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Le azioni di Donald Trump fanno +17%: assist da Elon Musk e Kamala Harris

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https://www.youtube.com/watch?v=Asoq00GQ3BA

Trump Media & Technology Group – ticker $DJT – è tra le migliori di una giornata molto particolare sui mercati. Un movimento in larga parte fuori trend, che segnala come i mercati abbiano interpretato due tipi di questioni in modo favorevole alla corsa per la Casa Bianca di Donald Trump. La prima è stata un’intervista a Kamala Harris della quale si sta discutendo, con toni particolarmente accesi, anche sui social. La seconda, forse più rilevante, è invece l’apparizione di Elon Musk – già noto sostenitore di Trump – a sostegno della campagna elettorale dello stesso.

Un’apparizione non programmata – o comunque della quale non si aveva notizia fino a poco prima dell’evento, che ha contribuito a spingere il titolo sopra il +17%. Tutto questo in una giornata che vede relativamente pochi vincitori e che sta facendo i conti principalmente con l’incertezza che arriva dal Medio Oriente e sulle future politiche monetarie di Federal Reserve.

Il titolo che segue le possibilità di Trump

DJT non è certamente un titolo per stomaci deboli. Ha seguito quasi pedissequamente la corsa di Trump alla Casa Bianca e i suoi guai giudiziari, salendo in caso di eventi positivi per il candidato repubblicano e scendendo in caso di eventi negativi.

I due eventi dell’ultima giornata – per l’appunto l’intervista a Kamala Harris nella quale la candidata sembrerebbe essere apparsa in difficoltà da un lato – e il sostegno aperto di Musk – che ha arringato la folla durante uno degli appuntamenti elettorali di Donald Trump, hanno fatto il resto.

Il titolo, da qui alla prima settimana di novembre, che sarà quella delle elezioni negli Stati Uniti che eleggeranno il prossimo presidente, continuerà ad essere titolo per scambi molto volatili, molto rischiosi e per qualcuno anche una professione di fede elettorale. Professione di fede elettorale che però, almeno durante le ultime settimane, ha dimostrato di non poter reggere al mercato, quando questo ha rivenuto frustrate le ambizioni di Trump a farsi rieleggere come presidente degli USA.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

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Petrolio perde il 4,5% durante sessione USA: calma in Medio Oriente affonda il prezzo

Il petrolio offre una pessima performance sulle piazze durante la sessione USA.

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Petrolio rosso

Disastro petrolio, dopo gain per 5 sessioni consecutive. A pesare sulle quotazioni del greggio, che fanno registrare un -4,5% rispetto all’apertura USA, c’è il rallentamento dell’escalation del conflitto tra Israele e Iran, che sembrerebbe aver riportato il buonumore sulle piazze finanziarie e ridotto preoccupazioni che erano durate anche durante tutta la sessione asiatica. Preoccupazioni che certamente andranno valutate con un respiro più ampio e che potrebbero tornare a riaccendersi nel caso del ritorno del conflitto su livelli di maggiore intensità.

Per ora però il greggio WTI scarica una larga parte dei gain fatti registrare nel corso della precedente settimane e a nulla può anche un recupero dell’economia USA almeno secondo le previsioni che sono state fatte girare da GDPNow di Federal Reserve Atlanta. Il livello di attività economica degli USA andrà infatti misurato da dati e modelli più solidi, con il grande discostamento (+3,2% contro +2,5% delle previsioni) che non è riuscito ad avere grande voce in capitolo, se non su mercati periferici.

Il prezzo del greggio in picchiata

Sui futures di più vicina scadenza si è tornati sotto i 74$ al barile, dopo durante la scorsa settimana sembrava fosse possibile puntare in agilità verso gli 80$. Mattane da petrolio che in questo momento sono tutte condizionate, innescate e disinnescate dal conflitto che è diventato ora tra Israele e Iran. I lanci di missili non fanno più paura e almeno per il momento non si teme una reazione importante da parte di Israele, per quanto la situazione potrebbe cambiare molto rapidamente.

Il petrolio rimarrà il termometro di una situazione in evoluzione e per la quale si alternano molto rapidamente aperture, chiusure, ottimismo e pessimismo. Per chi trada il petrolio, una situazione ricca di occasioni ma anche di grandi rischi. Almeno fino al ritorno di una normalità che per ora sembrerebbe essere molto lontano.

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Google: schiaffo dalle corti USA. Titolo giù del 2%

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GOOGLE PLAY SENTENZA

Un tribunale degli Stati Uniti ha imposto a Google / Alphabet modifiche importanti al Google Play Store, così da permettere agli utenti accesso da più fondi di download e aprendolo di fatto alla competizione. La sentenza è uno strascico degli eventi che furono portati alla ribalta dal caso Fortnite e che sta scuotendo quello che di fatto è un duopolio saldamente nelle mani di Google da una parte e di Apple dall’altro. La sentenza arriva da San Francisco – è firmata dal giudice James Donato e potrebbe presto scuotere sia il titolo sia l’intero mercato tech.

A interessare maggiormente è l’obbligo per almeno tre anni di eliminare ostacoli e divieti per pagamenti in app diversi da quelli di Google. Ci sarà anche il divieto di pagamento ai produttori di hardware per pre-installare Google Play Store. Una mossa ritenuta anti-competitiva e che è parte della strategia di Google per mantenere il dominio incontrastato della sua suite di App sui sistemi Android.

Ancora strascichi dal caso Fortnite: titolo ALPHABET giù del 2%

Sono ancora gli strascichi del caso Epic Games / Fortnite, caso che aveva visto soccombere appunto Google e che ora dovrà riorganizzare in modo importante il proprio business, eliminando delle pratiche che le corti USA ritengono anti-concorrenziali. Il colpo è stato di quelli importanti: all’interno di una giornata movimentata per l’azionario – complici anche venti di guerra che spirano sempre più forti in Medio Oriente – il titolo di Alphabet ha perso circa il 2% dopo la diffusione della notizia.

Una notizia se vogliamo attesa, ma che ora che è stata formulata nei suoi dettagli è stata valutata per la prima volta dai mercati, in modo che non poteva che essere estremamente negativo. Per il momento mancano commenti sia da parte di Epic Games, che controlla Fortnite, sia da parte di Alphabet.

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Super Micro: boom del 13% dopo annuncio di 100.000 GPU a trimestre

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CPU SUPER MICRO BOOM

Il boom dell’intelligenza artificiale è tornato – e non sembra voler lasciare nessuno indietro, neanche quella Super Micro che aveva avuto problemi contabili importanti soltanto poche ore fa. Il titolo sta guadagnando oltre il 13% dopo aver annunciato le 100.000 GPU consegnate per trimestre – e dopo aver annunciato anche nuovi sistemi di raffreddamento. Un boom incredibile all’interno di una giornata che non è un granché per i titoli tech negli USA, con NASDAQ 100 che lascia quasi mezzo punto percentuale nella prima parte delle trattative.

Notizie importanti per un produttore in realtà organico al trend AI e che però aveva perso terreno proprio in seguito a vicissitudini di carattere legale e fiscale, e ad una gestione non ottimale sia delle pubbliche relazioni sia dei rapporti con i clienti. Cose che sembrerebbero però per ora messe alle spalle, dato che a parlare sono – come sempre quando le cose vanno bene – i numeri delle vendite.

100.000 GPU lanciano Super Micro nello spazio

Uno spazio chiaramente figurato, perché il gruppo non si occupa di viaggi spaziali, ma principalmente di GPU. Quelle GPU che sono molto ghiotte per il settore AI e che Nvidia vede alla base del suo enorme successo.

I numeri diffusi da Super Micro sono di quelli che i mercati non possono ignorare. 100.000 GPU consegnate per trimestre, segnale di distensione per un gruppo che aveva vissuto fasi complicate durante l’estate, complici ritardi nelle dichiarazioni che avevano scoperchiato il più classico dei vasi di Pandora. Per ora però, sembrerebbe tutta acqua passata. O comunque acqua sommersa sotto numeri che piacciono molto – e che vengono accompagnati da novità tecniche importanti e che potrebbero spingere ancora sulle vendite per i prossimi trimestri. L’altro aspetto importante – e che andrà valutato nei prossimi giorni, riguarda invece il settore AI: boom, bust e ora ritorno dell’entusiasmo.

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Chevron cede asset per 6,5 miliardi di dollari

Continua il piano di dismissioni degli asset di Chevron, che questa volta conclude un’operazione da 6,5 miliardi di dollari.

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Chevron cede asset per 6,5 miliardi di dollari

Operazione da 6,5 miliardi di dollari per Chevron, che sta cedendo i suoi asset in Athabasca Oil Sands e Duvernay Shale a Canadian Natural Resources. A renderlo noto è direttamente il colosso petrolifero, che ha comunicato il suo piano di dismissioni.

Effettuata completamente in contanti, l’operazione si dovrebbe concludere entro la fine del quarto trimestre 2024 e rientra completamente nella strategia di Chevron, che punta a disinvestire asset per un valore compreso tra 10 e 15 miliardi di dollari entro il 2028.

Il sito in Alberta, Canada, ha prodotto qualcosa come 84.000 barili di petrolio al giorno nel 2023. Il giacimento di Duvernay è uno dei più importanti di scisto del Canada e negli ultimi tre anni ha visto otto accordi per un valore di 2,9 miliardi di dollari.

Chevron, cosa succederà dopo l’accordo

Dopo l’accordo, Canadian Natural deterrà il 90% del progetto Athabasca Oil Sands, mentre Shell sarà in possesso del restante 10%. La società ha affermato che, insieme alle attività di Duvernay, aggiungerà 122.500 barili di anidride carbonica al giorno alla sua produzione target nel 2025. Ha inoltre aumentato il dividendo trimestrale del 7% a 56,25 centesimi canadesi per azione, pagabile a gennaio 2025, e il suo responsabile finanziario Mark Stainthorpe ha affermato che l’accordo aumenterà immediatamente il flusso di cassa e gli utili.

Chevron punta a investire oltre il 75% del suo budget di produzione nei bacini di scisto degli Stati Uniti, nel Golfo del Messico, nel Mediterraneo orientale, in Guyana, in Australia e in Kazakistan.

Di recente ha superato la revisione della FTC sul suo accordo da 53 miliardi di dollari per Hess, ma dovrà superare un ricorso da parte di Exxon e CNOOC, i soci di Hess in una joint venture in Guyana. Un collegio arbitrale di tre giudici è pronto a esaminare il caso il prossimo maggio.

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Cina: JPMorgan e Invesco lanciano allarme dopo gain 25% delle borse

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Cina mercati down

Dopo l’incredibile corsa dovuta all’ambizioso piano di sitmoli all’economia di Pechino, c’è chi inizia ad avere più di qualche dubbio sulla capacità delle borse e delle azioni cinesi di continuare a crescere. Sono arrivati nel weekend avvisi sia da Invesco sia da JPMorgan per i propri investitori, avvisi che segnalano come diversi dei principali titoli delle borse di Hong Kong e Shanghai si trovino ormai in iperesteso e rischino pertanto una correzione importante già durante la prossima settimana.

Avvertenze relativamente generiche e comunque più che giustificate da una corsa dei principali indici e dei principali titoli cinesi che può essere sì giustificata dal piano di stimoli, ma che con ogni probabilità ha anche approfittato di short presi in contropiede e di meccaniche esacerbate dal particolare funzionamento delle piazze cinesi. La resa dei conti non tarderà comunque eventualmente ad arrivare. Da martedì si tornerà alla normalità in termini di apertura anche per le piazze cinesi, dopo la lunga golden week che ha permesso agli scambi cinesi di godersi una lunga vacanza.

I primi allarmi da Invesco e JPMorgan

Non sono forse i primi allarmi, ma sono quelli più significativi dati i soggetti coinvolti. Da un lato c’è Invesco, dall’altro la banca d’affare JPMorgan, che hanno entrambe diffuso i primi avvisi ai propri clienti per quanto riguarda la corsa del settore azionario cinese. Un comparto che è stato tra i più deboli per tutto il 2024, fino all’annuncio da parte del governo di Pechino di un programma importante di stimoli all’economia.

Vedremo se martedì – con la riapertura delle piazze cinesi – i mercati si preoccuperanno di smentire le analisi di due dei gruppi più importanti del mondo degli investimenti su scala mondiale, dopo un 25% che almeno a rigor di logica potrebbe cominciare a mostrare i primi segni di stanchezza, per quanto credibile o meno credibile possa apparire il piano annunciato dai piani più alti del Partito.

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