Ambizioso. È questo il giudizio quasi unanime della stampa riguardo gli obiettivi di crescita della Cina, fissati dallo stesso governo della Repubblica Popolare. L’obiettivo è infatti quello di ripetere la crescita del 2023, intorno al 5%, così da scacciare una volta per tutte le nubi che si sono addensate su Pechino, Shanghai, Shenzhen e gli altri centri nevralgici dell’economia cinese. Obiettivi ambiziosi, dicevamo, che secondo i commentatori più esperti del Lontano Oriente avranno bisogno di un piano altrettanto ambizioso di riforme, piano che però almeno per il momento non si intravede neanche all’orizzonte.
Il tutto in un anno che si è aperto con gli stessi problemi, con gli stessi spigoli e con le stesse preoccupazioni del 2023. Un settore immobiliare ancora in crisi aperta, un andamento dei prezzi interno che non promette nulla di buono e che segnala sovracapacità, una crisi più o meno estesa della globalizzazione, la crisi altrettanto importante dei partner storici e, non in ultimo, quella che in molti ritengono una stretta politica importante anche sugli attori economici, per cinesi o stranieri che siano. In altre parole, almeno per il momento, nessuno sembra credere negli obiettivi che Pechino ha fissato. E che faranno da stimolo interno per spingere il piede sull’acceleratore, ferme restando le necessità, chiamate a gran voce da più angoli del mercato, di riforme.
Pechino non abbassa la posta in gioco
Chi si aspettava di vedere e sentire Pechino tornata a più umili obiettivi, si sarà dovuto ricredere. Poche ore fa infatti è stato comunicato il target di crescita per il 2024, fissato appunto al 5% dalle massime autorità economiche del paese e del Partito e che non hanno mancato di generare accese discussioni su tutti i principali giornali che si occupano di economia e finanza.
Un 5% che è stato raggiunto – non senza qualche polemica – lo scorso anno e che per molti è un obiettivo eccessivamente ambizioso, e in alcuni casi fantasioso, delle autorità politiche.
La situazione d’altronde è quella che è: da un lato abbiamo una guerra commerciale importante con gli USA e l’Europa, e tutta la serie di problemi, dall’immobiliare alla spesa dei consumatori, che certamente non sono svaniti nel corso delle ultime settimane.
Ne ha dovuto prendere atto anche il primo ministro Li Qiang, nel mentre riferiva il parlamento degli obiettivi economici. Ha anche confermato che non sarà affatto facile raggiungere questi obiettivi, chiedendo al contempo appoggio per il percorso anche dai parlamentari. Uno sforzo collettivo che dovrebbe contribuire, nel caso in cui venissero appunto confermati gli obiettivi e raggiunti, al recupero di un posto al sole nel novero delle economie mondiali da parte della Cina.
Gli analisti puntano più in basso
Si tratterebbe di una dichiarazione di obiettivi che ha come scopo principale quello di creare entusiasmo. O almeno questo è quanto dichiarano i principali analisti, che vedono – è questo il consenso raccolto da Bloomberg – una crescita possibile fino al 4,6% massimo, e dunque parecchio distante dagli obiettivi di Pechino.
Gli obiettivi però non hanno granché aiutato i mercati. Al diffondere della notizia Hong Kong ha risposto con un dump che è stato il più importante da diverse settimane a questa parte. Tiene invece lo Shanghai Composite, in misura però lontana dal poter controbilanciare quanto è avvenuto appunto nella principale delle borse dove si quotano le aziende cinesi.
Non ci sono state grandi evoluzioni su un mercato che, negli ultimi mesi, è stato altrettanto problematico per la Cina, ovvero quello del Forex. La situazione è in evoluzione, e ora alle dichiarazioni e agli obiettivo dovranno seguire fatti concreti, che i mercati aspettano prima di prendere per buono quanto affermato da Li Qiang.