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Il dollaro brilla e guadagna lo 0,49% rispetto allo yen. Tiene il passo dell’euro

Il dollaro torna a brillare nei confronti dello yen e tiene ben il passo con l’euro. Il mercato valutario è sotto i riflettori degli investitori.

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Il dollaro statunitense brilla, fermandosi al massimo delle ultime sette settimane. Gli investitori, in questi giorni, hanno deciso di rivalutare le proprie posizioni dopo la pubblicazione dei dati sull’occupazione negli Stati Uniti, che sono risultati positivi. A condizionare la decisione degli operatori, inoltre, sono i timori che le tensioni in Medio Oriente possano sfociare in un conflitto più ampio. Gli investitori hanno cercato dei porti sicuri .

Sotto i riflettori è finito il rapporto sull’occupazione di settembre, che ha messo in evidenza uno dei balzi più importanti delle buste paga non agricole degli ultimi sei mesi. Ma solo: è calato il tasso di disoccupazione e sono stati registrati dei solidi aumenti salariali. Per questi motivi i mercati hanno deciso di ridurre le scommesse su ulteriori importanti tagli dei tassi negli Usa. Ora come ora i mercati si aspettano che la Federal Reserve tagli i tassi d’interesse di 25 bps a novembre, invece dei previsti 50.

Il dollaro riprende a brillare

Stando allo strumento FedWatch di CME, i mercati, in questo momento, starebbero scontando una probabilità dell’85% di un taglio di un quarto di punto. Percentuale in aumento rispetto al 47% previsto una settimana fa. Una piccola probabilità – ferma allo 0,15% – prevede che non si verifichi alcun tipo di taglio.

Sostegno psicologico, inoltre, è arrivato dall’aumento del rendimento del benchmark Usa a dieci anni, che è stato superiore al 4% per la prima volta nell’arco di due mesi.

Il dollaro si è indebolito nei confronti dello yen giapponese: a pesare sono le parole di Atsushi Mimura, il principale diplomatico valutario giapponese, ha lanciato un avvertimento contro le mosse speculative sul mercato dei cambi.

Il cambio dollaro/yen è sceso dello 0,49% a 147,98, dopo aver toccato il massimo dal 15 agosto a 149,10 durante la notte.

Marc Chandler, capo stratega di mercato presso Bannockburn Global Forex a New York, spiega che il mercato è diventato cauto nel momento in cui ci si è avvicinati a 150 yen. Chandler, però, non crede che questa sia ancora una grande mossa.

L’euro ha perso solo lo 0,01% a 1,0975 dollari, risentendo della pressione esercitata dopo che gli ordini industriali tedeschi sono scesi più del previsto ad agosto, rafforzando i segnali che il settore manifatturiero nella più grande economia europea rimane in crisi.

Complessivamente, ad ogni modo, il tono è rimasto positivo nei confronti del dollaro. Nella stessa situazione si trovano anche le altre valute, che danno uno sguardo alle preoccupazioni del quadro geopolitico.

Brian Daingerfield, stratega del mercato dei cambi presso NatWest Markets, spiega che se si considerano alcune delle valute più sensibili al rischio nell’area del G10, si nota che il dollaro è generalmente più forte, ma molti dei tradizionali porti sicuri (yen, valuta svizzera e dollaro) hanno oggi performance relativamente superiori. Daingerfield ritiene che questo rifletta un leggero calo delle azioni e un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio, poiché i mercati stanno osservando molto attentamente gli sviluppi in Medio Oriente.

Dollaro e le altre valute internazionali

Il dollaro si è indebolito nei confronti del franco svizzero e si attestato a 0,854. Rispetto al biglietto verde si è anche indebolito il dollaro canadese che ha perso lo 0,37%, attestandosi a 1,36 per dollaro. 

La sterlina è scesa dello 0,25% a 1,3083 dollari. La scorsa settimana ha registrato il suo più grande calo giornaliero da aprile dopo che Andrew Bailey, governatore della Banca d’Inghilterra, è stato citato mentre affermava che la banca centrale potrebbe muoversi in modo più aggressivo per abbassare i costi di prestito.

Il dollaro australiano si è indebolito dello 0,6% rispetto al biglietto verde e il kiwi si è indebolito dello 0,63%.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Petrolio perde il 4,5% durante sessione USA: calma in Medio Oriente affonda il prezzo

Il petrolio offre una pessima performance sulle piazze durante la sessione USA.

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Petrolio rosso

Disastro petrolio, dopo gain per 5 sessioni consecutive. A pesare sulle quotazioni del greggio, che fanno registrare un -4,5% rispetto all’apertura USA, c’è il rallentamento dell’escalation del conflitto tra Israele e Iran, che sembrerebbe aver riportato il buonumore sulle piazze finanziarie e ridotto preoccupazioni che erano durate anche durante tutta la sessione asiatica. Preoccupazioni che certamente andranno valutate con un respiro più ampio e che potrebbero tornare a riaccendersi nel caso del ritorno del conflitto su livelli di maggiore intensità.

Per ora però il greggio WTI scarica una larga parte dei gain fatti registrare nel corso della precedente settimane e a nulla può anche un recupero dell’economia USA almeno secondo le previsioni che sono state fatte girare da GDPNow di Federal Reserve Atlanta. Il livello di attività economica degli USA andrà infatti misurato da dati e modelli più solidi, con il grande discostamento (+3,2% contro +2,5% delle previsioni) che non è riuscito ad avere grande voce in capitolo, se non su mercati periferici.

Il prezzo del greggio in picchiata

Sui futures di più vicina scadenza si è tornati sotto i 74$ al barile, dopo durante la scorsa settimana sembrava fosse possibile puntare in agilità verso gli 80$. Mattane da petrolio che in questo momento sono tutte condizionate, innescate e disinnescate dal conflitto che è diventato ora tra Israele e Iran. I lanci di missili non fanno più paura e almeno per il momento non si teme una reazione importante da parte di Israele, per quanto la situazione potrebbe cambiare molto rapidamente.

Il petrolio rimarrà il termometro di una situazione in evoluzione e per la quale si alternano molto rapidamente aperture, chiusure, ottimismo e pessimismo. Per chi trada il petrolio, una situazione ricca di occasioni ma anche di grandi rischi. Almeno fino al ritorno di una normalità che per ora sembrerebbe essere molto lontano.

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Northvolt, una divisione chiude per fallimento. I debiti sono stimati in 3 miliardi di corone svedesi

Una divisione di Northvolt ha dichiarato fallimento. Il resto del gruppo, seppur con molte difficoltà, continua le operazioni.

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Northvolt, una divisione chiude per fallimento. I debiti sono stimati in 3 miliardi di corone svedesi

Dopo che un progetto che stava seguendo è stato annullato, una sussidiaria della Northvolt ha dichiarato fallimento. Il resto del gruppo, benché a corto di liquidità, ha continuato a consolidare le operazioni.

Stando a quanto ha riferito Dagens Industri, curatore fallimentare nominato dal tribunale, l’unità Northvolt Ett Expansion AB aveva debiti stimati tra i 2 e i 3 miliardi di corone svedesi (tra 194 e 290 milioni di dollari).

Il progetto che stava seguendo questa divisione di Northvol avrebbe dovuto triplicare la capacità della gigafactory, ma il consiglio di amministrazione ha annullato l’intera operazione.

Un portavoce dell’azienda, in un’email inviata a Reuters, ha affermato che quello effettuato è un passaggio necessario poiché l’espansione di Northvolt Ett è stata interrotta e ulteriori investimenti avrebbero messo a rischio le basi finanziarie di Northvolt.

Ad ogni modo, la dichiarazione di fallimento non ha avuto alcun impatto sulle altre attività del Northvolt Group.

Northvol verso la riduzione delle attività

Nel corso del mese di settembre, Northvolt ha dichiarato che avrebbe ridotto le dimensioni e tagliato posti di lavoro, alimentando il timore che l’azienda ha abbandonato l’opportunità per diventare un campione europeo di batterie per veicoli elettrici. Un’aspettativa destinata ad arenarsi a causa di problemi di produzione, scarsa domanda e concorrenza cinese.

Nel giorno in cui ha dichiarato fallimento, Northvolt Ett Expansion AB aveva circa 459.000 corone svedesi di debiti in sofferenza e doveva far fronte a richieste di insolvenza per 47 milioni di corone.

In una nota la società ha confermato che Northvolt continua a dialogare con le parti interessate per una cooperazione continuativa nell’ambito delle operazioni in corso del Gruppo Northvolt.

Northvolt ha già ricevuto più di 10 miliardi di dollari in finanziamenti azionari e obbligazionari da Volkswagen, Goldman Sachs e BlackRock. E ha cercato di raccogliere più denaro per finanziare la sua costosa crescita.

All’inizio dell’anno, Northvolt aveva concluso un accordo per un pacchetto di prestiti verdi da 5 miliardi di dollari con un gruppo di finanziatori, destinato a finanziare l’ampliamento di un grande stabilimento in Svezia, ma l’annullamento del progetto di costruzione il mese scorso ha messo a rischio il finanziamento.

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PepsiCo taglia le previsioni di crescita annuale. I ricavi netti si attestano a 23,32 mld di dollari

PepsiCo deve tagliare le previsioni di crescita annuale, condizionata dal cambio di abitudini dei consumatori, che cercano snack e bibite meno costose.

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PepsiCo taglia le previsioni di crescita annuale. i ricavi netti si attestano a 23,32 mld di dollari

PepsiCo ha tagliato previsioni di crescita annuale delle vendite. I consumatori del Nord America, sempre più esigenti, hanno deciso di limitare la spesa per le bibite gassate e gli snack salati, preferendo dei marchi più economici.

PepsiCo – proprietaria anche dei marchi Mountain Dew, 7up e Lays – ha previsto che le vendite organiche possano scendere in un intervallo basso ad una sola cifra per l’anno fiscale 2024. In precedenza era stato previsto un aumento del 4%.

Secondo Ramon Laguarta, Ceo di PepsiCo, l’aumento dei costi determinati dall’inflazione e i maggiori costi di indebitamento degli ultimi anni hanno continuato a incidere sui bilanci dei consumatori e sui modelli di spesa.

A pesare sulle famiglie sono l’aumento del prezzo del cibo e di altri prodotti, che hanno costretto a ridurre le abitudini di spesa. Optando, nella maggior parte dei casi, a delle porzioni più piccole e a fare meno acquisti nei minimarket, che costituiscono uno dei principali punti di vendita di PepsiCo.

I conti di PepsiCo

PepsiCo, nel terzo trimestre 2024, ha registrato un calo a sorpresa dei ricavi. A determinare questa situazione è stato principalmente il calo del 13% delle vendite di Quaker Foods, che sta ancora subendo le conseguenze dei richiami di prodotti effettuati all’inizio di quest’anno.

Gli aumenti dei prezzi, i controlli dei costi e le misure volte a promuovere l’efficienza in tutte le sue attività hanno aiutato PepsiCo a sostenere gli utili, mantenendo al contempo l’obiettivo di utile rettificato per l’intero anno.

Aarin Chiekrie, analista di Hargreaves Lansdown, spiega che la varietà di marchi di prima classe di PepsiCo ha contribuito ad attutire in qualche modo il colpo delle ricadute di Quaker Oats. Ma se la domanda non riprenderà presto, i profitti inizieranno a subire pressioni.

Anche i mercati internazionali di PepsiCo, tra cui America Latina, Cina ed Europa, stanno assistendo a un rallentamento dei volumi.

Brian Mulberry, gestore del portafoglio clienti presso Zacks Investment Management, ritiene che PepsiCo abbia bisogno di una dose di energia per incrementare i ricavi.

L’amministratore delegato Laguarta prevede che in alcuni mercati internazionali continueranno ad esserci forti tensioni geopolitiche, tra cui il conflitto in Medio Oriente, e pressioni macroeconomiche.

I ricavi netti sono scesi dello 0,6% a 23,32 miliardi di dollari nel trimestre conclusosi il 7 settembre, al di sotto delle stime di 23,76 miliardi di dollari. Secondo i dati raccolti da LSEG, l’azienda ha guadagnato 2,31 dollari ad azione su base rettificata, superando le aspettative di 2,29 dollari ad azione.

Le azioni della società hanno registrato un andamento stabile nelle prime contrattazioni.

La campagna acquisti di PepsiCo

PepsiCo acquisterà la società madre di Siete Foods, Garza Food Ventures, per 1,2 miliardi di dollari. La società riuscirà, in questo modo,  a rafforzare il suo portafoglio di snack.

L’azienda, sostenuta dall’attrice Eva Longoria, è nota per le tortilla chips e i taco shell senza cereali. Produce anche prodotti come la salsa enchilada e i biscotti da matrimonio messicani.

L’azienda con sede in Texas, fondata nel 2014 da Veronica Garza, è di proprietà e gestita da sette membri della famiglia Garza. Dopo diversi trimestri di aumenti dei prezzi da parte dei produttori di alimenti confezionati per attenuare l’impatto dei maggiori costi di produzione, i consumatori si sono rivolti a marchi privati ​​più accessibili per i loro spuntini.

Nel frattempo, anche la conclusione di accordi nel settore degli alimenti confezionati è stata robusta. Il produttore di Snickers Mars ha acquistato il produttore di Pringles Kellanova in un accordo da quasi 36 miliardi di dollari ad agosto.

I volumi per la sua attività di snacking in Nord America sono scesi del 4% nel trimestre che si è chiuso lo scorso luglio. La società dovrebbe comunicare i suoi guadagni del terzo trimestre la prossima settimana.

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Litio, la sovraproduzione cinese ne ha fatto crollare i prezzi. Una politica che si rivolta contro la stessa Pechino

La sovraproduzione cinese ha avuto un impatto immediato sui prezzi del litio, che sono scesi drasticamente. Ma la politica ha delle conseguenze per la stessa Pechino.

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Litio, la sovraproduzione cinese ne ha fatto crollare i prezzi. Una politica che si rivolta contro alla stessa Pechino

Obiettivo abbassamento delle quotazioni del litio. Possiamo sintetizzare in questo modo la politica commerciale attuata dai produttori cinesi, che stanno provocando un vero e proprio calo dei prezzi, con l’intento di eliminare i progetti dei concorrenti. A renderlo noto è un alto funzionario statunitense citato da Reuters, che in questi giorni è in viaggio in Portogallo, un paese in cui ci sono ampie riserve di litio.

Nel corso di una briefing che si è tenuto ieri, lunedì 7 ottobre 2024, Jose Fernandez, sottosegretario per la crescita economica, l’energia e l’ambiente del Dipartimento di Stato statunitense, ha affermato che la Cina starebbe producendo molto più litio di quanto sia necessario in questo momento.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo.

Litio, la Cina produce più di quanto sia necessario

Ma cosa sta accadendo in questo momento. E perché l’attenzione della maggior parte degli osservatori è rivolta proprio al litio? Jose Fernandez ha spiegato che quella messa in atto da Pechino è, a tutti gli effetti, una risposta intenzionale a quanto gli Stati Uniti stanno cercando di fare attraverso l’Inflation Reduction Act, uno dei più importanti pacchetti di investimento per il clima e l’energia della storia degli Usa, che è valutato oltre 400 miliardi di dollari.

Secondo Fernandez la Cina si sta impegnando in prezzi predatori, abbassando i prezzi in modo da annullare e far scomparire del tutto la concorrenza.

In questo momento la Cina rappresenta circa due terzi della produzione chimica di litio al mondo. Ricordiamo che questa commodity viene utilizzata principalmente nelle batterie, comprese quelle delle auto elettriche. Nel corso dell’ultimo anno, i prezzi del litio sono scesi dell’80%: a determinare questo crollo delle quotazioni è principalmente la sovrapproduzione cinese e il calo della domanda di veicoli elettrici. Il crollo dei prezzi, ad ogni modo, ha colpito anche la stessa Cina, perché molte aziende – tra le quali il gigante delle batterie CATL – sono state costrette a sospendere la produzione in alcune miniere.

L’impatto della riduzione del prezzo del litio

L’Unione europea ha intenzione di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di litio e di altri minerali necessari per la transizione verde. Soprattutto quando provengono dalla Cina e da altri paesi.

Il prezzo basso del litio, secondo Fernandez, limita la capacità di diversificare le catene di fornitura su vasta scala globale. Ma soprattutto danneggia alcuni paesi – come il Portogallo – che hanno bisogno di una serie di investimenti per sviluppare queste industrie. Il calo dei prezzi ha costretto molti produttori mondiali di litio a ridurre la produzione e a tagliare posti di lavoro.

Il Portogallo, con circa 60.000 tonnellate di riserve note, è già il più grande produttore europeo di litio, tradizionalmente estratto per la ceramica.

Insieme alla vicina Spagna, il Paese vuole sfruttare i giacimenti locali di litio, puntando a coprire l’intera filiera, dall’estrazione e raffinazione alla produzione di celle e batterie, fino al riciclaggio delle batterie. Diverse società minerarie in Portogallo sono alla ricerca di finanziamenti, clienti e fornitori per avviare i loro progetti.

Fernandez ha spiegato che l’intenzione è quella di aiutarli e ritiene di poterlo fare. Le aziende minerarie del litio, ovunque esse siano, devono sopravvivere a questa fase difficile, creata dai prezzi predatori.

A giugno, il premier cinese Li Qiang ha utilizzato il suo discorso al World Economic Forum di Dalian per rispondere alle accuse degli Stati Uniti e dell’Unione Europea secondo cui le aziende cinesi traggono vantaggio da sussidi ingiusti e sono pronte a inondare i loro mercati con tecnologie verdi a basso costo.

Le tensioni commerciali si sono intensificate venerdì scorso quando l’Unione Europea ha dichiarato che avrebbe continuato a imporre pesanti dazi sui veicoli elettrici fabbricati in Cina per contrastare quelli che considera sussidi cinesi ingiusti, dopo un’indagine anti-sovvenzioni durata un anno. Martedì la Cina ha imposto misure anti-dumping temporanee sulle importazioni di brandy dall’UE.

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La Fed incoraggia le banche ad utilizzare i suoi backstop. Una soluzione utile per molti motivi

La Fed sta incoraggiando le banche statunitensi a fare affidamento su suoi backstop. Perché questa operazione è così importante.

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La Fed incoraggia le banche ad utilizzare i suoi backstop. Una soluzione utile per molti motivi

La Fed sta incoraggiando le istituzioni bancarie statunitensi a fare affidamento sui suoi cash backstop, che per lungo tempo sono stati evitati. L’obiettivo, sostanzialmente, è quello di supportare la politica monetaria della banca centrale Usa e gli obiettivi di stabilità finanziaria. Gli ultimi sforzi, ad ogni modo, potrebbero non spostare di molto l’ago della bilancia.

Lo Standing Repo Facility (SRF) e lo sconto della Fed costituiscono dei backstop di credito grazie ai quali i consumatori hanno la possibilità di ottenere del denaro contante contro garanzie come i Titoli del Tesoro. Permettono, inoltre, di mantenere i tassi di interesse vicino a quelli di riferimento della Fed. Fino ad oggi, però, le banche sono state riluttanti ad utilizzarli.

Gli incentivi messi in campo dalla Fed

La Fed, nel suo tentativo di superare questi problemi, ha confermato alle banche il via libera sui suoi backstop come fonti di denaro nei test di stress sulla liquidità interna. Questi esercizi devono essere effettuati regolarmente dalle banche per dimostrare di essere in grado di ottenere rapidamente del denaro nel momento in cui ne hanno bisogno.

A settembre, Michael Barr, responsabile della regolamentazione della Fed, ha confermato questa linea di principio, affermando che le normative sulla liquidità sono a supporto del funzionamento del mercato e della regolare attuazione della politica monetaria.

Reuters, nel corso delle ultime settimane, ha chiesto agli esperti del settore bancario quanto potesse essere efficace la mossa della Fed nel raggiungere quegli obiettivi. La maggior parte degli osservatori ha ritenuto che preparare più banche a utilizzare gli strumenti della Fed rafforzerebbe la stabilità finanziaria, ma, allo stesso tempo, sarà difficile liberarsi dello stigma e potrebbe non fare molto per la politica monetaria.

Bill Nelson, economista capo del think-tank Bank Policy Institute, spiega che lo stigma esiste dagli anni ’20. È un problema complicato e significativo che richiede molti sforzi per essere affrontato.

L’impatto politico della decisione della Fed

L’altro impatto previsto delle mosse della Fed, ovvero aiutare con i suoi obiettivi di politica monetaria, potrebbe avere meno successo del previsto. Una speranza dietro a questa mossa è quella che consentire alle banche di fare affidamento in una certa misura sui backstop per la liquidità ridurrebbe la loro domanda di riserve o denaro contante che parcheggiano presso la banca centrale.

Attualmente, le banche si affidano molto alle riserve per soddisfare i requisiti di finanziamento contingenti ai test di stress di liquidità interna. Grazie alle precisazioni effettuate dalla Fed nel corso del mese di agosto, altri asset potrebbero diventare facilmente negoziabili. I Titoli del Tesoro potrebbero essere sostituiti con estrema facilità.

Se tutto dovesse funzionare come teorizzato, la Fed potrebbe avere più spazio per un inasprimento quantitativo. Questo perché il sistema finanziario ha bisogno di un certo livello di riserve per funzionare senza intoppi e, mentre la Fed riduce il suo bilancio, elimina le riserve.

Questo sarebbe un buon momento per far funzionare il piano. L’SRF, che è stata in gran parte inattivo, ha visto un aumento dell’utilizzo alla fine del terzo trimestre, il più alto da quando è stato istituito nel 2021. L’utilizzo dell’SRF è stato uno degli indicatori che la Fed ha osservato mentre cercava segnali che la liquidità si stesse restringendo nel sistema finanziario.

Reuters cita un dirigente della banca, che ha affermato che è improbabile che la precisazione della Fed faccia una differenza percettibile. Questo perché le banche più grandi hanno anche altri test di liquidità, dove non possono contare sui backstop della Fed.

Il dirigente ha fatto riferimento al coefficiente di copertura della liquidità, che richiede che le grandi banche dispongano di sufficienti attività liquide di elevata qualità (o attività come i Yitoli del Tesoro che possono essere facilmente negoziate) per soddisfare le proprie esigenze di liquidità in periodi di stress.

Nel suo discorso, Barr ha anche affermato che intende proporre ulteriori modifiche alle normative sulla liquidità, alcune delle quali potrebbero indurre le banche a ridurre le loro partecipazioni in titoli del Tesoro, ha affermato il dirigente della banca.

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