono poi in sussidi.
Gli investitori prima festeggiano, poi…
Il titolo Intel ha aperto in forte rialzo, salvo poi correggere per avviarsi ad una chiusura in negativo, all’interno di una giornata di forte volatilità per le azioni del gruppo. Dopo aver scambiato anche sopra i 25$ ad inizio sessione, il titolo ha pesantemente corretto per avviarsi ad una chiusura sotto i 24$, al di sotto anche del prezzo di chiusura della scorsa settimana.
Per il gruppo, nonostante l’entusiasmo poi rientrato per la novità alla guida, si preannuncia un periodo duro e enormi difficoltà nel colmare un gap che è diventato molto ampio nei confronti di altre aziende che oggi sono al vertice della produzione di chip.
Il titolo da inizio anno ha perso oltre il 50% del suo valore di mercato, segnale inequivocabile di difficoltà ormai evidenti anche sotto la gestione Gelsinger.
Investimenti
Stellantis, come si dovrà muovere il successore di Tavares per rilanciarla
All’indomani delle dimissioni di Carlos Tavares da Co di Stellantis appare chiaro quali debbano essere le mosse del nuovo amministratore delegato.
Carlo Tavares ha dato le dimissioni da amministratore delegato di Stellantis nella serata di ieri, 1° dicembre 2024, a Borse chiuse. La domanda che si pongono a questo punto analisti ed investitori è quali possano essere le strategie future del colosso automobilistico. E quale strada deciderà di intraprendere il nuovo Ceo.
Il futuro di Stellantis è quanto mai importante per l’Italia: principale produttore automobilistico del nostro paese, grazie al quale riescono a vivere migliaia di fornitori. Tra personale dipendente diretto e lavoratori impiegati nell’indotto, sono molte le famiglie che lavorano grazie a questa azienda.
Questi sono i motivi per i quali i riflettori sono puntati su Stellantis, un gruppo sulla carta nato dalla fusione tra FCA e Peugeot, ma diventato sempre più a trazione francese. A preoccupare, inutile dirlo, è il momento quanto mai delicato per tutto il settore dell’automotive: un’industria che sta attraversando una crisi di dimensioni enormi, penalizzate dalle vendite troppo basse. I veicoli elettrici non riescono a decollare e le termiche che a partire dal prossimo anno inizieranno a non essere prodotte per non rischiare di essere soffocati dalle multe Cafe per le emissioni di Co2.
Chi sostituirà Tavares alla guida di Stellantis
Carlos Tavares ha rassegnato le dimissioni da Ceo di Stellantis. Immediatamente è partito il toto nomine, anche se al momento non c’è ancora nulla di certo scritto sulla carta. Si parla di un avvicendamento interno, che potrebbe vedere alla guida del colosso italo-francese Olivier Francois o Jean-Philippe Imparato. C’è chi prova a sbilanciarsi a vedere alla guida di Stellantis Luca de Meo, attuale Ceo di Renault e artefice del suo rilancio (unico gruppo automobilistico a non aver lanciato un profit warning).
Con ogni probabilità il successore di Tavares potrebbe essere maggiormente impegnato nella nascita dell’Airbus dell’automotive, uno dei cavalli di battaglia di de Meo. All’orizzonte si potrebbe vedere anche un consorzio: non una fusione, ma una collaborazione un po’ più estesa.
Di certo Stellantis – come tutti gli altri produttori europei – deve affrontare uno dei momenti più difficili della sua storia. I colossi cinesi stanno guadagnando terreno, nonostante i dazi e i freni che sono stati posti a livello europeo. Ora come ora i grandi costruttori non possono più muoversi in ordine sparso: è necessario mettere sul piatto delle strategie e soprattutto superare eventuali tentennamenti. È necessario avere una visione tecnologica ben precisa e riuscire ad affrontare le scelte ecologiche insostenibili, che negli ultimi anni hanno contribuito ad innescare un disastro industriale.
Stellantis e gli altri produttori europei dovranno riuscire a mettere al centro il prodotto: ma sono necessarie delle sinergie e tenere i costi sotto controllo. E possono farlo solo mettendo insieme le risorse. In termini pratici dovranno riuscire a condividere tra i gruppi le piattaforme e i sistemi digitali. Ma anche le batterie e la tecnologia. Senza per questo arrivare a produrre dei modelli che siano l’uno la fotocopia dell’altro.
Cosa dovrà fare il nuovo Ceo
Come si dovrà muovere il nuovo Ceo di Stellantis? E come dovrà essere gestita l’eredità di Carlos Tavares? In agenda, sicuramente, ci dovrà essere la crisi e il rilancio delle vendite. Dovrà essere deciso quali marchi portare avanti e quali dovranno essere spenti definitivamente.
L’Abarth elettrica, ormai lo hanno notato tutti, è diventata un vero e proprio flop: i numeri sono piccoli e dimostrano come il traino della Fiat 500 elettrica si sia fermato. Ds non funziona a livello europeo e Lancia Ypsilon è in bilico.
Quelli che abbiamo fatto rappresentano solo alcuni esempi. Sicuramente uno dei problemi più grandi è rappresentato da Maserati, che il nuovo Ceo di Stellantis potrebbe decidere di vendere. Alfa Romeo, Peugeot, Fiat e Jeep, invece, hanno dei solidi prodotti e una serie di nuovi modelli, in parte dei quali Made in Italy, in arrivo.
Per quanto riguarda le piattaforme, il successore di Tavares avrà un bel po’ da fare in Stellantis. Ci sono tre architetture modulari multi energia pronte e una sta arrivando. A queste si aggiungono le piattaforme e le tecnologie che arrivano dai cinesi: un bel po’ di cose da fare e mettere in pista, in modo che Stellantis non rimanga fuori dai giochi.
Investimenti
S&P: chiusura sopra i 6.000$. È nuovo record, mentre i mercati prezzano rallentamento taglio ai tassi
Arriva un nuovo record per SPX500: novembre è il miglior mese del 2024 per il principale indice delle borse USA.
Le azioni sulle piazze USA chiudono un novembre che fino ad oggi è stato il migliore mese dell’anno. Chiusura che è arrivata nella sessione ridotta che è tipica del Black Friday, il venerdì subito successivo al Giorno del Ringraziamento. Nuovo record per S&P 500, per un mese che ha ricevuto un grande aiuto dalle elezioni USA, storicamente favorevoli per i mercati azionari a prescindere da chi esce vincitore dalle urne. Una settimana di incrementi relativamente modesti – di circa l’1% – che si aggiunge però già a un 2024 ricco di record. Entusiasmo alle stelle, nonostante i mercati abbiano iniziato a prezzare, correttamente, un cammino più lento per i tagli ai tassi negli Stati Uniti.
I mercati hanno apprezzato la nomina di Scott Bessent al Tesoro USA, che da gestore di fondi hedge viene percepito come personalità vicina ai mercati, ai loro bisogni e eventualmente alle loro richieste. Tutto questo in una settimana relativamente positiva anche per la conferma delle stime sul PIL del terzo trimestre e anche per i dati sui prezzi, rinforzati da un PCE che ha fatto registrare un +2,1%, in forte correzione rispetto alla lettura precedente.
Novembre da +5,7% a novembre
La crescita che è stata fatta registrare nel corso di novembre è stata la più importante dell’anno: 5,7% scaccia-crisi e che conferma che i mercati hanno iniziato a credere a Jerome Powell, sempre più ottimista (e scaramantico però) sulla possibilità di poter raggiungere un soft landing.
Di questioni sulle quali dovrà interrogarsi il mercato però nei prossimi giorni e nei prossimi mesi ce ne sono diverse: dall’inflazione, che potrebbe rimbalzare, passando per un mercato del lavoro che è stato resiliente fino ad oggi ma che potrebbe iniziare a presentare qualche segnale di difficoltà.
Per ora però il mercato sembra essere più preso dalle sirene rialziste della nuova presidenza, senza che neanche le dichiarazioni sui dazi pronti anche per i paesi alleati siano riusciti a invertire il trend e renderlo negativo.
Investimenti
Uber sotto inchiesta FTC: il servizio One avrebbe violato le leggi a protezione dei consumatori. Titolo brucia 1,5% dai massimi di giornata
Parte l’inchiesta sulle modalità di cancellazione dal servizio One, che FTC ritiene in violazione delle leggi.
La US Federal Trade Commission ha annunciato un’inchiesta nei confronti di Uber, per presunte violazioni delle leggi a protezioni dei consumatori per il suo servizio in sottoscrizione. Dietro le indagini di FTC ci sarebbero lamentele di diversi utenti che affermano di essere stati iscritti al programma senza il loro consenso e di aver incontrato anche difficoltà importanti nel bloccare il servizio. Le indagini a carico di Uber diventate pubbliche oggi sarebbero già in corso, secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, già da tempo, senza che però ci sia una data certa.
Il titolo non ha eccessivamente risentito della notizia, e si appresta a chiudere una sessione piuttosto scialba, in linea con una performance negativa sia di NASDAQ che di S&P 500, in una sessione pre-Ringraziamento priva di grandi e emozioni e di parziale correzione. Non sono stati ben digeriti i dati arrivati prima dell’avvio della sessione su PCE, PIL e richieste di sussidi di disoccupazione.
È Uber One la pietra dello scandalo
A far drizzare le antenne a FTC è stato il servizio Uber One, un servizio in abbonamento che permette di accedere a tariffe scontate e che per l’azienda vuol dire fidelizzare una clientela pagante e che utilizza di frequent il servizio. Il passaggio al servizio sarebbe stato però forzato per alcuni utenti, che poi hanno riportato alla stessa FTC difficoltà nell’annullare l’abbonamento. Cosa che secondo FTC potrebbe aver violato le leggi che negli USA esistono a tutela dei consumatori.
Anche Uber ha confermato la ricezione di richiesta di informazione e ha anche confermato la sua intenzione di collaborare pienamente con le richieste dell’agenzia governativa USA. Il nodo da sciogliere riguarderebbe le modalità di cancellazione dal servizio, che secondo Uber seguirebbe per filo e per segno ciò che è previsto dalla legge, con l’intero processo di cancellazione che non porterebbe via più di 20 secondi agli utenti.
Seguiranno aggiornamenti su eventuali evoluzioni delle indagini, che a quel punto potrebbero avere un impatto sull’andamento del titolo in borsa.
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