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Titoli del lusso in rosso per i timori di nuovi dazi in Cina, un mercato da 12 mld di dollari

I titoli del lusso crollano condizionati dall’ipotesi di introduzione di dazi in Cina dopo le restrizioni imposte dall’Unione europea sui veicoli elettrici.

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Titoli del lusso in rosso per i timori di nuovi dazi in Cina, un mercato da 12 mld di dollari

Le possibili reazioni di Pechino alla decisione europea di imporre dei dazi ai veicoli elettrici prodotti in Cina ha frenato le azioni europee del lusso. Gli investitori, infatti, temono che le borse di Hermès e le slingback Dior possano essere i prossimi obiettivi delle ritorsioni della seconda economia mondiale. Anche se, almeno secondo gli analisti, questa è una mossa altamente improbabile.

Fino a questo momento la risposta cinese ai dazi europei ha preso di mira il brandy, la carne di maiale e i latticini. Settori importanti soprattutto per la Francia, che ha fatto una serie di pressioni per imporre tariffe più pesanti per l’importazione in Europa di veicoli elettrici provenienti dalla Cina.

A pagare pegno alla guerra commerciale tra Europa e Cina sono LVMH – che commercializza anche il cognac di alta gamma Hennessy -, Hermes, Kering, Ferragamo e Burberry, che nel corso della mattinata hanno perso tra il 2% e il 6% non appena Pechino ha dichiarato che avrebbe imposto delle misure antidumping temporanee sulle importazioni di brandy.

Titoli del lusso, devono davvero temere i dazi cinesi

I titoli del lusso devono effettivamente temere eventuali provvedimenti in Cina? Non ne è molto convinto Jacques Roizen, amministratore delegato della società consulenza cinese Digital Luxury Group, il quale ritiene che prendere di mira i beni del lusso sarebbe in contrasto con le politiche favorevoli alle aziende che lavorano in questo settore. Pechino, infatti, è intenzionata a mantenere una maggiore spesa nel lusso, piuttosto che spingere i consumatori nazionali a spendere nei mercati esteri.

Roizen porta l’esempio di Hainan, un’azienda che opera nel polo duty-free sulla scia di una politica avviata dalla Cina atta ad incentivare la spesa per i beni di lusso. Considerato un fattore positivo per il paese.

Questo, in buona sostanza, aiuta a comprendere le motivazioni che stanno alla base della reazione delle azioni del lusso, particolarmente sensibili ad ogni annuncio proveniente dalla Cina. Ma, sempre secondo Roizen, la minaccia di introdurre o di aumentare le imposte sui consumi interni di beni di lusso potrebbe colpire i conglomerati francesi più importanti proprio nel punto in cui fa più male.

Lo scorso anno, le spedizioni di brandy francese in Cina hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari e hanno rappresentato il 99% delle importazioni di questo liquore nel Paese, mentre lo scorso anno sono stati importati in Cina beni di lusso europei per un valore di 11 miliardi di euro (12 miliardi di dollari).

Secondo Albert Hu, professore di economia presso la China Europe International Business School di Shanghai, le dimensioni stesse dell’industria dei beni di lusso potrebbero renderla un obiettivo meno appetibile per Pechino. Albert Hu ritiene che, a questo punto, né l’Unione europea né la Cina siano intenzionate ad aprire una vera e propria guerra commerciale su vasta scala che danneggerebbe entrambe le economie. L’attenta orchestrazione degli obiettivi di ritorsione da parte della Cina indica che Pechino è desiderosa di continuare a negoziare e lavorare per raggiungere un compromesso con Bruxelles.

La natura del settore dei beni di lusso rende inoltre difficile per la Cina sostenere ragionevolmente le accuse di dumping.

I dazi contro i brandy

Il Ministero del Commercio cinese ha affermato, proprio questa mattina, che le misure antidumping contro i brandy importati dall’Unione europea sono, a tutti gli effetti, delle misure legittime di rimedio commerciale.

Marchi francesi come Hennessy e Remy Martin dovranno mettere in conto una serie di restrizioni, adottate solo pochi giorni dopo che l’Unione europea ha votato per l’imposizione di dazi sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, innescando la più grande disputa commerciale con Pechino in un decennio.

Il Ministero del Commercio cinese ha affermato che i risultati preliminari di un’indagine hanno dimostrato che il dumping di brandy dall’Unione Europea minaccia di arrecare danni sostanziali all’industria nazionale.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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TSB, arriva una sanzione da 10,9 milioni di sterline

Pesante sanzione per la banca britannica TSB, che non era perfettamente in regola nella gestione dei propri clienti.

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TSB, arriva una sanzione da 10,9 milioni di sterline

La banca britannica TSB è stata multata di 10,9 milioni di sterline, pari a 14,25 milioni di dollari, per non aver garantito un trattamento equo ai clienti in arretrato. A rendere pubblica la notizia è stato l’organismo di controllo dei mercati del Regno Unito.

Stando a quanto ha riferito la Financial Conduct Authority, TSB – che si è trovata nella situazione di dover pagare 99,9 milioni di sterline a titolo di risarcimento a 232.849 clienti interessati da mutui, scoperti di conto, carte di credito e prestiti – non aveva a disposizione i sistemi e i controlli adeguati per garantire risultati equi.

TSB sotto i riflettori delle autorità britanniche

Nel 2020 l’autorità di regolamentazione ha ordinato una revisione indipendente sul modo in cui la banca stava trattando i clienti in arretrato. Le indagini hanno permesso di scoprire che TSB rischiava di accettare accordi di pagamento insostenibili o di addebitare commissioni inappropriate.

Therese Chambers, co-responsabile dell’applicazione delle norme e della supervisione del mercato della FCA, ha spiegato che i pessimi sistemi e controlli di TSB hanno esposto i suoi clienti al rischio di danni e hanno fatto in modo che perdesse un’opportunità dopo l’altra di fare la cosa giusta. La banca ha, ad ogni modo, adottato dei provvedimenti, ma ci è voluto un intervento delle autorità prima che si decidesse ad agire in modo efficace per risolvere tutti i problemi.

La banca ha speso 105 milioni di sterline per un software completo in grado di risolvere questi problemi.

Un portavoce della TSB ha descritto i problemi come storici e ha affermato che la banca ha contattato tutti i clienti interessati per scusarsi e provvedere a fare dei rimborsi.

In una nota il portavoce ha spiegato che TSB ha risolto i problemi di fondo qualche tempo fa e ha migliorato il supporto ai clienti che si trovano in difficoltà finanziarie.

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Tesla punta sul robotaxi per riprendere quota. Ma ci riuscirà davvero?

Elon Musk sta scommettendo tutto sui robotaxi, nella speranza di riuscire a risollevare le sorti di Tesla. Ma ci riuscirà davvero?

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Tesla punta sul robotaxi per riprendere quota. Ma ci riuscirà davvero?

Tesla punta a stupire con la presentazione dei robotaxi, i quali, almeno nelle intenzioni di Elon Musk, dovrebbero rappresentare una vera e propria pietra miliare dopo un’infinità di promesse da parte del miliardario, che ha sempre ventilato l’ipotesi di veicoli a guida autonoma.

Si dovrebbe chiamare Cybercab e non taxi: questo è il prototipo che Tesla si presta a presentare. La parte più difficile sarà, ad ogni modo, convincere le autorità di regolamentazione e i passeggeri sulla sicurezza del veicolo. Un’operazione che dovrebbe avvenire velocemente, dato che la maggior parte dei concorrenti stanno aumentando la flotta che viaggia su strada.

La guida autonoma di Tesla

Fino a questo punto Tesla ha seguito un percorso tecnologico diverso rispetto a quello dei suoi principali concorrenti, che operano nel campo della guida autonoma, riuscendo ad ottenere dei vantaggi maggiori, ma anche una fetta superiore di rischi sia per la sua attività che per i passeggeri. 

La strategia di Tesla si basa esclusivamente su una combinazione di computer vision, che mira a utilizzare le telecamere nello stesso modo in cui gli esseri umani utilizzano gli occhi, con una tecnologia di intelligenza artificiale chiamata apprendimento automatico end-to-end, che traduce istantaneamente le immagini in decisioni di guida.

Questa tecnologia è già alla base della sua funzione di assistenza alla guida Full Self-Driving che, nonostante il nome, non può essere utilizzata in sicurezza senza un conducente umano. Musk ha affermato che Tesla sta utilizzando lo stesso approccio per sviluppare dei robotaxi completamente autonomi.

I concorrenti di Tesla, tra cui Waymo, Zoox di Amazon, Cruise di General Motors e una serie di aziende cinesi, utilizzano la stessa tecnologia, ma solitamente aggiungono sistemi e sensori ridondanti come radar, lidar e mappe sofisticate per garantire la sicurezza e ottenere l’approvazione normativa per i loro veicoli senza conducente.

La strategia di Tesla è più semplice e molto più economica, ma ha due debolezze critiche. Senza le tecnologie stratificate utilizzate dai suoi pari, il sistema ha più difficoltà con i cosiddetti casi limite, rari scenari di guida che i sistemi di guida autonoma e i loro ingegneri umani hanno difficoltà ad anticipare.

L’altra grande sfida: la tecnologia AI end-to-end è una scatola nera, cosa che rende quasi impossibile vedere cosa è andato storto quando si comporta male e causa un incidente. L’incapacità di identificare con precisione tali guasti, rende difficile proteggersi dagli stessi.

Tesla non ha risposto alla richiesta di commenti sulla sua tecnologia.

I robotaxi di Tesla

La capacità di Tesla di fornire robotaxi ha assunto un’importanza sempre maggiore quest’anno, in quanto le sue vendite e i suoi profitti sono diminuiti a causa del calo della domanda di veicoli elettrici a livello globale e della forte concorrenza dei produttori cinesi di veicoli elettrici in crescita.

Se Tesla riuscisse a superare le sfide tecniche della sua strategia autonoma, il ritorno economico potrebbe essere importante. Mentre concorrenti come Waymo hanno già robotaxi su strada, ma stanno utilizzando veicoli molto più costosi in zone relativamente piccole e mappate in modo completo.

Tesla punta a vendere robotaxi a prezzi accessibili, in grado di guidare da soli ovunque.

Musk ha una lunga storia di promesse audaci sulle auto a guida autonoma. Nel 2016, ha previsto che i conducenti sarebbero stati in grado di richiamare i loro veicoli da tutto il paese entro due anni. Nel 2019, Musk ha previsto che Tesla avrebbe prodotto robotaxi operativi entro il 2020.

L’annuncio della rivelazione del robotaxi di questa settimana è arrivato il 5 aprile, il giorno in cui Reuters aveva reso noto che che Tesla aveva abbandonato i piani di costruire un veicolo elettrico da 25.000 dollari per le masse, noto informalmente come Model 2, facendo inizialmente scendere le azioni Tesla. Musk ha risposto pubblicando sulla sua piattaforma social X: Robotaxi svelato l’8/8, scatenando intense speculazioni tra gli investitori. Tesla ha poi rimandato l’evento a questa settimana.

Quel giorno di aprile segnò un cambiamento fondamentale nelle priorità dichiarate da Musk. In precedenza aveva promesso di fare di Tesla un gigante dei veicoli elettrici delle dimensioni di Toyota, un’aspettativa che sosteneva il prezzo delle azioni Tesla in forte ascesa, rendendola la casa automobilistica più preziosa al mondo. Ora ha giurato di dominare la tecnologia della guida autonoma.

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Google vince il premio Nobel. No, non è proprio così. Ma ci manca veramente poco

Qualcuno potrebbe affermare che Google abbia vinto il premio Nobel. Non è proprio andata così: lo hanno fatto i suoi ricercatori.

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Google vince il premio Nobel. No, non è proprio così. Ma ci manca veramente poco

Questa settimana sono stati assegnati i premi Nobel per la chimica e la fisica ad un gruppo di pionieri dell’intelligenza artificiale affiliati a Google. Una decisione che, indubbiamente, ha sollevato non poche dibattiti sul predominio che l’azienda ha nel campo della ricerca e su come debbano essere riconosciute le innovazioni effettuate nel campo dell’informatica.

Nella ricerca sull’intelligenza artificiale, senza dubbio, Google è sempre stata in prima linea. Anche se è stata costretta a mettersi sulla difensiva mentre cercava di affrontare la pressione competitiva di Microsoft e di OpenAI. Oltre a dover combattere con il maggiore controllo normativo effettuato da parte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.

Premio Nobel, premiata anche Google

Hanno ricevuto il premio Nobel per la chimica Demis Hassabis, co-fondatore dell’unità di intelligenza artificiale di Google DeepMind, il suo collega John Jumper e il biochimico David Baker. L’Accademia svedese ha apprezzato il lavoro che i due ricercatori hanno effettuato per la decodificazione delle strutture delle proteine microscopiche.

Geoffrey Hinton, ex ricercatore di Google, ha vinto il premio Nobel per la fisica. Insieme allo scienziato John Hopfield ha effettuato le prime scoperte nell’apprendimento automatico, che hanno aperto la strada al boom dell’intelligenza artificiale.

La mancanza di un premio Nobel per la matematica o l’informatica – secondo la professoressa Dame Wendy Hall, informatica e consulente per l’intelligenza artificiale presso le Nazioni Unite – ha distorto il risultato.

Dame Wendy Hall ha spiegato che il comitato del premio Nobel non ha intenzione di perdersi le novità relative all’intelligenza artificiale, anche se è stato molto creativo accostare Geoffrey alla fisica. Si possono muovere, infatti, alcuni dubbi ed una serie di perplessità. Ma sono entrambi meritevoli di un premio Nobel per le scoperte che hanno fatto.

Anche Noah Giansiracusa – professore associato di matematica alla Bentley University e autore di How Algorithms Create and Prevent Fake News – ha sostenuto che la vittoria di Hinton era discutibile. Secondo Giansiracusa,quello che ha fatto è stato fenomenale, ma era fisica? Anche se c’è ispirazione dalla fisica, non stanno sviluppando una nuova teoria in fisica o risolvendo un problema di vecchia data in fisica.

Ricordiamo che le categorie del premio Nobel – che sono relative ai risultati ottenuti in medicina o fisiologia, fisica, chimica, letteratura e pace – sono state stabilite nel testamento dell’inventore svedese Alfred Nobel, morto nel 1895. Il premio per l’economia è un’aggiunta successiva, istituita con una dotazione della banca centrale svedese nel 1968.

La vittoria del premio Nobel e il predominio di Google

Le autorità di regolamentazione degli Stati Uniti, nel corso di questi mesi, stanno tenendo sott’occhio Google per una possibile scissione, che potrebbe costringerla a cedere parti della sua attività, come il browser Chrome e il sistema operativo Android, che secondo alcuni le consentono di mantenere un monopolio illegale nella ricerca online.

I profitti derivanti dalla sua posizione di leadership hanno consentito a Google e ad altre grandi aziende tecnologiche di superare il mondo accademico tradizionale nella pubblicazione di ricerche rivoluzionarie sull’intelligenza artificiale.

Lo stesso Hinton ha espresso un certo rammarico per il lavoro svolto nella sua vita, lasciando Google l’anno scorso per poter parlare liberamente dei pericoli dell’intelligenza artificiale e avvertendo che i computer potrebbero diventare più intelligenti delle persone molto prima di quanto previsto in precedenza.

Quando lasciò Google nel 2023 a causa delle sue preoccupazioni sull’intelligenza artificiale, Hinton affermò che l’azienda stessa aveva agito in modo molto responsabile.

Per alcuni, le vittorie del premio Nobel di questa settimana sottolineano quanto stia diventando difficile per l’accademia tradizionale competere con le grani aziende dell’elettronica. Giansiracusa ha affermato che c’era bisogno di maggiori investimenti pubblici nella ricerca.

Secondo Giansiracusa gran parte della Big Tech non è orientata verso la prossima svolta del deep learning, ma a fare soldi spingendo chatbot o mettendo annunci ovunque su Internet. Ci sono sacche di innovazione, ma gran parte di essa è molto poco scientifica.

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Stellantis, Tavares cerca di salvare il posto cambiando management. Arrivano 133 mln dalla Spagna

Tavares gioca le sue carte per non perdere il posto di lavoro. Mette in atto un’importante operazione per cambiare il management di Stellantis.

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Stellantis, Tavares cerca di salvare il posto cambiando management. Arrivano 133 mln dalla Spagna

Carlos Tavares, Ceo di Stellantis, avrebbe allo studio un importante rimpasto dirigenziale in vista dell’allarme profitti lanciato proprio in questi giorni dalla casa automobilistica. A riportare la notizia è Bloomberg News, che ha citato delle fonti a conoscenza della questione.

In queste settimane Tavares ha dovuto  far fronte a delle crescenti pressioni provenienti principalmente dal Nord America, dove Stellantis si trova ad affrontare un pesante calo delle vendite, a cui, inesorabilmente, si accompagna un calo degli utili e deprezzamento delle azioni della società.

I problemi che sta affrontando Stellantis

Stellantis, al momento il quarto produttore automobilistico a livello globale, in questo momento si trova ad affrontare una domanda in calo e deve gestire un surplus di inventario a causa della forte concorrenza della Cina.

Ad essere particolarmente evidenti sono i problemi che Stellantis ha negli Stati Uniti, dove è stata costretta ad abbassare i prezzi di alcuni dei suoi modelli Jeep e pick-up ad alto margine di profitto a causa del rallentamento della domanda.

La scorsa settimana, Stellantis ha tagliato le sue previsioni di profitto per il 2024 e ha avvertito che brucerà più liquidità del previsto poiché ha promesso di ridurre la produzione e offrire grandi sconti per rilanciare la sua attività negli Stati Uniti.

Tavares potrebbe presentare la sua proposta in una riunione del consiglio di amministrazione programmata per questa settimana negli Stati Uniti. La proposta potrebbe avere ripercussioni sui team finanziari, sui responsabili regionali e sui dirigenti dei marchi.

Secondo quanto riportato, durante la riunione di due giorni, il consiglio dovrebbe discutere anche del futuro di Tavares. Stellantis, infatti, è attualmente alla ricerca di un suo successore, il cui contratto è destinato a scadere nel 2026. Tuttavia, la casa automobilistica ha anche accennato alla possibilità che Tavares estenda il suo mandato con l’azienda.

I progetti in Spagna di Stellantis

La Spagna ha concesso alla casa automobilistica Stellantis un sussidio di 133 milioni di euro per il suo potenziale impianto di produzione di batterie vicino alla città nordorientale di Saragozza. A comunicarlo è Jordi Hereu, Ministro dell’industria spagnolo.

La sovvenzione fa parte di un programma di aiuti governativi per promuovere l’industria dei veicoli elettrici (EV) e delle batterie, utilizzando i fondi di soccorso pandemici dell’Unione Europea. Madrid spera che l’aiuto convinca Stellantis a confermare il suo progetto, che potrebbe consolidare la Spagna come un importante hub automobilistico europeo.

Stellantis  sta ancora decidendo se costruire il complesso per la produzione di batterie, o gigafactory, accanto al suo stabilimento automobilistico di Figuerelas.

Il gruppo automobilistico italo-francese ha affermato che il progetto, in collaborazione con la cinese CATL, creerebbe circa 3.000 posti di lavoro e richiederebbe un investimento di quasi 2,5 miliardi di euro.

Stellantis, secondo quanto riporta Reuters, avrebbe accolto con favore la decisione del governo, ma ha aggiunto che il progetto è ancora soggetto al completamento di tutte le approvazioni normative e che avrebbe fatto annunci al momento opportuno.

In una nota, il Ministero dell’Industria ha riferito che, con gli ultimi aiuti, Stellantis ha ricevuto dal governo quasi 300 milioni di euro. Il ministero ha detto separatamente che stava aumentando un sussidio per un’altra gigafactory nella città orientale di Sagunto a 152 milioni di euro dai precedenti 98 milioni di euro. Il progetto appartiene alla Volkswagen PowerCo, sussidiaria produttrice di batterie.

Il caso Comau

La strada verso la cessione della Comau è in discesa. Stellantis, infatti, potrebbe ricevere il sostegno del governo italiano per la prevista vendita della quota di maggioranza dell’azienda di robotica Comau a One Equity Partners.

Ricordiamo che il Governo avrebbe diritto ad esercitare la cosiddetta Golden power, che conferisce all’Esecutivo il diritto di bloccare o porre condizioni alle operazioni che riguardano aziende italiane che operano in settori strategici.

Si prevede che One Equity, che investe in aziende nei settori industriale, sanitario e tecnologico negli Stati Uniti e in Europa, acquisirà una quota del 50,1% nella società, mentre Stellantis manterrà il restante 49,9%.

Aggiornamento delle 15.50. Secondo quanto riporta l’Agi, il Consiglio dei Ministri avrebbe deciso di esercitare la golden power riguardo la partita della cessione di Comau da parte di Stellantis.

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Warren Buffett punta al Giappone con un’emissione obbligazionaria da 281,8 miliardi di yen

Warren Buffett punta al Giappone grazie ad un’importante emissione obbligazionaria di Berkshire Hathaway. Il Nikkei ne beneficia.

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Warren Buffett punta al Giappone con un'emissione obbligazionaria da 281,8 miliardi di yen

Warren Buffett punta al Giappone, in quella che potrebbe essere una mossa tattica dopo aver ottenuto una ingente liquidità a seguito della cessione della buona parte della sua partecipazione in Bank of America

Berkshire Hathaway ha ha raccolto 281,8 miliardi di yen (1,9 miliardi di dollari) in un’offerta obbligazionaria denominata in yen. L’operazione, sostanzialmente, getta le basi ad aumento dell’esposizione di Warren Buffett alle attività giapponesi.

Stando a quanto ha anticipato Reuters, siamo davanti ad una delle più importanti vendite obbligazionari in valuta giapponese effettuata nel corso degli ultimi cinque anni. Ma soprattutto, questa emissione obbligazionaria in yen o Samurai, costituisce il segnale di un crescente legame che intercorre tra Warren Buffett e i mercati giapponesi, dopo che ha effettuato degli acquisti di azioni nelle principali società di trading giapponesi.

Warren Buffer punta all’obbligazionario giapponese

Berkshire Hathaway ha annunciato per la prima volta che avrebbe acquistato quote di società di trading giapponesi nel 2020 con l’intenzione di continuare a detenerle per un lungo periodo e aumentare la proprietà fino al 9,9%. Da allora, ha aumentato la sua quota nelle prime cinque società di trading giapponesi a circa il 9% ciascuna, secondo il suo rapporto annuale di febbraio.

Ad aprile ha venduto obbligazioni per 263,3 miliardi di yen.

Takehiko Masuzawa, responsabile delle negoziazioni di Phillip Securities Japan, spiega che le vendite di obbligazioni in yen di Berkshire Hathaway quest’anno sono le più importanti effettuate nel corso di un anno, da quando ha iniziato a vendere obbligazioni in yen e questo indica le loro aspettative di rialzo delle azioni giapponesi.

Secondo Masuzawa il mercato sta valutando che tipo operazioni hanno intenzione di effettuare nei prossimi anni. Gli investitori ritengono che le azioni value che pagano dividendi più alti, come banche e assicurazioni, saranno gli obiettivi più probabili.

L’ottimismo di Warren Buffett sul Giappone ha contribuito ad attrarre altri investitori stranieri e a far salire l’indice di riferimento Nikkei a un livello record quest’anno. L’indice è salito del 17,7% nel 2024.

Nell’ultima operazione, Berkshire Hathaway ha emesso obbligazioni con scadenze di 3, 5, 7, 10, 20, 28 e 30 anni. La tranche a 3 anni è stata la più grande, con 155,4 miliardi di yen raccolti. Il bond a 5 anni ha raccolto 58 miliardi di yen.

Secondo i messaggi inviati dai bookrunner dell’operazione, durante la transazione sono state aggiunte obbligazioni a più lunga scadenza e una proposta di tranche di 15 anni è stata eliminata.

Come mostrato dai term sheet, i prezzi finali per ciascuna tranche sono stati fissati nella fascia medio-bassa della guida sui prezzi rivista fornita agli investitori.

Warren Buffet continua a scaricare Bank of America

Berkshire Hathaway continua a scaricare Bank of America. La società guidata da Warren Buffett ha dichiarato di aver venduto 8,55 milioni di azioni della Bank of America all’inizio di ottobre per circa 337,9 milioni di dollari. Ha venduto circa 238,7 milioni di azioni, ovvero circa il 23% delle sue partecipazioni, da metà luglio.

Berkshire detiene ancora circa il 10,2% della seconda banca statunitense per dimensioni. La percentuale potrebbe essere leggermente superiore: Bank of America non ha ancora reso noti i recenti riacquisti di azioni. Deve continuare a comunicare le vendite fino alla vendita che porterà la sua quota al di sotto del 10%.

Successivamente, gli investitori dovranno probabilmente attendere i resoconti finanziari trimestrali della Berkshire Hathaway o le comunicazioni trimestrali sulle azioni in suo possesso per sapere se la società con sede a Omaha ha venduto di più.

La Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti richiede agli azionisti che possiedono più del 10% di una società di comunicare gli acquisti e le vendite di azioni entro due giorni lavorativi.

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