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Parla il ministro delle finanze tedesco: ritorsioni se dal 2025 dazi aggiuntivi negli USA per prodotti europei

Parole dure del ministro delle finanze tedesco in direzione di Washington. No alla guerra commerciale, altrimenti…

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Usa germania guerra

Il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha avvisato gli Stati Uniti sulla potenziale introduzione di dazi e più in generale sull’avvio di una guerra commerciale da parte di Washington. Ci saranno, ha affermato, ritorsioni, nel caso in cui – come sta emergendo da alcune proposte in campagna elettorale per le presidenziali USA – si dovessero effettivamente implementare dazi aggiuntivi su merci e servizi made in UE. Il ministro delle finanze tedesco lo ha affermato in un’intervista per CNBC, a margine dell’incontro annuale del Fondo Monetario Internazionale a Washington.

Un invito – per quanto aggressivo – a evitare una guerra commerciale che secondo il ministro delle finanze della Repubblica Federal Tedesca non pò vedere vincitori. Il riferimento sembrerebbe essere a diverse delle proposte di Donald Trump durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, proposte che prevedono dazi aggiuntivi per le merci prodotte fuori dagli USA, anche se con condizioni che per il momento non sembrerebbero ancora chiare.

Il problema è la Cina

O almeno questo sarebbe il problema secondo Lindner, motivo per il quale l’Unione Europea dovrebbe essere tenuta fuori da un’eventuale guerra commerciale (che in verità già esiste) tra i due blocchi. Guerra commerciale che – ricordano i più cinici – è in realtà già a pieno regime anche tra l’UE e la Repubblica Popolare Cinese, almeno su certe categorie merceologiche.

Lindner ha anche aggiunto che sarà disposto a interloquire, trattare con chiunque occuperà la Casa Bianca dal 2025 – segnale che dunque di porte aperte, almeno in Europa, ce ne sarebbero. Un messaggio comunque chiaro in direzione di Washington, che con ogni probabilità troverà il favore del grosso dei paesi UE e dei loro ministri delle finanze, che hanno tutto l’interesse a non arrivare ad una guerra commerciale con Washington, che aggiungendosi a quella con la Cina causerebbe tensioni importanti ad un’economia europea che già deve fare i conti con un importante rallentamento.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

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Boeing: tentativo di vendita della divisione spaziale. Scoop porta il titolo a +2%

Boeing a caccia di compratori per la divisione aerospaziale, secondo uno scoop di WSJ.

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Boeing divisione spazio vendita

Altre grandi manovre da Boeing. Secondo quanto è stato riportato da The Wall Street Journal il gruppo starebbe esplorando la possibilità di vendere la sua divisione spaziale. Dietro la decisione – o meglio il tentativo – ci sarebbe la volontà di raccogliere capitale per mettere riparo ad una situazione per il gruppo che si è aggravata dopo una serie di scandali che hanno costellato il 2024. Già dalla giornata di ieri avevano preso a girare rumors sulla possibilità di disimpegno da parte del gruppo, dopo che Kelly Ortberg, per la prima volta alla guida del gruppo durante i report trimestrali, aveva ribadito che Boeing è una società che produce aeroplani.

Sempre Ortberg aveva individuato come strada futura per il gruppo la riduzione dei settori, con un laconico staremo meglio quando faremo meno e meglio, rispetto al fare di più e non farlo bene. Rimarranno dunque, nel caso in cui l’esplorazione dovesse andare a buon fine, i business legati appunto alla produzione di velivoli civili e della difesa.

Il pacchetto “NASA”

A fare gola più che la divisione del gruppo in termini produttivi saranno contratti e collaborazioni con NASA. Non è chiaro per il momento se il gruppo abbia già individuato dei potenziali acquirenti e – nel caso – a che punto siano le trattative.

Il titolo ha reagito in modo positivo alla diffusione della notizia, invertendo un trend negativo dopo metà mattinata a New York. Nel momento in cui scriviamo le azioni $BA vengono scambiate ampiamente sopra i 156$. Seguiranno aggiornamenti nel caso di smentite o conferme da parte del gruppo, e anche nel caso in cui dovessero essere individuati potenziali acquirenti per un business che con ogni probabilità non sarà più parte del gruppo Boeing nel 2025. E con ogni probabilità il gruppo sarà costretto a scelte dure ma strategiche per recuperare un 2024 da incubo.

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Intel investe 28 miliardi di dollari per costruire un nuovo stabilimento in Ohio

Importante investimento in Ohio per Intel, che costruisce un nuovo stabilimento per competere con TSMC.

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Intel investe 28 miliardi di dollari per costruire un nuovo stabilimento in Ohio

Intel investe sul proprio futuro e scommette sulla ripresa delle proprie attività. L’azienda ha deciso di investire più di 28 miliardi di dollari per costruire due fabbriche di chip in Ohio. A comunicarlo è stata la stessa Intel. L’operazione è un ulteriore tentativo per competere con Taiwan Semiconductor Manufacturing Company e farle concorrenza nella sua attività di produzione su contratto.

Nel corso delle prime contrattazioni le azioni di intel sono salite di quasi il 2%. Da inizio anno, però, il titolo è letteralmente crollato, perdendo il 55%.

Intel, la strategia di rilancio

Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, sta tentando di rilanciare l’azienda. In questo contesto l’attività di fonderia è strategica: l’ex re della produzione di chip sta cercando di riconquistare il vantaggio tecnologico perso a favore di TSMC, che è diventato il più importante produttore di chip su contratto al mondo.

Il grande investimento arriva più di un mese dopo che Intel ha firmato un accordo multimiliardario con Amazon per costruire chip personalizzati per l’intelligenza artificiale, che devono essere utilizzati per le unità di servizi cloud del gigante dell’e-commerce. L’accordo è particolarmente importante per Intel, che in questo modo può rivitalizzare le attività di fonderia in perdita. L’azienda con sede a Santa Clara, California, ha dichiarato venerdì che la fase iniziale del progetto dovrebbe creare 3.000 posti di lavoro.

Il produttore di chip ha attraversato un anno tumultuoso, con la sospensione dei dividendi, i tagli al personale e le improvvise dimissioni di un membro di alto profilo del consiglio di amministrazione, mentre il crollo del prezzo delle sue azioni ha messo a repentaglio il suo posto nell’indice Dow Jones.

Problemi, in questi giorni sono giunti anche dall’unità cinese, che ha dichiarato di aver sempre dato priorità alla sicurezza e alla qualità dei prodotti, dopo che un’influente associazione cinese per la sicurezza informatica ha chiesto una revisione della sicurezza dei prodotti del produttore di chip statunitense venduti in Cina.

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Giappone chiede intervento del G20, mentre lo yen sfonda i 150 e ci rimane. “Troppa volatilità nel Forex”

Il ministro delle finanze Katsunobo Kato chiede aiuto al G20 a tutela del Forex.

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Yen g20 richiesta

Certi amori non finiscono, recitava una celebre canzone di un altrettanto celebre cantante italiano. La stessa canzone aggiungeva poi che fanno di giri immensi e poi ritornano. Ed è così forse che si può leggere l’intervento del Ministro delle Finanze giapponese Katsunobo Kato, che ha chiesto al G20 di essere vigile sull’eccessiva volatilità del mercato del Forex. Una vexata quaestio, se dalle canzoni di Venditti si vuole passare al più nobile latino, dato che in ogni momento di difficoltà dello yen, le autorità di Tokyo hanno fatto appello alle autorità statali di tutto il mondo affinché si trovasse una quadra politica più che di mercato.

Una questione che però indispettisce da sempre Janet Yellen, plenipotenziaria al Tesoro USA, che già a fine 2023 non le mandò a dire, confermando la superiorità del mercato rispetto alla politica nel fissare i tassi di cambio di riferimento. Dopo che al vertice della politica giapponese è arrivato il nuovo primo ministro Shigeru Ishiba, che pur in campagna elettorale aveva promesso pieno appoggio, se non addirittura indirizzo diretto, a politiche di sostegno allo yen.

La musica a Tokyo non cambia – e intanto lo yen si accomoda sopra i 150 contro il dollaro USA

Cambiano gli interpreti, ma la musica è sempre la stessa. Lo yen, dopo un recupero nel mese di agosto che aveva gettato i mercati nel panico dopo il rialzo a sorpresa dei tassi, firmato Kazuo Ueda (governatore di Bank of Japan), ha ripreso a correre verso livelli di cambio molto alti contro il dollaro USA. Ad oggi un greenback compra 151,85 yen, contro i 152 di ieri ma contro i soli 142 di fine settembre. Un cammino ribassista che conferma che i problemi di Tokyo sono tutti fuorché di facile soluzione.

E chissà se questa volta l’appello raccoglierà consensi, oppure se come le altre volte sarà l’innesco per un tripudio di porte chiuse.

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Viking Therapeutics vola a +23% in borsa. C’è cash per portare avanti processo approvazione presso FDA

Il titolo di Viking Therapeutics vola. Ti spieghiamo perché tutti lo stanno comprando.

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Viking Therapeutics non sarà la più conosciuta delle società quotate al NASDAQ, ma da oggi entra a pieno titolo in questo insieme dopo una corsa di oltre il 23%. Il gruppo ha nella prima fase di test un farmaco per il dimagrimento che potrà essere assunto per via orale e che competerà direttamente con giganti come Eli Lily e Novo Nordisk, per quella che è stata una delle linee di business farmaceutico più redditizie del 2024. A far schizzare in alto le quotazioni delle azioni del gruppo, ticker $VKTX, sono state le preoccupazioni svanite sulla quantità di liquidità a disposizione.

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’azienda, ce ne sono più che a sufficienza per sostenere il lungo (e costoso) processo di approvazione del farmaco in questione, che si trova già alla fase 1 e all’interno della quale avrebbe già fornito dei risultati molto incoraggianti. Il business è di quelli importanti e di quelli che muovono miliardi, di quelli che per intenderci hanno reso per buona parte del 2024 Novo Nordisk la società più capitalizzata delle borse europee.

Investimenti ad alto rischio e ancora pre-revenue

Vale la pena di ricordare agli investitori che Viking Therapeutics è però un’azienda ancora in fase di pre-revenue e che non ha ancora prodotti approvati per l’immissione in commercio. La scommessa che stanno facendo gli investitori è sull’ok che arriverà da FDA. Ok sul quale per ora sembrano esserci delle buone prospettive ma che comunque non è già arrivato.

Secondo quanto è stato riportato dall’azienda, i primi di novembre ci saranno inoltre ulteriori incoraggianti dati sulla fase di test, che sta procedendo di pari passo anche con una versione del farmaco che sarà iniettabile.

L’azienda ad oggi – e per ovvi motivi – non ha ancora incassato neanche un centesimo dalle vendite di prodotti che no sono… ancora in commercio. Presso i principali analisti, il titolo è un buy.

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Le vendite di case nuove negli Usa sono cresciute del 4,1% a settembre

La vendita di case nuove negli Usa è cresciuta del 4,1%. li acquirenti approfittano del taglio dei tassi effettuato dalla Fed.

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Le vendite di case nuove negli Usa sono cresciute del 4,1% a settembre

Negli Stati Uniti, a settembre, la vendita di case nuove unifamiliari ha raggiunto il livello più alto da quasi un anno e mezzo a questa parte. Gli acquirenti stanno approfittando del calo dei tassi dei mutui.

Sono aumentate del 4,1% le vendite di case nuove. A settembre il tasso annuo destagionalizzato è stato pari a 738 unità, il livello più alto mai registrato da maggio 2023. A rendere noti questi dati è stato l’Ufficio del censimento del Dipartimento del Commercio.

Usa, le vendite di case

È stato rivisto al ribasso il ritmo delle vendite di agosto: è passato, infatti, da 716.000 unità precedentemente segnalate a 709.000. Stando alle previsioni degli economisti intervistati da Reuters le vendite case nuove sarebbero dovute salite a 720.000 unità e avrebbero dovuto rappresentare il 15% delle vendite immobiliari statunitensi.

Le vendite di nuove case vengono conteggiate alla firma di un contratto. Sono aumentate del 6,3% su base annua a settembre.

I tassi dei mutui sono scesi a settembre, raggiungendo il minimo dell’ultimo anno e mezzo. Tuttavia, sono aumentati nelle ultime tre settimane, poiché solidi dati economici, come le vendite al dettaglio e le revisioni annuali dei conti nazionali, hanno costretto gli operatori ad abbandonare la speranza di un altro taglio dei tassi di 50 punti base da parte della banca centrale statunitense.

Le vendite di nuove case sono aumentate nel Nord-est e nel densamente popolato Sud. Tuttavia, sono diminuite nel Midwest e sono rimaste invariate nell’Ovest.

Il prezzo medio delle case nuove è rimasto invariato a 426.300 dollari a settembre rispetto all’anno precedente. L’inventario di case nuove è aumentato a settembre a 470.000, vicino ai livelli visti l’ultima volta all’inizio del 2008, da 468.000 unità ad agosto.

Al ritmo delle vendite di settembre, ci vorranno 7,6 mesi per esaurire l’offerta di case sul mercato, in calo rispetto ai 7,9 mesi di agosto.

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