La lotta tra sindacati dei paesi scandinavi e Tesla non accenna a spegnersi e ora coinvolge anche diversi fondi, con la medesima collocazione geografica, che si sono già attivati per far valere le proprie ragioni. Una questione che si protrae da settimane e che dopo essere partita in Svezia si è allargata a Norvegia e Danimarca, principalmente i solidarietà con i lavoratori delle officine di riparazione Tesla in Svezia. Meglio, in solidarietà con la parte di meccanici e di addetti che hanno deciso di incrociare le braccia.
Una situazione che si è già espansa in modo rapido e che potrebbe – forse – allargarsi a quanto potrebbe davvero danneggiare gli affari di Tesla in Europa: la mega factory di Berlino, che è già nelle mire dei sindacati tedeschi e che – data l’enorme visibilità mediatica di Elon Musk – potrebbe essere un boccone assai ghiotto per i sindacati, anche al fine di ottenere pubblicità.
Musk “l’americano” si scontra con la cultura sindacalista del nord Europa
Qualcuno lo sta dipingendo come lo scontro di due modi di vedere il mondo. Quel qualcuno ha in genere i propri interessi e la propria storia in Europa e guarda alla questione, appunto, dall’angolo culturale. Il free marketer all’americana Elon Musk si sta scontrando con quella che è la più radicata – a livello mondiale – delle culture sindacali. Il problema di Musk con i sindacati in realtà non è concentrato in Europa: anche i suoi impianti produttivi negli USA non sono sindacalizzati e anche lì ci si appresta ad una dura lotta con UAW, la sigla che raccoglie i lavoratori del settore auto.
Abbiamo dato ampia copertura delle ultime vicissitudini del gruppo forse più importante per il settore delle auto elettriche – e le considerazioni che dovevano essere fatte sono state tutte pubblicate sulla nostra testata. Ad interessare ora, anche in ottica futura, è quanto ancora potrà allargarsi il problema scandinavo di Tesla. La cosa passerà da almeno due diversi binari.
Il problema con i fondi di investimento
La questione non è passata inosservata ai piani alti, anzi altissimi dei grandi fondi di investimento scandinavi e non. Sono 16, secondo quanto compilato da AP, i grandi investitori istituzionali che hanno scritto a Robyn Denholm, uno dei membri del board di Tesla. E tra questi c’è anche KLP, il più grande fondo pensione della Norvegia. All’interno di questo gruppo dei 16 c’è anche PensionDanmark. Lo stesso fondo ha venduto 70 milioni di dollari circa di azioni Tesla e ha annunciato il suo inserimento nella propria lista nera, almeno fino a quando non saranno risolti i conflitti che riguardano la contrattazione collettiva del gruppo.
Anche il fondo pensione degli insegnanti danesi ha venduto le proprie azioni tesla, citando l’impossibilità per lo stesso di andare contro i suoi principi.
Si tratta di posizioni non finanziariamente importanti, ma che sono comunque un segnale.
L’altro potenziale problema: la Germania
Se in Svezia è una questione che riguarda poche officine, in Germania le cose potrebbero andare diversamente, per quanto i sindacati locali non abbiano per ora organizzato nulla. Iniziano però a levarsi voci di un prossimo impegno, almeno ideale, nella vicenda. Tuttavia la questione sarebbe ben più importante in Germania, dove il gruppo ha aperto nel 2022 la sua prima gigafactory. La Germania, in aggiunta, è uno dei mercati più importanti per il gruppo e se la situazione dovesse complicarsi anche lì, ci sarebbero certamente problemi maggiori di quelli che il gruppo deve affrontare oggi.
Per le leggi tedesche non è possibile che i lavoratori tedeschi scioperino in solidarietà con quelli scandinavi, ma è comunque una questione che rimane sul tavolo – quella del peggioramento dei rapporti con il grande pubblico – e che dovrà essere affrontata.