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Intel investe 28 miliardi di dollari per costruire un nuovo stabilimento in Ohio

Importante investimento in Ohio per Intel, che costruisce un nuovo stabilimento per competere con TSMC.

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Intel investe 28 miliardi di dollari per costruire un nuovo stabilimento in Ohio

Intel investe sul proprio futuro e scommette sulla ripresa delle proprie attività. L’azienda ha deciso di investire più di 28 miliardi di dollari per costruire due fabbriche di chip in Ohio. A comunicarlo è stata la stessa Intel. L’operazione è un ulteriore tentativo per competere con Taiwan Semiconductor Manufacturing Company e farle concorrenza nella sua attività di produzione su contratto.

Nel corso delle prime contrattazioni le azioni di intel sono salite di quasi il 2%. Da inizio anno, però, il titolo è letteralmente crollato, perdendo il 55%.

Intel, la strategia di rilancio

Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, sta tentando di rilanciare l’azienda. In questo contesto l’attività di fonderia è strategica: l’ex re della produzione di chip sta cercando di riconquistare il vantaggio tecnologico perso a favore di TSMC, che è diventato il più importante produttore di chip su contratto al mondo.

Il grande investimento arriva più di un mese dopo che Intel ha firmato un accordo multimiliardario con Amazon per costruire chip personalizzati per l’intelligenza artificiale, che devono essere utilizzati per le unità di servizi cloud del gigante dell’e-commerce. L’accordo è particolarmente importante per Intel, che in questo modo può rivitalizzare le attività di fonderia in perdita. L’azienda con sede a Santa Clara, California, ha dichiarato venerdì che la fase iniziale del progetto dovrebbe creare 3.000 posti di lavoro.

Il produttore di chip ha attraversato un anno tumultuoso, con la sospensione dei dividendi, i tagli al personale e le improvvise dimissioni di un membro di alto profilo del consiglio di amministrazione, mentre il crollo del prezzo delle sue azioni ha messo a repentaglio il suo posto nell’indice Dow Jones.

Problemi, in questi giorni sono giunti anche dall’unità cinese, che ha dichiarato di aver sempre dato priorità alla sicurezza e alla qualità dei prodotti, dopo che un’influente associazione cinese per la sicurezza informatica ha chiesto una revisione della sicurezza dei prodotti del produttore di chip statunitense venduti in Cina.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Parla il ministro delle finanze tedesco: ritorsioni se dal 2025 dazi aggiuntivi negli USA per prodotti europei

Parole dure del ministro delle finanze tedesco in direzione di Washington. No alla guerra commerciale, altrimenti…

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Usa germania guerra

Il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha avvisato gli Stati Uniti sulla potenziale introduzione di dazi e più in generale sull’avvio di una guerra commerciale da parte di Washington. Ci saranno, ha affermato, ritorsioni, nel caso in cui – come sta emergendo da alcune proposte in campagna elettorale per le presidenziali USA – si dovessero effettivamente implementare dazi aggiuntivi su merci e servizi made in UE. Il ministro delle finanze tedesco lo ha affermato in un’intervista per CNBC, a margine dell’incontro annuale del Fondo Monetario Internazionale a Washington.

Un invito – per quanto aggressivo – a evitare una guerra commerciale che secondo il ministro delle finanze della Repubblica Federal Tedesca non pò vedere vincitori. Il riferimento sembrerebbe essere a diverse delle proposte di Donald Trump durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, proposte che prevedono dazi aggiuntivi per le merci prodotte fuori dagli USA, anche se con condizioni che per il momento non sembrerebbero ancora chiare.

Il problema è la Cina

O almeno questo sarebbe il problema secondo Lindner, motivo per il quale l’Unione Europea dovrebbe essere tenuta fuori da un’eventuale guerra commerciale (che in verità già esiste) tra i due blocchi. Guerra commerciale che – ricordano i più cinici – è in realtà già a pieno regime anche tra l’UE e la Repubblica Popolare Cinese, almeno su certe categorie merceologiche.

Lindner ha anche aggiunto che sarà disposto a interloquire, trattare con chiunque occuperà la Casa Bianca dal 2025 – segnale che dunque di porte aperte, almeno in Europa, ce ne sarebbero. Un messaggio comunque chiaro in direzione di Washington, che con ogni probabilità troverà il favore del grosso dei paesi UE e dei loro ministri delle finanze, che hanno tutto l’interesse a non arrivare ad una guerra commerciale con Washington, che aggiungendosi a quella con la Cina causerebbe tensioni importanti ad un’economia europea che già deve fare i conti con un importante rallentamento.

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Boeing: tentativo di vendita della divisione spaziale. Scoop porta il titolo a +2%

Boeing a caccia di compratori per la divisione aerospaziale, secondo uno scoop di WSJ.

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Boeing divisione spazio vendita

Altre grandi manovre da Boeing. Secondo quanto è stato riportato da The Wall Street Journal il gruppo starebbe esplorando la possibilità di vendere la sua divisione spaziale. Dietro la decisione – o meglio il tentativo – ci sarebbe la volontà di raccogliere capitale per mettere riparo ad una situazione per il gruppo che si è aggravata dopo una serie di scandali che hanno costellato il 2024. Già dalla giornata di ieri avevano preso a girare rumors sulla possibilità di disimpegno da parte del gruppo, dopo che Kelly Ortberg, per la prima volta alla guida del gruppo durante i report trimestrali, aveva ribadito che Boeing è una società che produce aeroplani.

Sempre Ortberg aveva individuato come strada futura per il gruppo la riduzione dei settori, con un laconico staremo meglio quando faremo meno e meglio, rispetto al fare di più e non farlo bene. Rimarranno dunque, nel caso in cui l’esplorazione dovesse andare a buon fine, i business legati appunto alla produzione di velivoli civili e della difesa.

Il pacchetto “NASA”

A fare gola più che la divisione del gruppo in termini produttivi saranno contratti e collaborazioni con NASA. Non è chiaro per il momento se il gruppo abbia già individuato dei potenziali acquirenti e – nel caso – a che punto siano le trattative.

Il titolo ha reagito in modo positivo alla diffusione della notizia, invertendo un trend negativo dopo metà mattinata a New York. Nel momento in cui scriviamo le azioni $BA vengono scambiate ampiamente sopra i 156$. Seguiranno aggiornamenti nel caso di smentite o conferme da parte del gruppo, e anche nel caso in cui dovessero essere individuati potenziali acquirenti per un business che con ogni probabilità non sarà più parte del gruppo Boeing nel 2025. E con ogni probabilità il gruppo sarà costretto a scelte dure ma strategiche per recuperare un 2024 da incubo.

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Morgan Stanley rivede i propri obiettivi climatici. La transizione green c’è, ma è lenta

Economia green ed obiettivi climatici si muovono in sinergia. Ma Morgan Stanley li ha dovuti rivedere adottando un po’ più di cautela e prendendosi più tempo.

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Morgan Stanley rivede i propri obiettivi climatici. La transizione green c'è, ma è lenta

Il cammino verso un’economia green è lento e procede con molta calma. Questo è il motivo per il quale Morgan Stanley ha deciso di abbassare la riduzione delle emissioni dal suo portafoglio di prestiti alle aziende.

Jessica Alsford, responsabile della sostenibilità e presidente dell’Institute for Sustainable Investing di Morgan Stanley, spiega che uno dei settori attraverso i quali si comprende come ci si stia muovendo lentamente verso l’economia green, si percepisce dal rallentamento delle vendite di veicoli elettrici, dalla scarsa adozione dei biocarburanti nell’aviazione e dagli ostacoli finanziari e politici nel settore energetico

Morgan Stanley, economia green sì. Ma lentamente

Incamminarsi verso l’economia green ha un impatto diretto sulle attività di molte istituzioni finanziarie. ING, ad esempio, ha deciso di ridurre i prestiti ad alcuni clienti che operano nel settore petrolifero e del gas. Morgan Stanley, invece, in un rapporto ha messo in luce i propri obiettivi ed ha messo in evidenza di stare attenta a non farlo troppo in fretta.

Ad ogni modo, se il ritmo non dovesse accelerare, i suoi clienti e la stessa azienda potrebbero non essere in grado di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette. Questo è il motivo per il quale l’approccio ai prestiti di Morgan Stanley punta ad essere in linea con il limite del riscaldamento globale a 1,5-1,7 gradi Celsius, andando ad attenuare il precedente obiettivo, che era fissato a 1,5 grazie.

Alsford ha spiegato che le tecnologie e le attuali politiche non sono completamente allineate con 1,5 gradi, e avere questo intervallo tra 1,5 e 1,7 significa riconoscere le sfide che l’economia globale deve affrontare, pur rimanendo in linea con l’accordo di Parigi. Ricordiamo che l’accordo di Parigi punta a limitare l’aumento medio delle temperature dall’era industriale a ben meno di 2 gradi entro il 2050.

Nonostante le temperature record registrate in tutto il pianeta, le emissioni di molte aziende continuano ad aumentare e un rapporto delle Nazioni Unite ha mostrato che l’aumento della temperatura media mondiale è attualmente destinato a raggiungere i 3,1 gradi entro il 2100.

Economia green, le strade per raggiungerla

Morgan Stanley, ora come ora, ha degli obiettivi ben precisi da raggiungere entro il 2030 per sei settori:

  • energia;
  • energia elettrica;
  • automobili;
  • prodotti chimici;
  • estrazione mineraria;
  • aviazione.

Ma non solo. Morgan Stanley ha anche rivisto completamente l’anno di riferimento da cui misurare gli obiettivi, passando dal 2019 al 2022: l’anno più recente presenta dei dati sicuramente migliori.

È stata adottata, inoltre, una metodologia battezzata intensità fisica, che serve a monitorare le emissioni per unità di produzione o generazione, andando ad allineare la banca ed i suoi clienti.

L’obiettivo è di ridurre le emissioni operative del settore del 12-20% entro il 2030, con una riduzione delle emissioni derivanti dall’uso finale del 10-19%, sebbene la banca abbia affermato che alcuni aspetti, tra cui le pressioni sulla sicurezza energetica, potrebbero avere un impatto sui risultati.

L’obiettivo era di ridurre le emissioni del settore energetico nell’intero portafoglio prestiti tra il 45 e il 60%, anche se sarebbero stati necessari finanziamenti e sostegno politico per soddisfare la crescente domanda, compresa quella richiesta dalle tecnologie di intelligenza artificiale.

Per le automobili si prevedeva un calo del 29-45%, sebbene Morgan Stanley avesse avvertito che i tassi di adozione dei veicoli elettrici erano inferiori al tasso necessario per soddisfare la quota del settore l’obiettivo globale.

Nel settore dell’aviazione, le emissioni erano destinate a scendere del 13-24%, spinte dall’uso di carburante per l’aviazione sostenibile. Mentre l’IEA ha affermato che questo dovrebbe raggiungere il 10% entro il 2030, la banca ha osservato che alcune compagnie aeree stanno puntando solo a un utilizzo del 5-7,5%.

Morgan Stanley spiega che restano da affrontare sfide significative per garantire che l’offerta possa soddisfare la domanda a parità di costi, il che sarà un fattore determinante per le compagnie aeree nel raggiungimento dei loro obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni e quindi per noi nel raggiungimento del nostro obiettivo in materia di aviazione.

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McDonald’s, negli Usa scatta il panico da cipolla dopo lo scoppio di un’epidemia di Escherichia coli

Dopo lo scoppio di un’epidemia di Escherichia coli in un ristorante di McDonald’s, negli Stati Uniti è scoppiato il panico da cipolla.

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McDonald's, negli Usa scatta il panico da cipolla dopo lo scoppio di un'epidemia di Escherichia coli

Le cipolle fresche sono bandite dalle principali catene di fast food statunitensi. Almeno temporaneamente. A far temere l’ortaggio è l’epidemia di Escherichia coli scoppiata in alcuni fast food di McDonald’s e della quale ne è ritenuta la probabile fonte. I casi registrati in questi mesi hanno messo a nudo uno degli incubi ricorrenti nei ristoranti: la gestione dei prodotti ortofrutticoli, che devono essere mantenuti liberi da contaminazione. Obiettivo da centrare per tutelare la salute dei clienti, ma che per gli ortaggi è più difficile da raggiungere rispetto alla carne bovina.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sta accadendo e quali sono le conseguenze di quanto accaduto nei McDonald’s.

McDonalds, l’incubo delle cipolle

Con ogni probabilità le cipolle sono responsabili dell’epidemia di Escherichia coli scoppiata da McDonald’s. Per il momento il problema ha coinvolto i locali dislocati nel Midwest statunitense: si sono ammalate 49 persone e una è morta. A comunicarlo è stato il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. McDonald’s ha immediatamente ritirato il Quarter Pounder dal suo menù in un quinto dei suoi 1.400 ristoranti dispersi negli Stati Uniti.

A farla da padrone nei registri degli avvocati specializzati in malattie trasmesse da alimenti, in passato, erano principalmente gli hamburger di manzo. Gli enti di regolamentazione sanitaria federale hanno poi deciso di prendere dei provvedimenti severi sulla contaminazione da carne bovina, dopo che un’epidemia di Escherichia coli era stata collegata a Jack in the Box, quando gli hamburger avevo portato all’ospedalizzazione di qualcosa come 170 persone in tutti gli Stati Uniti. Quattro persone erano morte. Dopodiché, per fortuna, i focolai correlati alla carne bovina sono diventati molto più rari.

Quanto accaduto da McDonald’s riaccende il problema. In questo caso, però gli esperti mettono in evidenza che la carne di manzo viene cotta, mentre i prodotti freschi – proprio per definizione – non vengono cotti. Donald Schaffner, esperto di scienza e sicurezza alimentare della Rutgers University, spiega che la cottura corretta è una soluzione miracolosa contro la contaminazione.

I prodotti industriali utilizzati su larga scala, vengono lavati, disinfettati ed analizzati in modo simile alla carne bovina. Ma i test, spiegano gli esperti, non sempre sono in grado di rilevare livelli di contaminazione bassi.

Mansour Samadpour, uno specialista in sicurezza alimentare, spiega che le colture sono spesso coltivate all’aperto, dove le feci della fauna selvatica o degli animali nelle vicinanze possono infiltrarsi nell’acqua di irrigazione o nelle acque delle inondazioni. L’Escherichia coli è un normale agente patogeno nell’intestino degli animali. I bovini ne sono più colpiti di altri, ma è stato rilevato anche in oche, cinghiali, cervi e altri.

La contaminazione potrebbe derivare dall’uso di letame non trattato o di acqua di irrigazione contaminata, oppure dal fatto che le cipolle vengono conservate o tagliate in modo tale da risultare contaminate.

Un problema di sicurezza alimentare

La contaminazione è partita da aziende importanti e ben strutturate. McDonald’s e Taylor Farms – fornitore di cipolle gialle di McDonald’s negli stati interessati – sono delle aziende considerate dagli esperti di sicurezza alimentare come esempi di pratiche sicure.

McDonald’s ha spiegato che i suoi fornitori eseguono test sui prodotti frequentemente e lo hanno fatto nell’intervallo di date fornito dai Centers for Disease Control and Prevention per l’epidemia, ma nessuno di loro ha identificato questo ceppo di Escherichia coli.

Wendy’s nel 2022 ha ritirato la lattuga dai ristoranti di diversi Stati dopo che il CDC ha sospettato che fosse la fonte di un’epidemia di Escherichia coli che ha fatto ammalare decine di persone. Nel 2006, la lattuga di Taco Bell è stata identificata come la probabile fonte di un’epidemia di Escherichia coli che ha fatto ammalare 71 persone.

Il Food Safety Modernization Act del 2011 ha richiesto alla Food and Drug Administration di stabilire standard per la produzione e la raccolta sicure di frutta e verdura. La FDA ha introdotto normative per i prodotti agricoli che in precedenza non erano soggetti a molta regolamentazione.

Schaffner spiega che molto spesso ci si trova davanti ad uno schema fisso: c’è un problema di salute pubblica o di sicurezza alimentare e alla fine il Congresso reagisce e abbiamo delle normative.

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Mercedes-Benz, gli utili della divisione auto sono crollati del 64%

Gli utili della divisione auto di Mercedes-Benz sono letteralmente crollati. I flussi di cassa arrivano dalla divisione industriale.

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Mercedes-Benz, gli utili della divisione auto sono crollati del 64%

Crollati del 64% gli utili della divisione automobilistica di Mercedes-Benz, una delle più importanti case automobilistiche specializzata in veicoli di lusso. I numeri sono di gran lunga inferiori alle stime degli analisti: i consumatori cinesi hanno continuato a ridurre gli acquisti di beni di lusso condizionati da un’economia sempre più debole.

Harald Wilhelm, CFO di Mercedes-Benz, ammette che i risultati del terzo trimestre non soddisfano le ambizioni dell’azienda, aggiungendo che il gruppo continuerà nelle operazioni di taglio dei costi.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa stia accadendo a Mercedes-Benz.

Mercedes-Benz, crolla gli utili

Nel trimestre compreso tra il mese di luglio e quello di settembre 2024 gli utili di Mercedes-Benz sono stati condizionati dai costi di rinnovamento dei modelli e da un mercato difficile. Il gruppo si è impegnato principalmente con le nuove versioni del SUV Classe G, che sarà lanciata nel corso del prossimo trimestre.

A livello annuale le vendite di automobili sono state leggermente inferiori rispetto a quelle dell’anno precedente. Quelle del quarto trimestre, sostanzialmente, risultano essere in linea con quelle del terzo.

Un aspetto positivo di conti di Mercedes-Benz è costituito dalla continua generazione di flussi di cassa che arrivano dal business industriale, che è riuscito a raggiungere i 2,39 miliardi di euro nel corso del trimestre, in aumento del 2% rispetto allo scorso anno.

L’utile rettificato prima di interessi e imposte (EBIT) nell’unità automobilistica è sceso a 1,2 miliardi di euro rispetto alla stima media di LSEG di un calo del 3,6% a 3,19 miliardi di euro

I problemi maggiori, però, arrivano dalla Cina. Ola Kaellenius, CEO di Mercedes-Benz, ha sottolineato come i consumatori cinesi siano molto più cauti nell’effettuare degli acquisti importanti: la debolezza economica che dura da molto tempo e la crisi immobiliare hanno determinato una notevole incertezza per molti consumatori.

Nel corso del terzo trimestre, Mercedes-Benz ha tagliato due volte il suo obiettivo di margine di profitto annuo. Si è unita, in questo modo, al crescente numero di concorrenti europei che attribuiscono la causa del calo dei profitti all’indebolimento del mercato cinese.

I risultati sono arrivati proprio nel momento in cui stanno proseguendo i colloqui tra Pechino e Bruxelles sui dazi sulle importazioni di veicoli cinesi in Europa. Questo è, senza dubbio, un grosso grattacapo per molti big dell’industria automobilistica, preoccupati dalle possibili ritorsioni di Pechino.

Le preoccupazioni delle case automobilistiche tedesche

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato che le case automobilistiche tedesche non dovrebbero temere la concorrenza della Cina. 

Secondo Scholz alcuni sostengono che la Cina potrebbe fare molto meglio dell’Europa con i motori elettrici. Le aziende tedesche non devono avere paura di questa concorrenza. Scholz ha poi sottolineato che in passato il settore aveva dovuto fronteggiare la forte concorrenza di Corea del Sud e Giappone e ribadendo la posizione della Germania contro i dazi dell’Unione Europea sui veicoli elettrici (EV) di fabbricazione cinese.

Scholz è contrario ai dazi che potrebbero danneggiare la Germania. L’Ue dovrebbe ricorrere a tali misure laddove il dumping e i sussidi mettono effettivamente i produttori europei in una situazione di svantaggio, ad esempio nell’industria siderurgica.

Il settore automobilistico europeo si trova ad affrontare molteplici sfide, che vanno dagli elevati costi di produzione alla gestione del passaggio ai veicoli elettrici, fino al calo della domanda e all’aumento della concorrenza.

Questi problemi hanno portato alcune case automobilistiche europee a ridurre la capacità produttiva, mentre il principale attore della regione, Volkswagen sta valutando per la prima volta la chiusura di stabilimenti in Germania.

Joerg Burzer, membro del consiglio di amministrazione di Mercedes-Benz e responsabile della produzione, spiega che tutti gli stabilimenti dell’azienda sono ben utilizzati, a parte uno a Sindelfingen in Germania, dove viene prodotta la linea di modelli di alta gamma Classe S.

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