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Nessuno crede a BCE, che manda i falchi a parlare con la stampa

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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È il momento dei falchi, almeno per gli organi di stampa. Le principali testate mondiali che si occupano di finanza e di economia hanno dato voce, nelle ultime ore, alle preoccupazioni di Robert Holzmann, che è membro del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea e che guida, almeno secondo le indiscrezioni dei giornali e secondo le minute delle ultime riunione, il fronte dei falchi in seno a BCE.

Robert Holzmann non sembrerebbe però essere affatto preoccupato da questa sua reputazione, che anzi ha deciso di rinforzare con le sue ultime dichiarazioni. La Banca Centrale Europea, dice Holzmann, potrebbe ritoccare ulteriormente al rialzo i tassi di interesse se dovessero presentarsi le condizioni che lo richiedono. In altre parole: se l’inflazione non dovesse dare segni di rapido recupero del target del 2%, i falchi di Francoforte si faranno trovare pronti ad un’ennesima battaglia in seno al consiglio direttivo. Consiglio direttivo all’interno del quale – come vedremo – le sensibilità sono eterogenee.

Credibilità minimi
Credibilità ai minimi

BCE gioca la carta Holzmann per rendere credibili le sue minacce

C’è un antefatto alle dichiarazioni di Robert Holzmann: i mercati non hanno ritenuto credibili le minacce di Christine Lagarde e hanno al contrario prezzato un taglio dei tassi fino a 75 punti base per il prossimo anno, con un’inversione che è attesa a partire dal prossimo giugno. Una situazione che ha gettato nello sconforto Lagarde, che si è sfogata con i giornalisti sottolineando come nessuna delle parole pronunciate in conferenza stampa si riferisse a possibili tagli.

Peccato che i mercati l’abbiano pensata in altro modo, prezzando subito i tagli, ritenendo al tempo stesso il rialzo dei tassi annunciato in settimana come l’ultimo di questo ciclo di politiche monetarie restrittive. Un problema di credibilità che non dipende dallo status della governatrice, ma piuttosto da venti di pressioni politiche partite settimane fa e che si fanno più forti con le paure – aumentate – dell’arrivo della recessione.

Sarà anche per questo motivo che BCE ha mandato proprio Robert Holzmann a parlare con i giornalisti e con i giornali, diffondendo un messaggio hawkish e un avviso per i mercati: un’inflazione ancora elevata costringerebbe BCE a intervenire ancora al rialzo sui tassi. E se i mercati non hanno creduto a Lagarde, forse crederanno a Holzmann.

Francoforte è ancora culla di falchi?

Nella voliera di BCE tanti falchi quante colombe

La verità – che non è un mistero per nessuno in questo caso – è che nell’enorme voliera del consiglio direttivo di BCE le sensibilità sono molto diverse. Per ogni falco c’è almeno una colomba, con Lagarde che prova da settimana a camminare in equilibrio. Equilibrio reso precario dalle tante dichiarazioni politiche che spingono per il ritorno ad un’era di tassi bassi.

Per l’Italia ci ha pensato Antonio Tajani, da mesi il più vivace contestatore delle politiche di BCE, al quale si è aggiunto – non senza lo stupore di una parte della stampa – recentemente anche il sindaco di Firenze Dario Nardella, in un attacco alla Banca Centrale Europea che – in modo insolito – arriva anche da rappresentanti di realtà locali.

Oltre alle proteste italiane ci sono – come correttamente segnalato da Le Monde già in luglio – rivolte politiche che arrivano anche da Portogallo e Spagna che si sono già materializzate. E presto chissà se si aggiungerà il paese mancante per ricostituire quel gruppo dei PIGS che certamente non era etichetta lusinghiera per i paesi del gruppo.

La grande incognita rimane lo spostamento di altre sensibilità – in particolari quelle tedesche – verso posizioni più morbide. La crisi che attanaglia Berlino potrebbe essere il vero ago della bilancia, per quanto Robert Holzmann si sia mostrato convinto delle proprie posizioni da falco in un nido di falchi che ormai parla solo tedesco.

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